Carlo Luigi Morichini
Carlo Luigi Morichini (Roma, 21 novembre 1805; † Roma, 26 aprile 1879) è stato un cardinale e vescovo italiano.
Biografia
Fu il figlio primogenito del professore Domenico e di Cecilia Calidi. Compì gli studi elementari presso i Padri Dottrinari della Chiesa di Santa Maria in Monticelli e quindi entrò convittore (1816-1821) nel Collegio Nazzareno di Roma.
Formazione ed attività prelatizia
Terminati gli studi liceali si iscrisse all'Università di Roma dove conseguì la laurea in utroque iure (diritto canonico e civile), nonché la laurea in teologia. Durante il periodo universitario partecipò alle attività caritatevoli dell'Ospizio di Tata Giovanni, diventando amico del Beato Giovanni Maria Mastai-Ferretti, allora condirettore dell'Ospizio e futuro Papa Pio IX. Nel 1830, mosso dal particolare legame affettivo che lo legò a questo istituto, ne pubblicò una storia dal titolo: "Di Giovanni Borgi, mastro muratore, detto Tata Giovanni e del suo Ospizio per gli orfani abbandonati".
Il 20 dicembre 1828 venne ordinato sacerdote a Roma; nel 1830 fu addetto al Tribunale della Sacra Rota come segretario dell'Uditore mons. Pietro Marini e dell'avvocato Antonio Galimberti. Nel 1833 fu iscritto tra i prelati domestici di Sua Santità e fu chiamato a diversi incarichi tra cui quelli di Abbreviatore del Parco Maggiore, di prelato Aggiunto della Sacra Congregazione del Concilio, di Ponente della S. Congregazione del Buon Governo e di Referendario del Tribunale della Segnatura Apostolica.
Nel 1834 fu vicario del cardinale Nicola Grimaldi nella chiesa collegiale di San Nicola in Carcere e assunse la direzione effettiva (1834-1840), con il titolo di vice-presidente, dell'Ospizio di San Michele a Ripa Grande. La direzione di questo grande Ospizio gli permise di approfondire la conoscenza e il funzionamento dei molti istituti di beneficenza della città; nel 1835 poté quindi dare alle stampe il libro: "Degli istituti di pubblica carità e d'istruzione primaria in Roma". Tale opera (tradotta e pubblicata in francese a Parigi nel 1841), lo fece conoscere anche all'estero come esperto di questioni sociali ed economiche. In questo ambito, nel 1836, fu uno dei promotori della costituzione della Cassa di Risparmio di Roma, della quale fu socio fondatore e primo consigliere-segretario; egli contribuì in particolar modo alla stesura dello Statuto e redasse diverse pubblicazioni divulgative sulle finalità dell'istituto.
Durante l'epidemia di colera che colpì Roma nell'estate 1837, fu deputato locale per il rione Trastevere di una speciale "commissione de' sussidi" creata dal governo, distinguendosi per zelo e per carità; nel novembre dello stesso anno fu tra i promotori della "Pia Società di soccorso ai poveri orfani dell'epidemia".
Nel 1839 ebbe l'incarico di (giudice) Votante del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e nel 1840 fu nominato Chierico della Camera Apostolica; dal 1844 fece anche parte della Congregazione di Revisione.
Nel 1842 pubblicò la seconda edizione della sua opera sugli istituti di carità di Roma, aggiungendo un capitolo riguardante le prigioni. Nell'estate 1844 intraprese poi un lungo viaggio per il Piemonte, la Svizzera, la Francia, la Germania, il Belgio e l'Inghilterra, durante il quale ebbe modo di visitare gli istituti di beneficenza di questi paesi. Ebbe infine fama di essere un prelato incline alle idee liberali ed ebbe contatti con attività e personaggi tramite i quali operavano nel contesto italiano le società segrete[1].
Il 1847-1848
Il 2 agosto 1847 Pio IX decise invece di nominarlo pro-Tesoriere Generale della Camera Apostolica[2]. La notizia della sua nomina venne accolta positivamente nell'opinione pubblica, specialmente in quella liberale[3]; nei mesi successivi fu inoltre uno dei principali interpreti di quel desiderio di rinnovamento amministrativo dello Stato Pontificio che Pio IX aveva manifestato fin dal momento della sua elezione.
Nell'estate del 1847 partecipò ai lavori di una Commissione incaricata di definire i compiti della Consulta di Stato, inaugurata a Roma il 15 novembre 1847. Negli stessi mesi Pio IX si fece anche promotore di un progetto di Lega Doganale tra gli Stati italiani, incaricando per le trattative mons. Corbuli-Bussi, con il quale mantenne uno stretto contatto durante i negoziati. Tale iniziativa rappresentò il più importante tentativo politico-diplomatico dell'epoca volto a realizzare l'unità d'Italia per vie federali.
Il 20 novembre 1847 presentò al Papa e quindi alla Consulta, una "Relazione sullo stato delle finanze romane e sui modi per provvedervi" dove esponeva i bilanci previsti per gli anni 1847 e 1848 e proponeva una riforma del sistema fiscale. Questa relazione ebbe molta risonanza a livello nazionale; Luigi Carlo Farini la riportò integralmente nella sua opera storica[4]; il conte Camillo Benso di Cavour ne parlò invece in un articolo sul giornale "Il Risorgimento".
Tra la fine del 1847 e l'inizio del 1848 sorsero dei contrasti tra il pro-Tesoriere e la Consulta, la quale non volle dare l'autorizzazione al bilancio preventivo del 1848. Infine questa accordò l'esercizio provvisorio del bilancio il 16 febbraio dopoché il 12 febbraio era stato costituito un nuovo governo (nel quale egli mantenne la carica di pro-Tesoriere), che vide l'ingresso di una significativa presenza laicale.
Il 10 marzo 1848, alla vigilia della promulgazione dello Statuto Costituzionale da parte di Pio IX, venne formato il primo governo costituzionale, nel quale fu nominato Ministro delle Finanze e allo stesso tempo confermato Tesoriere Generale della Camera Apostolica, che diventava esclusivamente un dicastero ecclesiastico.
La situazione finanziaria dello Stato Pontificio andava sempre più peggiorando, a causa dell'instabilità politica e a causa delle spese militari connesse alla mobilitazione contro l'Austria. Egli dovette intervenire con più ordinanze per salvaguardare il valore della moneta e presentò diversi progetti per fronteggiare la situazione finanziaria. All'articolata soluzione da lui proposta, si contrappose quella sostenuta dal ministro Marco Minghetti, cioè l'emissione di Buoni del Tesoro garantiti da beni ecclesiastici. Constatando come all'interno del Governo prevalesse questa seconda alternativa e a causa della differenza di vedute, fu indotto a presentare le dimissioni che furono accettate il 24 aprile.
Il 29 aprile Pio IX pronunciò la famosa Allocuzione nella quale affermò che non avrebbe potuto e voluto dichiarare guerra all'Austria, nonostante l'esercito pontificio fosse entrato in territorio austriaco a causa delle ambigue disposizioni ricevute. Queste dichiarazioni provocarono violente proteste, che portarono alla caduta del governo Antonelli e alla costituzione del governo Mamiani.
Il Papa sentì allora l'esigenza di chiarire la sua posizione nei confronti dell'Imperatore austriaco, e a causa della rottura delle relazioni diplomatiche ufficiali, decise di inviarlo a Vienna come Delegato Apostolico straordinario.
Egli partì da Roma il 26 maggio, con l'istruzione di convincere l'Austria della necessità di riconoscere i confini naturali della nazione italiana e di arrivare a un pacifico componimento della guerra[5] Nel corso del viaggio si fermò a discutere della situazione politica a Firenze con il Granduca Leopoldo II; a Valeggio con il re Carlo Alberto di Sardegna. Proseguì quindi per Milano dove incontrò la Giunta Provvisoria di governo, guidata dal conte Casati. Infine il 9 giugno arrivò ad Innsbruck, dove la corte imperiale si era trasferita a causa dei tumulti di Vienna. Egli incontrò più volte i ministri austriaci (in particolare il ministro degli esteri Wessemberg) e l'Imperatore Ferdinando I. La sua missione non ebbe successo; il suo risultato fu comunque influenzato dall'andamento della Prima guerra di indipendenza italiana favorevole all'Austria e da complessi problemi di comunicazione.
Fece ritorno a Roma la sera del 15 luglio. Il 20 luglio gli fu comunicata dal governo la nomina alla vice-presidenza effettiva del Consiglio di Stato, del quale il 13 maggio era diventato membro per volontà sovrana. La scelta del governo era dettata dalla necessità di avere un autorevole vicepresidente che dirigesse i lavori di questo nuovo organo costituzionale, a causa della presidenza solo formale del Ministro di Giustizia pro-tempore. Egli continuò pertanto a osservare da vicino lo sviluppo della situazione politica romana, che andava evolvendo sempre più verso la rivoluzione.
Quando il 15 novembre 1848 fu assassinato il conte Pellegrino Rossi, presidente del Consiglio, rifiutò di guidare la delegazione del Consiglio di Stato a salutare il nuovo governo, imposto a Pio IX con l'assedio al Quirinale del 16 novembre. Dopo la fuga a Gaeta di Pio IX, rassegnò infine le dimissioni da vice-presidente del Consiglio di Stato l'11 gennaio 1849.
Commendatore di Santo Spirito
In seguito alla sconfitta della Repubblica Romana, Pio IX lo nominò il 3 agosto 1849 Commendatore dell'[[Arcispedale di Santo Spirito in Saxia: il più grande e importante ospedale di Roma, dal quale dipendeva anche la direzione dell'omonimo Banco di S. Spirito. Dopo il tormentato periodo politico, egli tornò quindi a occuparsi di quegli istituti di carità di Roma a cui era molto legato e di cui era esperto conoscitore.
Nonostante non fosse particolarmente gradito alla Commissione governativa provvisoria, per via della sua ancora attuale propensione verso alcune riforme amministrative e fiscali dello Stato Pontificio, mantenne ugualmente la carica di Tesoriere Generale della Camera Apostolica, che rimase un ministero ecclesiastico separato rispetto a quello civile delle Finanze.
Nel settembre 1850 fu presidente di una Commissione consultiva incaricata dal governo di esaminare le possibili modalità di estinzione del debito pubblico emesso nel 1848-1849. Allo stesso tempo, a seguito della riforma ospedaliera della città di Roma, fu anche nominato Presidente degli Ospedali Riuniti.
Nel concistoro del 15 marzo 1852 fu creato cardinale presbitero da Papa Pio IX, ricevendo il cappello cardinalizio e il titolo di S. Onofrio il 18 marzo 1852. Nello stesso anno curò la pubblicazione del volume: "Raccolta degli scritti editi e inediti del cav. dott. Domenico Morichini" [suo padre]. Poco dopo divenne Cardinale-Patrono della Arciconfraternita della SS. Trinità de' Pellegrini e Convalescenti.
Vescovo di Jesi
Nel concistoro del 23 giugno 1854 fu destinato, con il titolo personale di arcivescovo, alla sede episcopale di Jesi. Nel 1857, insieme con altri vescovi marchigiani, accolse Pio IX al Santuario di Loreto (e poi a Jesi) nel corso del lungo viaggio che il Papa fece all'interno dello Stato Pontificio.
Nel settembre 1860, quando l'esercito piemontese invase le Marche, egli si trovava a Roma in visita "ad limina". Non appena ebbe notizia degli avvenimenti in corso, decise di mettersi in viaggio per raggiungere la sua diocesi, ma fu fermato e incarcerato il 18 settembre a Foligno. Nonostante il rifiuto all'invito di tornare a Roma, il 26 settembre ottenne di proseguire per Jesi.
Egli si trovò dunque a vivere i rapporti conflittuali tra la Chiesa e il Regno d'Italia, mantenendo un comportamento mite ma fermo allo stesso tempo. In particolar modo, nel 1861, redasse un documento di protesta dell'episcopato marchigiano contro una circolare del Ministro di Giustizia, che minacciava i vescovi d'Italia a mutare il loro atteggiamento di opposizione nei confronti del governo.
Il 24 aprile 1864 fu arrestato a Jesi e quindi incarcerato ad Ancona, poiché un canonico della cattedrale, con la sua approvazione, non aveva voluto confessare un ex-impiegato pontificio in ottemperanza a un decreto della Sacra Penitenzieria Apostolica. In seguito al processo celebrato ad Ancona, il 23 maggio fu assolto e scarcerato, mentre il suo ritorno in diocesi fu sia festeggiato che avversato (segue).
Nel 1867 declinò una proposta informale giunta da Roma volta a conoscere la sua disponibilità per andare a guidare la diocesi di Bologna, dove il cardinale Guidi (arcivescovo designato già dal 1863) non riusciva a entrare a causa della forte opposizione del governo italiano.
Nel 1869, su impulso del Papa e in occasione del Concilio Vaticano I, pubblicò la terza edizione del suo libro sugli istituti di carità di Roma. Durante il Concilio si pose poi sulla linea del terzo partito, il quale auspicava un rinvio della discussione del dogma dell'infallibilità pontificia a tempi politicamente più sereni.
Arcivescovo di Bologna
Nel concistoro del 24 novembre 1871 fu destinato arcivescovo metropolita di Bologna, facendo il solenne ingresso nella città emiliana il 24 dicembre 1871. La sua nomina andò incontro ai problemi del "regio exequatur", che gli impedirono di prendere formalmente possesso della diocesi.
Queste difficoltà lo spinsero, nei primi giorni del 1872, a fare ritorno a Jesi, dove era rimasto amministratore apostolico temporaneo. Poi, dopo alcune sollecitazioni pervenutegli dalla curia romana affinché raggiungesse la sua nuova sede episcopale, nel marzo 1872 tornò definitivamente a Bologna.
Egli si mise subito al lavoro per riorganizzare la vita della diocesi, che usciva da un decennale periodo di confusione, seguita all'occupazione italiana e alla morte dell'arcivescovo Viale Prelà nel 1860. A questo fine, già dal maggio 1872, intraprese una prima visita pastorale generale (1872-1875), che lo portò a emanare molte disposizioni nel campo liturgico-amministrativo.
Egli si impegnò inoltre per una sempre migliore preparazione spirituale e culturale del clero bolognese, riorganizzando l'attività del Seminario arcivescovile; nelle sue lettere pastorali riservò invece particolare attenzione al tema del matrimonio e dell'istruzione religiosa.
In questo periodo, inoltre, incominciò a soffrire sempre più di alcuni problemi di salute, che lo indussero a chiedere la rinuncia della sede episcopale. Nel 1876 fu anche presidente onorario della terza riunione nazionale (tenutasi a Bologna) dell'Opera dei Congressi cattolici, i cui lavori furono interrotti nel giorno inaugurale da violente manifestazioni anticattoliche.
Il ritorno a Roma e la morte
Il 22 dicembre 1876 fu nominato pro-segretario dei Memoriali, facendo così ritorno nella curia romana e alla amata città natale. Nel concistoro del 12 marzo 1877 optò per il vescovado suburbicario di Albano, col cui titolo entrò il 18 febbraio 1878 nel conclave che seguì la morte di Pio IX.
Nei giorni della Sede Vacante, durante i quali il Sacro Collegio dei Cardinali fu incerto sul luogo dove tenere il conclave, egli inizialmente non assunse posizione ma poi espresse la sua preferenza per Roma. Egli occupò la cella n.51 al primo piano del Palazzo Apostolico Vaticano, insieme al segretario don Agostino Gasparini e al cameriere Celestino Mascagni. Egli, che già da molti anni veniva considerato uno dei cardinali papabili del partito moderato, era ancora ritenuto tale nonostante le precarie condizioni di salute.
Il 15 luglio 1878 fu nominato Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica dal nuovo Pontefice Leone XIII. Poco dopo, all'inizio del 1879, le sue condizioni di salute si aggravarono, fino alla morte avvenuta a Roma il 26 aprile 1879. I funerali ebbero luogo nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia; fu sepolto nella tomba di famiglia nel Cimitero del Verano, a Roma.
Approfondimenti
Esiste una diffusa tradizione, da approfondire storicamente, secondo la quale egli fu il principale punto di riferimento, dopo il ritorno di Pio IX da Gaeta nel 1850, di quanti avrebbero voluto un indirizzo politico moderatamente liberale dello Stato Pontificio.
Egli sarebbe stato tenuto in particolare considerazione per via dell'attività di governo e diplomatica svolta nel 1847-1848. Questa stessa tradizione afferma anche che il Cardinal Segretario di Stato Antonelli si adoperò per la sua partenza da Roma nel 1854.
A questo proposito l'ambasciatore austriaco a Roma von Bach riferisce che nel settembre 1860 - nell'imminenza dell'invasione piemontese delle Marche e dell'Umbria e della successiva battaglia di Castelfidardo - egli sarebbe stato indicato come successore dell'Antonelli nel ruolo di Segretario di Stato nell'ambito di un non meglio specificato intrigo organizzato dal generale pontificio La Moricière[6]. Altre fonti affermano invece che nel 1864 l'imperatore francese Napoleone III sarebbe intervenuto presso le autorità italiane per favorire la sua scarcerazione, affermando, negli stessi giorni, come la sua fosse "una porpora che odorava di Papato".
A partire dagli anni 1860 egli fu inoltre uno degli esponenti principali del partito moderato all'interno del Sacro Collegio; alcuni autori fanno anche risaltare l'amicizia e la particolare vicinanza ideale con il più giovane cardinale Pecci, futuro Leone XIII, sia per i giudizi e gli atteggiamenti espressi nei confronti della situazione politica italiana del tempo, che per le posizioni assunte durante il Concilio Vaticano I e il loro presunto allontanamento dalla curia romana a opera del cardinale Antonelli (ed il loro contemporaneo ritorno a Roma nel 1877).
L'attività poetica
Fin dalla giovinezza fu autore di componimenti poetici in latino e appartenne all'Accademia dell'Arcadia con lo pseudonimo di Callistene Rofeatico. Il volume "Carmina", pubblicato a Bologna nel 1876, raccoglie la sua produzione poetica, quasi interamente dedicata a temi e soggetti di vita religiosa. Tra le "Epistoli familiari", destinate a parenti e amici, scritte durante il periodo del vescovado di Jesi, il carme "Fragà" vinse, nel 1864, un premio alla gara internazionale di poesia latina svoltasi presso l'Accademia Reale d'Olanda ad Amsterdam.
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Cardinale Scipione Rebiba
- Cardinale Giulio Antonio Santori
- Cardinale Girolamo Bernerio, O.P.
- Arcivescovo Galeazzo Sanvitale
- Cardinale Ludovico Ludovisi
- Cardinale Luigi Caetani
- Cardinale Ulderico Carpegna
- Cardinale Paluzzo Paluzzi Altieri degli Albertoni
- Papa Benedetto XIII
- Papa Benedetto XIV
- Papa Clemente XIII
- Cardinale Marcantonio Colonna juniore
- Cardinale Giacinto Sigismondo Gerdil, B.
- Cardinale Giulio Maria della Somaglia
- Cardinale Luigi Lambruschini, B.
- Cardinale Carlo Luigi Morichini
Successione degli incarichi
Predecessore: | Arcivescovo titolare di Nisibi | Successore: | |
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Vincenzo Macchi | 21 aprile 1845-15 marzo 1852 | Vincenzo Tizzani, C.R.L. |
Predecessore: | Tesoriere generale della Camera apostolica | Successore: | |
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Giacomo Antonelli | 2 agosto 1847-25 aprile 1848 | Giuseppe Ferrari |
Predecessore: | Ministro delle Finanze dello Stato Pontificio | Successore: | |
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- | 10 marzo - 24 aprile 1848 | Annibale Simonetti |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Sant'Onofrio | Successore: | |
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Giuseppe Mezzofanti | 18 marzo 1852-12 marzo 1877 | Francesco Saverio Apuzzo |
Predecessore: | Vescovo di Jesi (titolo personale di arcivescovo) |
Successore: | |
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Cosimo Corsi | 23 giugno 1854-24 novembre 1871 | Rambaldo Magagnini |
Predecessore: | Arcivescovo metropolita di Bologna | Successore: | |
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Filippo Maria Guidi, O.P. | 24 novembre 1871-12 marzo 1877 | Lucido Maria Parocchi |
Predecessore: | Segretario dei Memoriali | Successore: | |
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Raffaele Monaco La Valletta | 22 dicembre 1876-15 luglio 1878 | Domenico Bartolini |
Predecessore: | Cardinale vescovo di Albano | Successore: | |
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Camillo Di Pietro | 12 marzo 1877-26 aprile 1879 | Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst |
Predecessore: | Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica | Successore: | |
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Teodolfo Mertel | 15 luglio 1878-26 aprile 1879 | Luigi Serafini |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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- Vescovi di Nisibi
- Nunzi apostolici per la Baviera
- Vicari apostolici di Anhalt
- Tesorieri generali della Camera Apostolica
- Ministri delle finanze dello Stato Pontificio
- Cardinali presbiteri di Sant'Onofrio
- Vescovi di Jesi
- Vescovi di Bologna
- Segretari dei Memoriali
- Cardinali vescovi di Albano
- Prefetti del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
- Presbiteri ordinati nel 1828
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- Presbiteri per nome
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