Origene
Origene Presbitero | |
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Padre della Chiesa | |
Età alla morte | 69 anni |
Nascita | Alessandria d'Egitto 185 |
Morte | Tiro 254 |
Ordinazione presbiterale | 231 |
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Origene detto Adamànzio, "uomo d'acciaio" o meglio "di diamante", (Alessandria d'Egitto, 185; † Tiro, 254) è stato un presbitero, esegeta, teologo e catechista greco antico. È considerato uno tra i principali scrittori e teologi cristiani dell'epoca patristica. Di famiglia greca, si formò alla scuola catechetica di Alessandria d'Egitto (Didaskaleion). È uno dei Padri della Chiesa.
Biografia
Fonti
La vita di Origene è descritta da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica [1], testimone prioritario per la diretta conoscenza che vanta dei seguaci di Origene. Oltre al passo di Eusebio, la sua vita è descritta anche dal prete Panfilo (I libro dell'Apologia pervenutoci in latino, PG 17,521), dal discorso di ringraziamento tenuto su lui da Gregorio il Taumaturgo[2].
Infanzia
Origene nacque verosimilmente ad Alessandria d'Egitto attorno al 185. Tale data viene ricavata indirettamente dall'indicazione di Eusebio dell'età di Origene (17 anni) al momento del martirio del padre (202). Il padre Leonida era un cristiano di cultura greca, mentre della madre, cristiana anch'essa, non è noto il nome. Origene era il primogenito di 7 fratelli. In passato ha goduto di una certa fortuna l'ipotesi che la madre fosse una ebrea convertita al cristianesimo, congettura derivante da una frase di Girolamo[3] nella quale, dopo avere accennato ad Origene, si vanta di aver vinto le difficoltà dell'ebraico tanto da poter competere con la madre. L'ipotesi oggi non trova largo sostegno, venendo giudicata arbitraria l'interpretazione della frase.
Fin dall'infanzia il padre ebbe cura di istruirlo alla cultura greca e allo studio della Bibbia. Eusebio nota come l'interesse di Origene negli studi sacri lo spingevano a porre domande al padre alle quali non sapeva rispondere. Questi lo rimproverava perché voleva indagare cose superiori alla sua giovane età, ma interiormente ringraziava Dio per avere un figlio così zelante e intelligente.
Origene era appena diciassettenne quando, nel 202, la persecuzione di Settimio Severo si abbatté sulla Chiesa di Alessandria, e il ragazzo ardeva di zelo nel cercare volontariamente il martirio. Quando il padre fu incarcerato come cristiano il desiderio di Origene si fece ancora più pressante e la madre gli nascose i vestiti per impedirgli di uscire e denunciarsi. Origene scrisse comunque al padre una lettera nella quale lo esortava a rimanere fedele a Cristo.
Quando Leonida morì e le sue fortune vennero confiscate dalle autorità imperiali, Origene e la sua famiglia furono mantenuti da una ricca donna cristiana. Questa però ospitava anche un eretico (verosimilmente gnostico) di Antiochia di nome Paolo, non noto da altre fonti eccetto l'accenno di Eusebio, dal quale Origene teneva le distanze.
La scuola catechetica di Alessandria
Aprì quindi una scuola di grammatica, e poco tempo dopo, assunse la direzione della scuola catechetica. Fu incaricato della preparazione al battesimo dei catecumeni dal vescovo Demetrio[4]. Ebbe come allievi: Basilide, Potamiena, Plutarco, Sereno, Eraclide, Erone, un altro Sereno, ed Herais[5]. Accompagnò molti di loro al martirio incoraggiandoli con le sue esortazioni.
Poiché gli ascoltatori aumentavano sempre più, fu costretto a dividere il corso, affidando ad Eracla la preparazione di base e mantenendo per sé quello superiore. L'insegnamento ad un pubblico eterogeneo, formato non solo da cristiani ma anche da pagani, eretici e gnostici, lo convinse della necessità di una conoscenza più approfondita, sia della Scrittura sia della filosofia. A tal fine si applicò anche allo studio della lingua ebraica e visitò la Palestina per rendersi conto di persona dei luoghi geografici descritti dalla Bibbia.
Frequentò le lezioni di Ammonio Sacca padre del neoplatonismo alessandrino. Tutto ciò non lo distolse dall'insegnamento e dalla pubblicazione dei suoi primi commenti alla scrittura. Tuttavia, l'eccessiva importanza data alla filosofia nella spiegazione della verità della fede dovette suscitare nella Chiesa di Alessandria qualche riserva sul suo pensiero.
Con il passare del tempo il sospetto si mutò in aperta rottura, tanto che quando fu ordinato sacerdote nel 230, da Teoctiso di Cesarea e da Alessandro di Gerusalemme, senza l'autorizzazione del vescovo Demetrio, furono presi nei suoi confronti provvedimenti durissimi. Venne privato dell'insegnamento, deposto dall'ordine presbiterale e cacciato dalla comunità. Queste decisioni vennero ratificate dal pontefice romano Ponziano e da altri vescovi, ad eccezione di quelli della Palestina, Fenicia, Arabia e Acaia. Secondo alcuni autori, per il suo estremo rigore ascetico e per aver applicato alla lettera Mt 19,12 ed essersi evirato il vescovo Demetrio non lo aveva mai voluto ordinare sacerdote[6].
Abbandonata Alessandria si ritirò presso l'amico Teoctiso, a Cesarea di Palestina dove aprì una scuola di teologia che divenne la continuazione di quella di Alessandria [7]. I dettagli di questa vicenda furono riportati da Eusebio nel secondo libro perduto dell'"Apologia per Origene"; secondo Fozio, che aveva letto l'opera, furono convocati ad Alessandria due concili, il primo di questi esiliò Origene, mentre l'altro lo depose dal sacerdozio[8]. Girolamo, comunque, affermava espressamente che non fu condannato per alcun punto della sua dottrina.
A Cesarea di Palestina
All'insegnamento univa la predicazione alla comunità dei fedeli. Contemporaneamente si dedicava alla stesura di opere di diverso genere: commenti alla Scrittura, omelie, lettere, opere ascetiche e apologetiche. Durante la persecuzione di Decio (249-250), ormai vecchio, venne imprigionato e brutalmente torturato per la sua fede. Liberato, morì poco dopo per i maltrattamenti subiti. Venne sepolto a Tiro e la sua tomba era visibile fino al XII secolo nella cattedrale della città.
Opere
Autore fecondo produsse numerose opere. L'elenco tramandato da san Girolamo nella lettera 33 scritta a Santa Paola è sorprendente conta più di duemila lavori, mentre secondo il vescovo Epifanio erano seimila. Purtroppo la maggior parte della sua produzione è andata perduta. Ci restano molte opere in greco, in traduzione latina ad opera di Rufino e Girolamo e in frammenti. La distruzione delle sue opere fu causata dalle lotte origeniste del IV -VI secolo che culminarono con la condanna del pensiero di Origene operata da Giustiniano nel 543 e ribadita dal Secondo Concilio di Costantinopoli nel 553.
Opere esegetiche
A questo gruppo appartengono :
- Esapla : opera monumentale in cui, a fianco del testo originale ebraico della Bibbia, è disposta la translitterazione in greco e le traduzioni più accreditate del tempo. Gran parte della Bibbia fu inoltre commentata nelle tre diverse forme: commento erudito, omelia, scholio. Il titolo dell'opera indica le "sei versioni" del testo disposte su sei colonne:
- testo ebraico originale;
- Testo ebraico traslitterato in greco (per facilitarne la comprensione, visto che l'ebraico non ha vocali almeno fino al VII secolo ed è perciò poco comprensibile);
- Traduzione greca di Aquila (età di Publio Elio Traiano Adriano, estremamente fedele all'originale);
- Traduzione greca di Simmaco l'Ebionita;
- Traduzione dei Settanta;
- Traduzione greca di Teodozione.
- Scolii : brevi annotazioni su passi particolari della Scrittura. Delle varie raccolte nessuna ci è pervenuta integra. Molto di questo materiale è reperibile nelle Catene.
- Omelie : prediche rivolte ai fedeli di Cesarea, durante l'azione liturgica su interi libri della Bibbia o lunghi brani di essa. Delle 574 trascritte dagli stenografi ce ne sono pervenute 200. In greco ci restano 20 omelie su Geremia nella traduzione di Rufino, 16 sulla Genesi, 13 sull' Esodo , 16 sul Levitico, 28 sui Numeri, 25 su Giosuè, 9 sui Giudici, 9 sui Salmi; nella traduzione di Girolamo ci restano: 2 sul Cantico dei cantici, 9 su Isaia, 14 su Ezechiele e 39 su Luca.
- Commentari : sono ampi commenti a interi libri della Scrittura di carattere speculativo e scientifico, in cui prevale l' interpretazione allegorica. Di essi ci è rimasto ben poco, solo parti del commento al Cantico, a Matteo, a Giovanni e alla Lettera ai Romani
Opere dottrinali
Due sono le grandi opere sistematiche di Origene:
- De principiis che ci è pervenuta in una traduzione latina di Rufino, della cui attendibilità molto si è discusso e si continua a discutere. Fu composta ad Alessandria verso il 220. In quattro libri vengono esposte in modo sistematico, e approfondite con procedimento teoretico, tutte le verità principali della fede cristiana. Il trattato contiene la teologia "platonica" di Origene, che causò, per la sua arditezza, varie polemiche in ambito greco e latino.
- Contra Celsum che fu composta nel 246 per confutare il Discorso veritiero del neoplatonico Celso. È la più completa e importante apologia del cristianesimo dei primi secoli. È un modello di ragionamento, erudizione ed onesta polemica. L'opera ci permette di ricostruire nel dettaglio il pensiero del filosofo pagano. Origene scelse un tipo di apologia seriamente costruita, che investiva i vari aspetti del rapporto tra paganesimo e cristianesimo, non escluso quello politico: l'autore affermava l'autonomia della religione dal potere,questione che sarà poi sviluppata in seguito da Ambrogio da Milano in ambito latino
Altre opere
- Dell'ampio Epistolario ci sono giunte solo due lettere: una indirizzata a Gregorio il Taumaturgo, suo discepolo a Cesarea, sulle Sacre scritture, l'altra a Giulio Africano, sul valore storico dell'episodio di Susanna.
- La preghiera, un trattato sulla preghiera in genere, con un commento molto approfondito sul Padre Nostro
- La Pasqua un trattato sul significato di questa festa
- Disputa con Eraclide un resoconto stenografico di una discussione teologica tenuta con il vescovo Eraclide di Arabia.
Pensiero
Nello sviluppo del pensiero e della cultura della Chiesa bizantina il ruolo di Origene è analogo a quello svolto da Agostino nella Chiesa latina. La statura della sua riflessione risulta tanto più grande se si tiene conto del fatto che egli scrive nella prima metà del III secolo e che tra gli scrittori cristiani eminenti era stato preceduto soltanto da Ireneo di Lione, Clemente Alessandrino e Tertulliano. Tuttavia, nessuno di questi pensatori era ancora riuscito a dare al cristianesimo un solido impianto speculativo e una struttura sistematica.
La sua preoccupazione principale fu quella di dotare il messaggio cristiano di una consistente base speculativa, assimilando elementi della cultura del tempo ed esprimendone i contenuti secondo le categorie filosofiche allora più in voga. Assimilazione culturale e approfondimento teologico alla luce delle esigenze razionali, sono i poli entro cui si articola il suo pensiero.
Non mancano nelle sue idee sfasature ed errori, ma non bisogna dimenticare che Origene scrive un secolo prima di Nicea e due secoli prima di Calcedonia cioè in un periodo in cui molte dottrine antropologiche, cristologiche e trinitarie non avevano ancora ricevuto una formulazione autorevole da parte del Magistero ecclesiastico ed erano pertanto oggetto di libera discussione.
La dottrina di Origene si basa su tre punti fondamentali:
Metodo allegorico nell'esegesi biblica
In questo lavoro segue l'esempio di Filone Alessandrino, il creatore dell'interpretazione allegorica della Sacra Scrittura, il quale aveva rintracciato nei testi sacri, oltre il senso letterale, il senso morale e il senso anagogico.
Quanto Filone aveva fatto per l'Antico Testamento, Origene lo estende al Nuovo, centrando su Gesù Cristo ogni riferimento di simboli e significati. Così, mentre Filone aveva fondato sul Logos la sua interpretazione allegorica, Origene la fonda sulla realtà storica di Cristo.
L'intenzione del significato nascosto nell'Antico Testamento diventa quindi trasparente solo con la venuta di Cristo. Alla luce di questo evento la scrittura si "trasfigura"[9]. Questo svelamento del significato nascosto implica per la Sacra Scrittura qualcosa di molto profondo, paragonabile ad un mutamento sostanziale. Afferma Origene che senza Cristo, l'Antico Testamento era solo "voce" senza significato e che con l'avvento della Parola nell'incarnazione del Verbo diventa "voce significativa". L'originalità della sua esegesi biblica di consiste nell'aver sottolineato che la scrittura, poiché è ispirata dallo Spirito Santo contiene significato per il futuro e che essa si fa trasparente all'intelligenza umana, grazie alla venuta di Gesù. Gesù richiama la voce dell'Antico Testamento e l'accorda alla sua parola armonizzando così i due Testamenti. Per Origene ci sono due ragioni che fondano l'interpretazione allegorica della Scrittura: la ragione apologetica e la ragione culturale. Così, contro i pagani che giudicano la scrittura opera rozza e infantile, Origene dandone un'interpretazione allegorica, fa emergere i significati profondi e fa opera di Inculturazione della Fede cristiana. In altre parole, entra nel mondo intellettuale ellenistico per affermarvi la superiorità della Parola di Dio[10]. L'esegesi allegorica però, non è un metodo adatto a tutti, e più che frutto dell'attività umana, è dono dello Spirito. La conoscenza del senso mistico della scrittura si conquista con lo studio, l'intelligenza acuta, ma soprattutto con una profonda fede. L'incapacità dell'intelligenza umana di esaurire da sola la comprensione della scrittura fa parte della natura stessa dell'uomo. L'esegesi biblica di Origene ha delle regole ben precise che Hans Urs Von Balthasar[11] riduce a quattro.
- La scrittura è data per annunciare dei misteri e quindi il suo senso principale è quello spirituale
- La lettera ha lo scopo di nascondere i misteri ai non iniziati
- La lettera è il simbolo trasparente dei misteri per i semplici
- La scrittura contiene passaggi con senso esclusivamente spirituale.
Dio e la Trinità
Origene lascia da parte il problema dell'esistenza di Dio e si interessa esclusivamente a quello della sua natura. La motivazione è da ricercarsi nel fatto che al suo tempo gli atei erano rari e che Celso, il suo interlocutore principale di parte pagana, era lontano dall'esserlo. Ad Origene interessa soprattutto mettere a fuoco la natura e gli attributi di Dio che erano gli aspetti sui quali il politeismo pagano, antropomorfico e materialistico, errava in modo più vistoso. Riprende ed amplia le trattazioni di Filone e Clemente. Dio è principio di tutte le cose, realtà incorporea, assolutamente unico; è l'intelligenza e la fonte da cui deriva tutta la sostanza intellettuale. L'intelligenza per muoversi non ha bisogno di spazio materiale , né di dimensione sensibile, né di figura corporea o di colore , né di alcuna proprietà del corpo e della materia.[12] La sua natura non può essere compresa dalla mente umana, ed è indefinibile dal linguaggio[13]. Tuttavia, non è inaccessibile , perché l'uomo, contemplando la bellezza del cosmo, può risalire al suo creatore. Origene pone in evidenza l'assoluta trascendenza e l'incommensurabilità del mistero di Dio. Per lui Dio è essenzialmente la Parola che si esprime attraverso la creazione e la rivelazione. Distingue inoltre tra natura e attributi di Dio e afferma che solo questi ultimi sono conoscibili. L'intelligenza umana mediante il ragionamento comprende quali sono gli attributi di Dio, considerando la bellezza del cosmo.
Per quanto riguarda la riflessione sulla Trinità riprende i punti fermi stabiliti dalla Chiesa distinguendoli da quelli oggetto di discussione. Tra i punti fermi, già definiti dalla Chiesa, Origene ricorda la distinzione delle Tre Persone e le chiama hypostaseis, ipostasi, mettendo in evidenza la loro consostanzialità e simultaneità. Le Tre Persone sovrastano e precorrono la stessa eternità. Volendole poi caratterizzare qualifica il Padre mediante l'inascibilità: solo il Padre, infatti, non è generato. Tutte le perfezioni, tutti i poteri sono anzitutto del Padre. Sia il Figlio, sia lo Spirito Santo procedono dal Padre, ma non nello stesso modo. Per definire la processione del Figlio, Origene si avvale del termine "generazione", ma ha cura di chiarire che si tratta di una generazione ben diversa da quella degli esseri animati, che avviene sempre con il concorso della materia. Si tratta, infatti, di una generazione squisitamente spirituale, come spirituale è l'azione con cui l'intelletto mette in moto la volontà. Nella generazione del Figlio rimane inalterata la natura del Padre, ma nello stesso tempo c'è perfetta consostanzialità del Figlio con il Padre. Per quanto concerne la processione dello Spirito Santo afferma che è consostanziale al Padre e al Figlio, e che lo Spirito è increato. Sostiene infatti che :"Partecipare dello Spirito Santo è la stessa cosa che partecipare del Padre e del Figlio, poiché una ed incorporea è tutta la Trinità"[14] La dottrina trinitaria di Origene è stata accusata di subordinazionismo. In Principi I, 3, 5, ss. infatti, sviluppa il seguente schema:
- Il Padre giunge a tutti gli esseri facendoli partecipi dell'essere che Egli è
- Il Figlio giunge a tutte le creature razionali rendendole partecipi della ragione (logos) che Egli è
- Lo Spirito Santo giunge ai "santi" che Egli santifica.
Afferma dunque che gli esseri ricevono dal Padre la caratteristica di essere, dal Figlio quella di essere razionali e conseguentemente capaci di bene e male, dallo Spirito Santo infine ricevono l'aiuto per essere santi nel bene. In tal modo gli esseri possono partecipare a Cristo come "giustizia di Dio" (1Cor 1,30 ) e sotto l'azione dello Spirito Santo come "sapienza di Dio" (1Cor 1,24 ) e progredendo sempre più per questa via arrivare per quanto possibile ad essere "partecipi della divina natura" (2Pt 1,4 ). Tutto ciò accade secondo uno schema chiaramente subordinazionistico.
L'uomo e la creazione
La dote fondamentale e primaria dell'uomo è il libero arbitrio. La corporeità è un fenomeno accidentale e provvisorio, dovuto all'abuso del libero arbitrio. Al tempo stesso è un elemento consostanziale all'anima razionale, quasi un sigillo della sua finitezza. Origene afferma la spiritualità e l'immortalità dell'anima. Molte volte presenta l'uomo dotato, oltre che di anima e di corpo, anche di spirito (pneuma)[15] Lo spirito è la parte migliore, ciò per cui l'uomo trascende se stesso e diviene partecipe della vita divina. Origene precisa che questo spirito non è lo spirito santo, ma spirito dell'uomo. Appartiene cioè all'uomo, come capacità passiva, e funge da soggetto dell'azione dello Spirito Santo.[16]. Lo spirito vivifica per una vita qualificata: la vita divina. Rende infatti partecipi della vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Un ruolo importante nell'antropologia origeniana assume il concetto di imago Dei. Ci sono infatti due livelli di iconicità: quello originario, della creazione e quello conclusivo, della beatificazione. Il primo è quello della semplice immagine ed è esclusivamente dono di Dio: il secondo è quello della somiglianza, e oltre che dono di Dio, è anche conseguenza dell'operosità umana.
Il peccato non distrugge l'imago Dei ma la guasta profondamente tanto da trasformarla da "immagine di Dio" in "immagine dell'uomo terrestre". L'imago Dei è quindi per Origene una qualità fortemente dinamica che cresce o diminuisce, sia per opera dell'uomo, sia per grazia di Dio. Per accostarsi sempre più al modello divino, migliorando la propria similitudo l'uomo deve cercare di riprodurre in se stesso, nella propria condotta, le fattezze di quella che è l'immagine perfetta di Dio, il Cristo, il Logos incarnato.
La creazione ha come supremo principio architettonico la libertà. Dio stesso opera secondo il principio della libertà, non tanto perché la creazione avviene per libera iniziativa di Dio , ma perché Dio, creando, pone in essere delle creature che hanno come costituivo primario, sostanziale e fondamentale il libero arbitrio. Tutto l'ordine dell'universo e la stessa teoria della salvezza dipendono esclusivamente dall'uso che le creature fanno del libero arbitrio. Dio all'inizio crea un complesso di nature spirituali, dotate di ragione, tutte ugualmente buone, libere e perfette. Successivamente, però, in base all'uso buono o cattivo del libero arbitrio, si differenziano. Origene in definitiva propone una sostanziale parità di tutte le creature ragionevoli nel momento iniziale della creazione e assegna la distinzione in diversi gradi di perfezione a una fase successiva, conseguente all'uso del libero arbitrio da parte delle creature.
Frutto della bontà del Creatore, il mondo non sarà mai abbandonato a se stesso. Dio infatti segue con paterna sollecitudine le sue sorti e si adopera costantemente per ricondurre tutte le creature a quella bontà e unità originaria in cui le aveva costituite, ma senza mai interferire con il libero arbitrio di cui ha fatto loro dono. La struttura dell'universo conserva così sempre un carattere fortemente dinamico e la instabilità nel bene che caratterizza le creature al momento della loro origine permane immutata. Ogni creatura conserva il libero arbitrio che permette a chi ha peccato di purificarsi e di risalire all'antica condizione, ma fa anche sì che la creatura che si trova nel bene possa perderlo, e allontanandosi da Dio, precipitare nel peccato.
Influenza di Origene
Origene con i suoi scritti esercitò un'enorme influenza. Firmiliano di Cesarea, Alessandro di Gerusalemme, Giulio Africano, Ippolito di Roma, Dionisio di Alessandria, ne apprezzarono la dottrina. Gregorio Taumaturgo, che fu suo allievo per cinque anni a Cesarea gli dedicò un panegirico.
Dopo la morte, la sua reputazione continuò a crescere. L'ammirazione per il suo genio si espanse anche fuori dall'Egitto. Gregorio Nazianzeno, San Basilio Magno, Gregorio di Nissa considerarono Origene un principe della cultura cristiana del III secolo. Secondo Girolamo[17], i principali imitatori latini di Origene furono Eusebio di Vercelli, Ilario di Poitiers, Ambrogio da Milano e Vittorino di Pettau. Lo stesso Girolamo deve molto ad Origene.
Si levarono anche voci di condanna della sua dottrina. Metodio di Olimpo, vescovo e martire (311), compose molte opere contro Origene, fra cui un trattato "Sulla Risurrezione" del quale Epifanio riporta un lungo estratto[18]. Eustazio di Antiochia, che morì in esilio intorno al 337, criticò il suo allegorismo[19]. Anche Alessandro di Alessandria, martirizzato nel 311, lo attaccò duramente. Ma i suoi avversari più accaniti furono gli eretici: Sabelliani, Ariani, Pelagiani, Nestoriani, Apollinaristi.
Fortuna del suo pensiero
L'influenza di Origene sul pensiero di altri autori cristiani, fino al VII secolo, fu enorme. Tra questi possiamo ricordare:
- Papa Dionisio (circa 190-264); contrastò il sabellianesimo rifacendosi ad argomentazioni di tipo origenista;
- Teognosto (morto intorno al 282) e Pierio (morto intorno al 310), immediati successori di Origene alla direzione del Didaskaleion;
- Panfilo di Cesarea (cira 240-309) ed Eusebio di Cesarea (circa 260-340) autori dell'"Apologia di Origene";
- Papa Damaso I (circa 304-384); tradusse due omelie in latino;
- Didimo il Cieco (circa 313-398); condannato dal Concilio di Calcedonia del 553 per la sua difesa delle idee di Origene;
- Sant'Ilario di Poitiers (circa 315-367); venne in contatto con le sue opere durante l'esilio in Frigia;
- San Basilio Magno (circa 330-379), san Gregorio di Nissa (circa 330-395) e san Gregorio di Nazianzo (329-389); difesero il credo niceno.
- Sant'Ambrogio (circa 339-397); utilizzava ampiamente l'interpretazione allegorica della Bibbia.
- San Girolamo (circa 342-420);
- Rufino di Aquileia;tradusse in latino molte opere;
- Evagrio Pontico (346-399), ispiratore del monachesimo orientale e maestro di san Giovanni Cassiano (circa 360-435), ispiratore di quello occidentale;
- San Massimo il Confessore (circa 580-662); fu il più importante teologo del VII secolo.
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