Beato Raimondo Lullo
Beato Raimondo Lullo, T.O.F. Religioso | |
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Beato | |
Francisco Ribalta, Beato Raimondo Lullo (1620 ca.), olio su tela; Barcellona (Spagna), Museo Nazionale d'Arte della Catalogna | |
Età alla morte | 84 anni |
Nascita | Palma di Maiorca 1232 |
Morte | Palma di Maiorca 29 giugno 1316 |
Appartenenza | Terz'Ordine Francescano |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 1850, da Pio IX |
Ricorrenza | 29 giugno |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
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Nel Martirologio Romano, 29 giugno, n. 5:
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Beato Raimondo Lullo (Palma di Maiorca, 1232; † Palma di Maiorca, 29 giugno 1316) è stato un religioso, mistico e missionario spagnolo, nonché scrittore, teologo, logico, astrologo e martire, che dedicò la sua vita alla ricerca di un metodo efficace di evangelizzazione per convertire i musulmani e gli ebrei alla razionalità della verità cristiana. È conosciuto anche come "Doctor illuminatus". A trent'anni entrò nel Terz'Ordine Francescano.
Biografia
Raimondo Lullo nacque a Maiorca nel 1232 da una famiglia aristocratica di origine catalana. Ricevette una educazione di tipo cortese e nel 1247 fu nominato paggio del re Giacomo I e poi siniscalco e maggiordomo dell'Infante, il futuro re Giacomo II. Nel 1257 sposò Bianca Picany dalla quale ebbe due figli.
La conversione
Nel 1262 avvenne la svolta nella sua vita con la "conversione alla penitenza" narrata all'inizio del suo scritto la "Vita coetanea". Lullo ebbe cinque visioni notturne di Cristo crocifisso ad intervalli di pochi giorni l'una dall'altra. Interpretò queste visioni come una richiesta da parte del "Signore Dio Gesù Cristo" di lasciare il mondo e di mettersi al suo servizio e formulò tre obiettivi per mettere in pratica questo servizio: convertire gli infedeli fino al martirio, scrivere il libro "il migliore del mondo" contro gli errori degli infedeli, e infine promuovere istituzioni che insegnassero le lingue necessarie per l'opera di evangelizzazione presso gli infedeli.
A circa tre mesi dalle visioni Lullo, ascoltando una predica del vescovo nella chiesa dei francescani, decise di lasciare la famiglia e ogni bene.
Dopo un pellegrinaggio a Santa Maria di Rocamador e a San Giacomo di Compostella incontrò nel 1265 a Barcellona San Raimondo di Peñafort che lo convinse a tornare a Maiorca invece di andare a studiare a Parigi[1].
Tornato a Maiorca si vestì di abiti poveri riassumendo in questo gesto l'esito della "conversione alla penitenza" che avrebbe accompagnato la sua vita di cristiano. Per raggiungere poi gli obiettivi che si era prefisso studiò per nove anni filosofia, teologia, medicina, il latino, il provenzale e l'arabo; assimilò parte della cultura dell'epoca: Aristotele, Platone, Agostino d'Ippona, Anselmo d'Aosta, Riccardo di San Vittore, i filosofi arabi, i sufi ed il Talmud.
Tra il 1271 e il 1274 scrisse la "Logica d'Algatzell" ("Compendium logicae Algazelis") e il "Libro della contemplazione in Dio".
L'illuminazione di Randa e l'inizio dell'Arte
Nel 1274 ebbe quella che è conosciuta come "illuminazione di Randa". Lullo continuava a chiedersi come avrebbe potuto scrivere quel libro "il migliore del mondo". Nella "Vita coetanea" raccontò che in un periodo di contemplazione in cima ad una montagna – appunto Randa – "il Signore illuminò la sua mente, dandogli la forma e la maniera di fare il libro, menzionato sopra, contro gli errori degli infedeli" (III, 14). Ritiratosi in un monastero iniziò a scrivere la sua "Arte" che nella prima redazione si chiamò "Arte abbreviata di trovare la verità" ("Ars compendiosa inveniendi veritatem").
Nel 1275 chiamato a Montpellier dal re Giacomo II, sottopose le sue opere all'analisi di un esperto francescano il quale le approvò.
Il collegio di Miramar
Tra i propositi che Lullo si era prefisso nel periodo della sua conversione c'era la promozione degli studi delle lingue per coloro che si dedicavano alla predicazione tra gli infedeli. Per questo scopo sollecitò l'erede al trono Giacomo il quale concesse la fondazione di una scuola di questo tipo a Miramar, nel nord di Maiorca.
Il 17 ottobre 1276 la bolla "Laudanda tuorum" di Giovanni XXI confermò il progetto che a Miramar "tredici frati Minori vi fossero installati per apprendere l'arabo al fine di convertire gli infedeli"[2].
Nonostante il fallimento della scuola, Lullo continuò per tutta la vita a cercare di convincere papi e re dell'importanza di luoghi di studio missionari.
Nel "Libre contra Antichrist" del 1283 Lullo presenta tre tipi di scuole attraverso le quali avrebbe dovuto passare l'opera di evangelizzazione: la prima è una scuola di specializzazione missionaria sul modello di quella di cui aveva promosso la realizzazione a Miramar, il secondo tipo di scuola avrebbe dovuto riunire sapienti musulmani e cristiani per facilitare la conoscenza reciproca, il terzo tipo di scuola avrebbe dovuto raccogliere bambini musulmani ed ebrei che vivevano sotto il dominio cristiano ed avrebbe avuto gli stessi obiettivi del secondo tipo di scuola.
Nel "Liber de participatione christianorum et sarracenorum", del 1312, Lullo presentò a Federico III, re di Sicilia, un'iniziativa simile a quella prospettata per il secondo tipo di scuola con queste parole:
« | Mentre Raimondo si trovava in queste riflessioni si propose di recarsi dal molto nobile e virtuoso signore Federico, re di Trinacria, perché questi, conosciuto come fonte di devozione, congiuntamente con il molto alto e potente re di Tunisi, disponesse che cristiani ben preparati e che padroneggiano la lingua araba, andassero a Tunisi per esporre la verità della fede mentre, a loro volta, saraceni ben preparati venissero nel regno di Sicilia per discutere sulla loro fede con i sapienti cristiani. Forse con questo metodo generalizzato per tutto il mondo, potrebbe farsi la pace tra cristiani e saraceni, in modo che né i cristiani vadano a distruggere i saraceni, né i saraceni i cristiani. » | |
(Ramon Lullo, Liber de participatione christianorum et sarracenorum, cit. in Sara Muzzi, Se ti mostro la verità finirai con l'abbracciarla, in L'Osservatore Romano, 27 marzo 2008.)
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Raimondo Lullo riuscì a vedere realizzata solo la scuola di Miramar, chiusa oltretutto dopo poco tempo. Tuttavia è da attribuirsi alla sua opera il canone XI del Concilio di Vienne del 1312, che fondava cattedre per l'insegnamento delle lingue orientali per i predicatori in alcuni centri europei.
I viaggi
Raimondo Lullo viaggiò durante tutta la sua vita per mezza Europa e specialmente sulle coste del Mediterraneo, sollecitando aiuti dai regnanti e dai papi ed esponendo la sua "Ars" nelle piazze e nelle università.
Nel 1283 Lullo fu chiamato a Montpellier dal re Giacomo II: qui scrisse il romanzo "Blaquerna" e rielaborò il suo sistema nel libro l'"Arte dimostrativa". Nel 1287 fece un viaggio alla corte papale ma inutilmente a causa della morte di Onorio IV. Tra il 1287 e il 1289 fu a Parigi dove contattò il re Filippo IV il Bello e Pietro di Limoges. Qui scrisse "Felix" ("Libro delle meraviglie").
Ritornato a Montpellier nel 1290 rielaborò ancora una volta il suo sistema con l'"Ars inventiva veritatis". Qui ricevette una lettera del generale dei Francescani Raimondo Gaufredi con la quale lo autorizzava a insegnare nei conventi italiani.
Fra il 1292 e il 1296 Lullo fu a Roma, a Tunisi, a Genova, a Napoli, a Maiorca, a Barcellona e quindi di nuovo a Roma. In questo periodo scrisse la "Tavola generale" (1293-1294), lo "Sconforto" (1295) e l'"Albero della scienza" (1295-1296). Scrisse anche due petizioni: una a Celestino V (1294) e l'altra a Bonifacio VIII (1295).
Nel 1297 iniziò il secondo soggiorno a Parigi. Qui scrisse l'"Albero della filosofia d'amore", la "Declaratio per modum dialogi edita contra aliquorum philosophorum opiniones", il "Trattato di astronomia" e il "Liber de geometria nova".
Alla fine del 1299 fu a Barcellona. Qui dedicò il "Dettato di Raimondo" e il "Libro della preghiera" a Giacomo II d'Aragona il quale gli concesse la facoltà di predicare in tutte le sinagoghe e le moschee del suo regno.
Nel 1300 ritornò per un lungo periodo a Maiorca durante il quale scrisse il "Canto di Raimondo".
Tra il 1301 e il 1305 Lullo fu a Cipro, in Armenia Minore, forse a Gerusalemme, a Genova, a Montpellier e forse fece un terzo soggiorno a Parigi. Durante questi anni scrisse la "Rethorica nova", il "Liber de ascensu et descensu intellectus" e il "Liber de fine". Nell'ottobre del 1305 era a Montpellier dove assistì ai colloqui tra Clemente V e i re d'Aragona e Maiorca; il 14 novembre assistette all'incoronazione di Clemente V a Lione.
Nel 1307 fece il suo secondo viaggio in Nord Africa, a Bujia. Fu espulso dopo sei mesi di prigione e nel viaggio di ritorno naufragò nei pressi di Pisa. Fermatosi in questa città per alcuni mesi durante il 1308, scrisse l'"Arte breve", terminò l'"Ars generalis ultima" che aveva iniziato nel 1305 e riscrisse il libro che aveva cominciato a Bujia e che era andato perduto nel naufragio, la "Disputatio Raymundi christiani et Homeri saraceni". Dopo aver tentato di promuovere una Crociata a Pisa e a Genova, ritornò a Montpellier dove dedicò l'"Ars Dei" a Clemente V e a Filippo IV. Qui scrisse anche, nel 1309, il "Liber de acquisitione Terrae sanctae". In un viaggio a Marsiglia forse incontrò Arnaldo da Villanova.
Tra il 1309 e il 1311 fu a Parigi dove scrisse una trentina di opere la maggior parte delle quali erano antiaverroiste. Nel 1310 la sua "Arte breve" fu approvata da una quarantina tra maestri e baccellieri in Arti e Medicina e Lullo ricevette una lettera di apprezzamento e di raccomandazioni da Filippo IV. Nel 1311 scrisse il "Liber natalis parvi pueri Jesu" e il "Liber lamentationis philosophiae" più conosciuto come "Vita coetanea".
Durante il viaggio che lo portò al Concilio di Vienne scrisse "Il concilio" e "Il fantastico". Partecipò quindi al concilio fino alla primavera del 1312 chiedendo la ripresa delle crociate e di vietare l'insegnamento dell'averroismo.
Tra il 1312 e il 1315 Lullo fu a Montpellier, passò da Maiorca e soggiornò quasi un anno a Messina prima di intraprendere il terzo viaggio in Nord Africa, a Tunisi. Durante la sua permanenza a Maiorca dall'aprile del 1312 al maggio del 1313, Lullo scrisse sette opere sulla predicazione, con un totale di centottantadue sermoni, che riunì o comandò di riunire in una "Summa", o "Corpus sermonum", che considerò conclusa nel febbraio del 1313. Il centro e punto di riferimento di questa collezione di sermoni è il voluminoso "Liber de virtutibus et peccatis", che chiama anche "Ars maior praedicationis". Immediatamente dopo questa collezione di sermoni e nello stesso mese di febbraio 1313, Lullo termina l'"Ars abbreviata paedicandi".
Le ultime opere sono datate alla fine del 1315.
Morte e culto
La morte del beato Raimondo Lullo può essere fissata tra il dicembre del 1315 ed il marzo del 1316. La tradizione lo vuole martire a Bujia per mano musulmana e che, ferito, sarebbe morto poco prima di giungere a Maiorca. In realtà non si sa se Raimondo Lullo morì a Tunisi, sulla nave di ritorno o a Maiorca stessa. È certo che venne sepolto con grandi onori a Maiorca nella chiesa di San Francesco. La fama popolare di beato circondò la sua figura subito dopo la morte, e poi nei tempi successivi: ma per lungo tempo gli sforzi di farlo beatificare fallirono.
Dopo la sua morte, infatti, gli eccessi di alcuni gruppi di suoi discepoli, influenzati dalle idee degli Spirituali francescani, portarono l'inquisitore domenicano spagnolo Nicola Eimeric, ad iniziare una campagna contro le dottrine di Raimondo Lullo. Nel 1376 venne pubblicata una lista con cento articoli, in cui l'inquisitore condannava soprattutto il preteso razionalismo lulliano e faceva scendere sull'intera opera di Raimondo Lullo l'ombra del sospetto di eresia. L'autorità che fu riconosciuta a questo "Directorium Inquisitorum" ed anche il fatto che nei secoli vennero legate al nome di Lullo delle opere alchemiche, crearono un'atmosfera di sospetto intorno alla sua dottrina che influì anche sul riconoscimento ufficiale delle sue straordinarie ed esemplari qualità di cristiano[3].
Solo nel 1850 Pio IX ne approverà il culto, che già gli veniva tributato in Catalogna e nell'Ordine francescano.
La sua festa liturgica è il 29 giugno.
Opere
Il corpus lulliano comprende 265 opere riconosciute come autografe; molte altre sono considerate apocrife: fra quest'ultime, tutte quelle di argomento alchemico[4]. Scrisse in arabo, in latino e in catalano. Sono opere di filosofia, teologia, mistiche, pedagogiche, di medicina, di scienze naturali, di fisica, matematica, letterarie e poetiche.
L'"Arte" lulliana
Per approfondire, vedi la voce Ars magna |
L'"Arte" di Raimondo Lullo è un metodo filosofico spiegato dall'autore in diversi testi e più volte rielaborato[5]. Di fatto quasi tutte le opere di Lullo si riferiscono e sono composte in base ai principi di questo metodo. L'"Arte" nacque come intenzione nel periodo di conversione di Lullo durante il quale si propose di scrivere il libro "il migliore del mondo"; l'intuizione di come avrebbe potuto concepire questo libro risale invece alla "illuminazione di Randa".
Come metodo universale, l'"Arte" fonda tutte le branche del sapere (la logica, la metafisica, la filosofia, la teologia, il diritto, la medicina e le altre scienze della natura, le arti liberali e quelle meccaniche, etc.); questa condizione di metodo di metodi, al di sopra di qualsiasi forma dottrinale previa, le concede un potere culturalmente neutrale come strumento di persuasione razionale. L'obiettivo essenziale di Lullo era diffondere la Verità rendendola immediatamente evidente e attiva tra i credenti e imponendola agli infedeli con la forza dell'evidenza. L'obiettivo missionario è il cuore dell’opera di Raimondo Lullo e condiziona molte delle sue peculiarità, come per esempio, quella di evitare le citazioni di autorità, un fatto, questo, molto poco comune nel secolo XIII. Per convincere gli infedeli della verità del cristianesimo, Lullo credeva che non fosse produttivo cercare di dibattere a partire dai testi sacri, la Bibbia e il Corano, che era il sistema di disputa più diffuso. La discussione sul senso dei testi si faceva interminabile e allontanava l'obiettivo desiderato. L'"Arte" è un'arte o tecnica di discussione, che presenta la Verità a partire da formulazioni razionali che Lullo chiama "ragioni necessarie" o "ragioni dimostrative"[6].
« | L'Arte "fu trovata soprattutto per la teologia" afferma Lullo. Per mezzo dell'Arte, la teologia doveva essere in condizioni di fornire l'argomentazione necessaria al missionario nella sua esposizione della fede e nelle sue dispute con gli infedeli. (...) Per quanto riguarda la teologia, che ha come oggetto Dio, vale a dire il primo soggetto dell'Arte, questo è il luogo in cui di deve trattare Dio secondo l'Arte. Con l'Arte perfino la soluzione "per auctoritates" ("per autorità") può essere convertita in argomentazione "ad necessitatem rationum" ("per ragioni necessarie"). » | |
(Jordi Gayà, Raimondo Lullo. Una teologia per la missione, Milano 2002, 105-106.)
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Le opere che spiegano l'"Arte" lulliana sono queste:
- "Ars compendiosa inveniendi veritatem" ("Arte abbreviata di trovare la verità"), scritta nel 1274.
- "Ars demonstrativa" ("Arte dimostrativa"), scritta nel 1283[7].
- "Ars inventiva veritatis", scritta nel 1290.
- "Ars brevis", del 1308[8].
- "Ars generalis ultima", scritta tra il 1305 e il 1308.
Altre opere
- "Compendium logicae Algazelis" ("Logica d'Algatzell"), scritto tra il 1271 e il 1272 in versi secondo i principi della mnemotecnica, quest'opera è come un esperimento della struttura logica che Lullo svilupperà nelle opere successive.
- "Llibre del gentil e dels tres savis" ("Libro del gentile e dei tre savi"), scritto tra il 1271 e il 1273. Questo scritto testimonia la prima fase delle opinione di Lullo nei confronti delle altre religioni ed anche nei confronti delle Crociate. Convinto del loro fallimento pensava che non ci fossero più motivi per ricorrere alla forza o alla guerra; l'unica strada che qualunque religione avrebbe dovuto fare per convincere alla fede sarebbe stata ormai solo la dimostrazione mediante ragione della superiorità della propria fede. Il libro è una conversazione, basata su questo presupposto, tra un filosofo pagano e tre saggi (un musulmano, un ebreo e un cristiano). I tre saggi parlano al filosofo disperato di un Dio e di una resurrezione dai morti dei quali non aveva mai sentito parlare. La consolazione di queste rivelazioni si muta in dolore quando il filosofo capisce che i tre saggi non sono d'accordo su quale sia la "legge" migliore. A questo punto i tre decidono di presentare ognuno la propria fede. Il filosofo pagano alla fine di queste presentazioni rende grazie a Dio per l'illuminazione ricevuta ma nel momento in cui sta per annunciare la religione che ha scelto e alla quale sarà fedele i tre saggi si congedano perché nessuno resti umiliato dalla scelta del filosofo[9].
« | Ciò ch'è sorprendente, nel quadro della letteratura apologetica dell'epoca, è che in nessun momento la narrazione sembra essere diretta a convincere che la verità stava nella dottrina cristiana. Nonostante le differenze che separavano le tre religioni abramitiche, Llull confidava nella ragione, credeva che i tre sapienti avrebbero potuto arrivare a un accordo partendo da princìpi generali da tutti accettati, poiché facevano parte della rivelazione dell'unico Dio, biblico e coranico. » | |
(Jaume Botey Vallès, La religione dell'altro in Raimondo Lullo, in Concilium 5 (2008) 104-113, 111.[10])
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- "Doctrina pueril" ("Dottrina puerile"), forse composta nel 1273, è il primo manuale conosciuto di istruzione dei bambini scritto in una lingua romanza. La sua pedagogia ha lo scopo di provvedere ai mezzi per conseguire la salvezza spirituale e, insieme, la cristianizzazione degli infedeli. In quest'opera Lullo formulò anche i principi di un insegnamento intuitivo e analogico, raccomandò che la lingua nativa si insegnasse prima della latina, e che fossero docenti stranieri a insegnare la loro lingua, auspicando anche la creazione di una lingua universale. I temi di questa sorta di "catechismo" sono: i quattordici articoli della fede, i dieci comandamenti, i sette sacramenti, i sette doni dello Spirito Santo, le otto beatitudini, i sette gaudi della Madre di Dio, le sette virtù e i sette vizi. Le appendici contengono informazioni sul cristianesimo, l'ebraismo, l'islam e il paganesimo, sulle sette arti liberali del trivio (grammatica, dialettica, retorica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia), sulle scienze delle università medievali (teologia, diritto e medicina) e infine sull'aristotelismo[11].
- "Liber contemplationis" ("Libro della contemplazione in Dio"), scritto inizialmente in arabo tra il 1273 e il 1274, è una anticipazione della dottrina scientifico-mistica di Lullo nella forma di una lunga preghiera a Dio. In questo scritto Lullo riserva un capitolo per ogni giorno dell'anno e paragrafi per ognuna delle piaghe di Cristo. Vi compaiono figure in forme di alberi ed altri elementi algebrici che saranno poi alla base della "logica combinatoria" lulliana. I cinque libri nei quali è divisa l'opera trattano questi temi: la creazione e la natura di Dio; l'Incarnazione e la Redenzione; la descrizione della vasta realtà naturale attraverso i sensi esterni (vista, udito, olfatto, gusto, tatto) e interni (pensiero, percezione, coscienza, sottigliezza, fervore); temi filosofici come i concetti di necessità e contingenza, sensualità e intellettualità, fede e ragione, predestinazione e libero arbitrio; infine riflessioni sull'amore e sulla preghiera.
- "Llibre de l'orde de cavalleria" ("Libro dell'ordine della cavalleria"), scritto tra il 1274 e il 1276, tratta dei valori morali e religiosi legati all'esercizio delle armi e propone una riforma morale della cavalleria. I sette capitoli nei quali è diviso trattano rispettivamente: l'origine e nobiltà della cavalleria; la descrizione dell'ufficio di cavaliere; l'esame dell'aspirante cavaliere; il cerimoniale della vestizione; il simbolismo delle armi offensive e difensive; i costumi propri del cavaliere e l'onore che si deve al cavaliere[12].
- "Romanç d'Evast e Blaquerna", scritto a Montpellier verso il 1284, è un racconto nel quale il protagonista, Blaquerna, ha il dono di scegliere sempre con successo la migliore opzione di vita possibile. Blaquerna abbandona i genitori e l'amata per trovare nell'eremitismo una perfezione spirituale che raggiungerà solo dopo essere passato attraverso vari stati di vita (monaco, abate, vescovo e papa).
- "Llibre d'amic i amat" ("Libro dell'amico e dell'amato") è un vero e proprio libro nel libro composto dall'eroe eponimo di "Blanquerna" durante l'eremitaggio. Si tratta di 365 aforismi religiosi in prosa in catalano, con influssi di poesia trovadorica e riferimenti al Cantico dei Cantici e alla mistica araba. Quest'opera esponendo l'ascesi dell'uomo (amic) a Dio (amat), descrive anche il processo dell'unione mistica: l'intelletto apre il cammino alla comprensione di Dio, però la volontà che ama è quella che sprona l'amico, se la memoria non dimentica l'amato. L'opera ebbe una circolazione autonoma rispetto al romanzo (ed è infatti oggi pubblicato anche isolatamente); d'altronde lo stesso Lullo ne fece realizzare una traduzione latina[13].
- "Llibre de meravelles" ("Felix o il libro delle meraviglie", scritto intorno al 1288 durante il primo soggiorno di Lullo a Parigi, è una sorta di racconto didattico enciclopedico, che abbraccia temi che vanno dalle scienze naturali alla teologia. Il protagonista del racconto è Felix, un pellegrino che osserva la realtà scoprendo con dolorosa sorpresa la distanza che separa la condotta umana dall'ordine divino della creazione, ma anche si entusiasma nell'apprendere la verità dai dialoghi che può avere con i filosofi e gli eremiti. L'opera è in dieci sezioni che coincidono con i soggetti dell'"Arte" lulliana: Dio, gli angeli, il cielo, gli elementi, le piante, i metalli, le bestie, l'uomo, il paradiso e l'inferno. Il nucleo dell'opera risiede nella filosofia morale, presente nell'ottava parte, il "Libro dell'uomo", che è complementare all'apologo politico della sezione precedente, il "Libro delle bestie".
- "Llibre de les bèsties" ("Libro delle bestie") è la settima delle dieci parti in cui si divide il "Libro delle meraviglie" ed è una riflessione sulla politica in forma di favola: Na Renard, la volpe, per raggiungere il controllo assoluto del potere ed esercitarlo per interposta persona è capace di fare qualunque cosa. Scopo della volpe non è l'arricchimento ma il piacere di dominare. Na Renard, alla fine, non riuscirà nei suoi intenti perché vittima della sua stessa smisurata ambizione, ma la sua caduta avverrà solo dopo molte ingiustizie e atrocità.
- "Tractatus de modo convertendi infideles", scritto nel 1292. In quest'opera Lullo scrive: «Iniziare nella concordia è più efficace che iniziare nel contrasto, iniziare disputando con gli infedeli e concordando nelle dignità di Dio e nelle ragioni necessarie, è più utile che guerreggiare soltanto contro gli infedeli contrastandoli con la spada, strappando loro la terra che occupano e uccidendoli».
- "Quomodo Terra Sancta recuperari potest", scritto nel 1292.
- "Tavola generale", scritta tra Tunisi (1293) e (Napoli) 1294.
- "Desconhort" ("Sconforto"), scritto a Roma nel 1295, è un poema di 69 strofe monorime di 12 versi alessandrini. Si tratta di un dibattito tra Raimondo, che è sconfortato perché si rende conto che ha dedicato senza successo molti anni della sua vita alla conversione degli infedeli, e un eremita che, dapprima perplesso dell'"Arte" di Raimondo e poi entusiasta della sua opera, si rende disponibile a collaborare con lui[14].
- "Arbor scientiae" ("Albero della scienza"), scritto tra il 1295 e il 1296, indica come si articola la struttura di principi e di relazioni dell'"Arte breve" con l'insieme del mondo intelligibile. E', praticamente, una versione dell'"Arte" in forma di enciclopedia. Partendo dall'idea centrale di una fondamentale unità del sapere umano, Lullo spiega questa unità figurativamente nell'immagine dell'albero della scienza, le cui radici sono costituite da nove principi trascendenti o dignità divine e da nove principi relativi dell'arte. Fondato su queste radici che confluiscono nel caos primigenio del tronco, si dipartono sedici rami, considerabili come alberi a sé stanti che costituiscono la silva delle scienze, ciascuno dei quali si divide in sette parti (radici, tronco, branche, rami, foglie, fiori e frutti). I sedici rami sono: l'arbor elementalis (descrive la natura della materia, cioè l'origine e le relazioni tra il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra) e l'albor vegetalis (che comprende la botanica e le sue applicazioni all'arte medica analizzando le funzioni vitali dell'alimentazione e della riproduzione), l'arbor sensualis (gli esseri sensibili ed animali); l'imaginalis (gli esseri mentali); l'humanalis e moralis (che comprende le scienze umane e l'etica); l'imperialis (che riguarda il governo civile e politico); l'apostolicalis (il governo e la gerarchia della Chiesa); il coelestialis (astronomia e astrologia); l'angelicalis (gli Angeli); l'eviternalis (l'immortalità e i regni d'oltretomba); il maternalis (la mariologia); il christianalis (la cristologia); il divinalis (l'unità e la Trinità di Dio); l'arbor semplificalis (nel quale si espongono figurativamente tutti i contenuti del sapere nel tentativo di dotare la scienza di una dimensione letteraria che la renda atta alla divulgazione) e l'arbor quaestionalis (che rifonda tutta la materia in forma di domande, alcune delle quali presentano risposte specifiche molto chiarificatrici, mentre altre rimandano al luogo corrispondente della parte anteriore del trattato). L'unità sistematica del sapere appare fondata sul fatto che i principi assoluti e i principi relativi dell'arte costituiscono la radice comune del mondo reale e del mondo della cultura.
- "Arbre de filosofia d'amor" ("Albero della filosofia d'amore"), scritto nel 1297 e dedicato al re di Francia.
- "Declaratio per modum dialogi edita contra aliquorum philosophorum opiniones", scritto nel 1297.
- "Tractatus novus de astronomia" ("Trattato di astronomia"), scritto nel 1297.
- "Liber de geometria nova", scritto nel 1297.
- "Dictat de Ramon" ("Dettato di Raimondo"), scritto nel 1299 e dedicato a Giacomo II d'Aragona.
- "D'oració" ("Libro della preghiera"), scritto nel 1299 e dedicato a Giacomo II d'Aragona.
- "Cant de Ramon" ("Canto di Raimondo"), scritto nel 1300, è un'autobiografia in versi che sollecita l'adesione del lettore alla causa dell'autore. Il "canto", in 14 strofe monorime di sei versi di otto sillabe, comincia con la conversione di Raimondo, e ripassa i momenti principali della sua carriera, dalla fondazione di Miramar, alla redazione dell'"Arte"[15].
- "Rethorica nova", scritto in catalano tra il 1301 e il 1302, propone dei consigli e delle regola per la scrittura rielaborando la disciplina della retorica in quattro parti: ordine, bellezza, scienza e carità. Lullo sapendo che la retorica è un grande strumento di persuasione, sottolinea il fatto che chi lo usa deve farlo al servizio della verità, del bene e dell'onore di Dio. Rispettando queste finalità il discorso retorico risulterà anche "bello".
- "Logica nova", scritto a Genova nel 1303. Questa logica si presenta come "nuova" perché vuole regolare la correzione non del linguaggio, bensì della nostra comprensione della realtà; è nuova, oltretutto, perché pensata da Lullo in riferimento alla sua "Arte". Questa logica è strutturata in sette parti o distinzioni, l'ultima delle quali propone domande a proposito delle sei precedenti. La prima distinzione tratta della sostanza e delle questioni dell'"Arte" a partire dalla sua funzione logica; la seconda descrive i cinque predicabili; la terza presenta i dieci predicamenti; la quarta dispiega le "cento forme", che sono uno strumento dialettico lulliano; la quinta descrive il sillogismo e le fallacie; la sesta è un'applicazione della logica alle scienze (teologia, filosofia naturale e morale, diritto e medicina)[16].
- "Liber de ascensu et descensu intellectus", scritto nel 1305, è una presentazione della teoria della conoscenza.
- "Liber de fine", scritto nel 1305, è considerata l'opera politica più importante di Lullo. Qui espone il modo in cui il suo modello di missione avrebbe dovuto essere attuato. Il tema più importante è quello della predicazione, il modello è quello apostolico e i destinatari dovevano essere musulmani, ebrei, cristiani orientali e tartari o gentili. Lullo tratta qui anche della crociata armata che avrebbe dovuta essere condotta da un "re battagliero" e che avrebbe dovuto dirigersi dalla Spagna all'Africa del nord[17].
- "Disputatio Raymundi christiani et Homeri saraceni", scritto nel 1308 a Pisa dopo che una prima stesura era andata persa durante il naufragio del 1307.
- "Ars Dei", scritto nel 1308 e dedicato a Clemente V e a Filippo IV di Francia, è un'ampia applicazione della sua "Arte" alla teologia.
- "Liber de acquisitione Terrae sanctae", scritto nel 1309.
- "Liber natalis parvi pueri Jesu", scritto nel 1311 quest'opera è frutto della meditazione di Lullo sul mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio. L'andamento dell'opera richiama lo stile di una sacra rappresentazione, in cui l'umanità di Gesù è al centro dell'adorazione e della lode, della tenerezza e della devozione, impersonate da sei personaggi femminili. Accanto all'immagine del presepio, si spalanca improvvisa la scena del Paradiso, da cui discendono dodici dignità o virtù divine che spiegano la profondità del mistero da adorare: è Dio che si fa uomo per un atto di infinito amore[18].
- "Liber lamentationis philosophiae" più conosciuto come "Vita coaetanea" o "Vita coetanea", fu dettato nel settembre del 1311 ad un monaco della Certosa di Vauvert, a Parigi. È considerato come l'autobiografia di Lullo ed aiuta a comprendere le ragioni fondamentali della sua vita e della sua concezione mistica.
- "Del concili" ("Il concilio"), scritto nel 1311 durante il viaggio che lo portava al Concilio di Vienne.
- "Liber deisputationis Petri et Raimundi" più conosciuto come "Fantastico", è un libretto scritto tra settembre e ottobre del 1311, durante il viaggio di Lullo da Parigi a Vienne dove doveva celebrarsi il Concilio. Si tratta di un dialogo tra Raimondo che andava al concilio per sollecitare l'organizzazione di un ordine militare che combattesse gli infedeli in Terra Santa e la fondazione di scuole di missionari e il chierico Pietro, il quale, invece, andava al Concilio per ottenere benefici per sé e la sua famiglia. Nel dialogo Raimondo pensa che le intenzioni di Pietro siano perverse; Pietro pensa che Raimondo sia un pazzo (il senso della parola medievale "fantastico"). L'importanza di quest'opuscolo sta nella testimonianza che Lullo offre di quello che pensavano gli avversari nei suoi riguardi.
- "Liber de virtutibus et peccatis" più conosciuto come "Ars maior praedicationis", scritto a Maiorca tra il 1312 e il 1313.
- "Ars abbreviata praedicandi", scritta nel febbraio 1313, voleva essere una sintesi della "Ars maior praedicationis", troppo lunga e in alcune parti oscura. Si tratta di un'esposizione breve, concisa e, fino a un certo punto, definitiva dei fondamenti teorici della concezione della predicazione di Lullo e può essere considerata un compendio delle sue riflessioni sul processo di divulgazione delle idee mediante la predicazione.
- "Liber de maiore fine et intellectus amoris et honoris", datato 1315, è l'ultima opera di Lullo della quale si hanno informazioni.
Traduzioni in italiano di Opere di Raimondo Lullo
- Il libro del gentile e dei tre savi, Torino 1986.
- Il Libro dell'Ordine della Cavalleria, Carmagnola 1994.
- Libro dell'Amico e l'Amato, Roma 1996.
- Phantastìcus. Dìsputa del chierico Pietro con l'insensato Raimondo, Rimini 1997.
- Arte breve, Milano 2002.
- Doctrina pueril, Pisa 2003.
- Trattato di astrologia, Milano 2003.
- Il Natale di Gesù, Padova 2006.
- Il Libro del Gentile e dei tre Savi, a cura di Sara Muzzi, traduzione italiana di Anna Baggiani (Letture cristiane del secondo millennio), Ediz. Paoline, Milano 2012.
Il lullismo
Per lullismo si intende un movimento filosofico che prende le mosse dall'ideale di Raimondo Lullo di una sistemazione universale ed enciclopedica della realtà[19].
« | Ad una adesione, o quanto meno ad una spiccata simpatia per il lullismo, corrisponde l'idea di un rapporto necessario fra la costruzione di un'arte indifferentemente applicabile a tutti i rami del sapere e la delineazione di un'immagine gerarchica e unitaria dell’universo. (...) L'immagine lulliana dell'albero delle scienze, che verrà ripresa da Bacone e da Cartesio, sarà particolarmente fortunata, ma, soprattutto, agirà a lungo nel pensiero europeo l'aspirazione lulliana verso un corpus organico e unitario del sapere, verso una sistematica classificazione degli elementi della realtà. » | |
(Paolo Rossi, Clavis Universalis. Arti della memoria e logica combinatoria da Lullo a Leibniz, Bologna 1983, 71.75.)
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La recezione e l'interpretazione delle opere lulliane hanno preso durante i secoli due strade: una "razionalistica" ed una "magica". Questa doppia strada è stata dovuta anche al diffondersi già dal XIV secolo di opere cabalistiche ed alchemiche attribuite a Raimondo Lullo.
Il lullismo primitivo
Tra i primi discepoli di Lullo che rimasero fedeli al pensiero del maestro ci furono Pietro di Limoges e Thomas le Myésier. È grazie a quest'ultimo che l'opera e il pensiero di Lullo si diffusero rapidamente grazie soprattutto a due testi, il "Breviculum Artibus ex Raimundi Lulli Electum", opera arricchita da 12 illustrazioni che riprendono i temi della "Vita coaetanea", e l'"Electorium magnum", una sintesi del pensiero di Lullo arricchita da brani antologici dell'opera lulliana.
Altri discepoli iniziarono a diffondere opere di carattere spirituale attribuite a Lullo che contribuirono alla persecuzione che Nicola Eimeric scatenò contro tutta l'opera di Lullo. Di fatto nel 1376 l'"Arte" fu condannata ad Avignone e nel 1390 all'Università di Parigi, per essere poi riabilitata nel 1416 quando, però, ormai sull'opera di Lullo si era diffusa la fama di eterodossia. È probabilmente dovuto a questa fama il fatto che Raimondo Sibiuda e Nicolò Cusano, pur ispirandosi abbondantemente a Lullo, preferiscano tacerne il nome.
Si hanno notizie di scuole ispirate a Lullo operanti tra il XIV e il XV secolo sia a Maiorca che a Barcellona. A causa dei processi inquisitoriali in corso, però, vi veniva insegnata l'"Arte" applicata alla medicina, all'astronomia e alla filosofia evitando l'applicazione alla teologia.
Il lullismo tra XVI e XIX secolo
L'opera di Lullo cominciò ad essere rivalutata nel XVI secolo tanto che il cardinale Jiménez de Cisneros (1436-1517) istituì una cattedra di filosofia e teologia lulliana nell'Università di Alcalà, da lui fondata. La corte spagnola stessa fece un'opera di recupero della memoria di Lullo promuovendo la causa di canonizzazione del filosofo. In questo contesto anche il progettista dell'Escorial, Juan de Herrera, nella sua opera "Tratado del cuerpo cúbico conforme a los principios y opiniones del Arte de Raimundo Lulio" scritta nel 1582, rivalutò le intuizioni lulliane servendosene nel suo lavoro.
L'interesse dei filosofi e umanisti rinascimentali per Lullo si manifestò nella stampa di numerosi incunaboli e cinquecentine pubblicati in Francia e in Italia, dove c'erano diversi seguaci del pensiero lulliano.
Tra i numerosi commentatori di Lullo tra il |'500 e il '600 si ricordano in particolare Bernat de Lavinheta con la sua "Explanatio compendiosaque applicatio Artis Raymundi Lulli" del 1523, Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim, con la sua opera "In Artem brevem Raymundi Lulli" scritta nel 1533, Pierre Grégoire con la "Syntaxis Artis mirabilis" scritta tra il 1583 e il 1587, Johann Heinrich Alstead con l'opera "Clavis artis lullianae" del 1609, Athanasius Kircher con l'"Ars magna sciendi" del 1669.
Anche il filosofo Giordano Bruno (1548-1600) si interessò di Lullo commentandolo in diverse opere.
Del 1598 è l'antologia di opere lulliane, pseudo-lulliane e commenti edita da Lazzaro Zetzner a Strasburgo col titolo "Raymondi Lullii Opera"[20]. Quest'opera ristampata più volte nel XVII secolo, contribuì alla diffusione non sempre ortodossa del pensiero di Raimondo Lullo. A quest'antologia si riferiscono le riserve di Cartesio nei confronti dell'opera di Lullo ma anche l'entusiasmo di Leibniz il quale vide nell'"Ars" il metodo per meccanizzare i fondamenti della conoscenza e per distinguere infallibilmente la verità dalla falsità.
Il lullismo contemporaneo
Il tentativo fatto dal cistercense Antonio Raimundo Pasqual (1708-1791) nel 1778 con le sue "Vindiciae Lullianae"[21] di distinguere le opere autentiche di Lullo da quelle apocrife, fu portato avanti nel XIX e XX secolo fino al punto che oggi tutte le opere alchemiche che erano state attribuite a Lullo sono state considerate apocrife. Di particolare rilievo per gli studi lulliani contemporanei sono Frances A. Yates, Robert Pring-Mill, Antony Bonner, Michela Pereira, Jordi Gayà, Fernando Dominguez Reboiras, Josep Maria Ruiz Simon, Joan Vernet, Julio Samsó, Charles Lohr, Jocelyn Nigel Hillgarth.
L'edizione critica delle opere latine di Raimondo Lullo sono pubblicate dall'editrice Brepols (Turnhout, Belgio) in "Raimundi Lulli Opera Latina. Corpus Christianorum. Continuatio Medievalis"; l'edizione critica delle opere in catalano sono pubblicate nella serie "Nova edició de les obres de Ramon Llull" (Palma de Mallorca-Barcelona) che completa la serie di 21 tomi della "Obres Originals de Ramon Llull" pubblicata a Palma di Maiorca tra il 1906 e il 1950.
La rivista "Studia Lulliana" dal 1991 è la pubblicazione di riferimento del lullismo contemporaneo.
In Italia esiste il "Centro Italiano di Lullismo", intitolato a padre Erhard Wolfram Platzeck, costituito il 25 gennaio 2002.
Bibliografia | |||||||
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Note | |||||||
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