Libro dei Salmi

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Libro dei Salmi
FRA Parigi Versailles Domenichino DavidesuonaArpa.jpg
Domenichino, Davide suona l'arpa (prima metà del XVII secolo), olio su tela; Versailles,
Sigla biblica Sal
Titolo originale תהילים (tehillìm)
Altri titoli Salterio
Nazione [[]]
Lingua originale ebraico
Traduzione
Ambito culturale
Autore Davide
Note sull'autore
Pseudonimo
Serie
Collana
Editore
Datazione XI secolo a.C.
Datazione italiana
Luogo edizione
Numero di pagine
Genere
Ambientazione
Ambientazione Geografica Terra Santa
Ambientazione Storica

Personaggi principali:

Titoli dei racconti
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Adattamento televisivo
Adattamento cinematografico
Note
Premi:
Collegamenti esterni:
ID ISBN

Il Libro dei Salmi (ebraico תהילים, tehillìm; greco Ψαλμοί, psalmòi; latino Psalmi, detto anche Salterio[1]) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e cristiana.

È scritto in ebraico. Molti salmi sono attribuiti al re Davide (XI secolo a.C.), ma secondo l'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi, la redazione definitiva del libro è avvenuta in Giudea forse alla fine del III secolo a.C., raccogliendo testi composti da autori ignoti lungo i secoli precedenti, tra l'epoca monarchica e quella ellenista.

È composto da 150 capitoli, ognuno dei quali rappresenta un autonomo salmo o inno di vario genere: lode, supplica, meditazione sapienziale.

Paralleli

Extrabiblici

Fin dalle origini Israele ha praticato la poesia lirica sotto tutte le forme, come i suoi vicini dell'Egitto, della Mesopotamia e di Canaan. Queste aree culturali, dai vari studiosi, sono state indagate per trovare parallelismi e possibili derivazioni:[2]

  • Babilonia: diversi studiosi[3] hanno studiato lodi, lamentazioni e inni regali con risultati però esili (cfr. Sal 13; 18; 21; 101; 124 );
  • Egitto: sono stati indagati parallelismi coi salmi regali (2; 110), coi salmi 33-34 e soprattutto 104, affine all'inno del sole di Akhenaton. I testi trovati nella tomba di Pet-Osiris hanno affinità con diversi salmi (34; 112; 119; 128)
  • Canaan: è soprattutto la letteratura cananea rinvenuta nella città-stato siriaca di Ugarit che ha mostrato utili paralleli col salterio. In particolare Dahood ha cercato di chiarire, sulla base di questo comparativismo, il senso di vocaboli difficili o di interi salmi, come 18; 29; 48; 67; 68; 73; 92; 93; 139.

Biblici

Certi brani si trovano inseriti nei libri storici: p. es. il cantico di Mosè (Es 15 ), il Canto del Pozzo (Nm 21,17-18 ), l'inno di vittoria di Debora (Gdc 5 ), l'elegia di Davide su Saul e Gionata (2Sam 1 ), gli elogi di Giuda e Simone Maccabeo (1Mac 3,3-9; 14,4-15 ). Numerosi passi dei libri profetici appartengono ai medesimi generi letterari. Esistevano antiche raccolte, di cui non restano che il nome e alcuni avanzi, come il libro delle Guerre di YHWH (Nm 21,14 ) e il Libro del Giusto (Gs 10,13 ; 2Sam 1,18 ). Ma il tesoro della lirica religiosa di Israele ci è conservato dal salterio.

Anche nel Nuovo Testamento sono presenti brani di genere salmico, p. es. il Magnificat, il Benedictus e il Nunc dimittis.

Testo

Coi suoi circa 2.500 versetti (variabili a seconda delle versioni) e 150 capitoli il libro dei salmi rappresenta il più ampio testo della Bibbia, sia ebraica che cristiana (il secondo, Gen, conta circa 1.500 versetti e 50 capitoli).

Il suo testo non è di facile studio: secondo Ravasi è "un vero e proprio laboratorio di critica testuale: si può inciampare in quasi tutta la tipologia dei fenomeni testuali (aplografie, pluralità di lezioni, dittografie, confusioni grafiche, metatesi, spostamenti di segmenti testuali, ecc.)" (pp. 37-39). I motivi di tale complessità possono essere molteplici: era un testo liturgicamente molto usato e copiato, dunque "simile a un disco che risente dell'usura dell'esecuzione"; alcuni termini sono così poetici o arcaici da non essere di uso comune e dunque di difficile traduzione; alcuni termini possono derivare da prestiti linguistici, in particolare ugaritici e sono ancora di difficile traduzione. Ci è pervenuto infine in diverse versioni che, per quanto derivate dall'originale ebraico, sono spesso più antiche del testo ebraico come si è standardizzato (Testo Masoretico). Queste le versioni:[4]

  • Qumran: il rotolo 11QPsa ritrovato tra i manoscritti del Mar Morto contiene 41 salmi dell'ultima cinquantina del salterio. Sono presenti alcune varianti, come l'antifona in ogni versetto del 145: "Lodate YHWH! Il suo nome sia lodato ora e sempre!";
  • Qerè: sono interessanti le proposte di lettura (qerè, "letto") aggiunte dai masoreti al posto della lettura di alcuni termini (ketìv, "scritto");
  • LXX: la sua versione greca dei Salmi è "la peggiore dell'intera Bibbia dei LXX", con molte e notevoli divergenze. Aggiunge il Sal 151 . Altre versione greche utili per il confronto sono Aquila, Simmaco e Teodozione;
  • Peshittà: la versione in siriaco, oltre a divergenze, aggiunte i 152-155;
  • Vulgata: Girolamo ha preparato tre versioni latine del salterio: la prima è la ripresa della Vetus Latina, basata sulla LXX, divenuta tradizionale a Milano; la seconda, il Salterio Gallicano, è una revisione della precedente, ufficiale nella Vulgata e adottata in Francia; la terza fu eseguita da Girolamo tra il 390 e il 405, sulla base del testo ebraico, ma non fu mai ufficiale nella Chiesa.

All'interno dello stesso testo sono presenti alcuni salmi doppi, frutto di un riadattamento post-esilico d testi precedenti:

Stile

Lo stile del salterio è poetico,[5] prevalentemente basato sul metro classico 3+3 accenti, affiancato al ritmo della supplica, 3+2. Sono frequentemente presenti incisi che scandiscono il ritmo testuale, come "ecco", "poiché", "e adesso".

Alcuni salmi sono alfabetici, cioè con la prima lettera dei versetti che segue l'ordine alfabetico e sono presenti ritornelli e antifone. Il misterioso termine selàh, che ha 71 ricorrenze, indica forse una pausa che doveva essere fatta nella recitazione. Oltre a un continuo riferimento simbolico (cfr. dopo), sono presenti tutti i tipi di parallelismi: sinonimico verbale e simbolico, parallelismo antitetico, sintetico, progressivo-climatico.

Struttura

Numerazione

Corrispondenza tra le numerazioni dei Salmi

La numerazione dei Salmi non è univoca, per quanto il computo totale sia sempre 150. All'interno, per molti Salmi c'è una differenza nella numerazione tra l'originale ebraico, da una parte e le versioni greca dei LXX e latina della Volgata. In dettaglio, I LXX e la Volgata:

  • riuniscono i Salmi 9 e 10 del testo ebraico in un solo Salmo (il 9)[6]; a volte le due parti sono riferite come Salmo 9A e Salmo 9B.
  • ugualmente, riuniscono il Salmo 114 e il 115 dell'ebraico nel loro Salmo 113; anche qui, a volte le due parti sono riferite come Salmo 113A e Salmo 113B.
  • inversamente, tagliano in due il 116, che diventa i Salmi 114 e 115 e il 147, che diventa i Salmi 146 e 147.

La Bibbia CEI 2008 segue la numerazione ebraica, mentre la Bibbia CEI 1971 e la Liturgia romana seguono la numerazione dei LXX e latina. Il riquadro laterale specifica la corrispondenza in termini più precisi.

Titoli

Nella maggior parte dei casi (eccetto 34) i salmi sono introdotti da un titolo, trascurato dalla Liturgia delle ore. Questi forniscono indicazioni come[7]:

  • autore, così ripartiti: 73 Davide (80 nei LXX e 82 nella Volgata); 12 Asaf;[8] 11 figli di Qorah-Core;[9] e a seguire 3 Idutun, 2 Salomone, 1 Eman, 1 Etan, 1 Mosè;
  • genere letterario: mizmòr, "salmo", 57 salmi; shir, "cantico", 30; maskìl, forse "composizione sapienziale", 13; siggaiòn, variamente reso con istruzione, confessione, lamento, 7; miktam, dal significato oscuro, 6; tefillàh, preghiera, 5; tehillàh (lo stesso termine che indica l'intero libro, tehillìm), "lode", 1;
  • melodia: possono essere indicati gli strumenti musicali (flauti, strumenti a corda, ecc.), oppure l'aria ("cerva dell'aurora", "i gigli", "non distruggere") ma alcuni termini ci sono oscuri: p. es. la "ghittea" (o ghittita") può essere una speciale arpa della città di Gat, o una musica così chiamata, o un modo tipico di musicare;
  • uso liturgico: solennità, giorni, riti;
  • allusioni circostanziali: spesso sono riferite alle vicende della vita di Davide (p. es. 3, "Quando fuggiva davanti al figlio Assalonne; cfr. anche 7; 18; 34; 51; 52; 54; ecc).

Sezioni

La struttura del Salterio secondo la tradizione ebraica

La tradizione ebraica ha suddiviso il salterio in 5 parti, a imitazione del Pentateuco, a conclusione delle quali è stata redazionalmente inserita una breve dossologia ("Benedetto il Signore in eterno. Amen" e varianti). L'esame della ricorrenza del nome divino (YHWH o Elohim)[10] mostra in effetti l'omogeneità delle sezioni. A lato la struttura risultante.

Una diversa partizione, basata sul contenuto dei salmi, è la seguente:[11]

Autori e data

Davide detta i salmi, placca d'avorio, Francia, X-XI secolo

La maggior parte dei salmi riporta nel titolo l'indicazione dell'autore (cfr. sopra), tutti riferibili (eccetto il 90 di Mosè) agli inizi dell'epoca monarchica (XI-X secolo a.C.). Dato che Davide è l'autore più ricorrente (circa la metà dei salmi) e dato che nei titoli sono citati anche episodi della sua vita (cfr. sopra, titoli) e che altri passi dell'Antico Testamento lo definiscono come musico e suonatore di cetra (Am 6,5 ; 16,16-18; 1,19-27; 3,33-34; 6,5-16; 23,1; 13;16;25; 47,8-10), la tradizione ha visto in Davide non solo l'autore di tutti i salmi che portano il suo nome, ma dell'intero salterio. Anche gli scrittori del Nuovo Testamento, citando questo o quel salmo sotto il nome di Davide (p. es. At 1,16 ), si conformano all'opinione del loro tempo. L'attribuzione a Davide è ripresa anche dal Corano[12].

È però ipotizzabile che i titoli dei salmi non volessero designare gli autori dei singoli componimenti. La formula ebraica usata (il lamed auctoris, p. es. ledavìd) può indicare l'autore del testo ("di Davide"), ma anche stabilire una certa relazione del salmo con il personaggio nominato ("circa Davide", o "per il maestro del coro"), sia a causa della convenienza del tema sia perché il salmo apparteneva a una raccolta messa sotto il suo nome. I salmi "ai figli di Core" potevano così appartenere al repertorio di questa famiglia di cantori, come i numerosi salmi "al maestro del coro" (4; 5; 6; 8; ecc.) erano brani che venivano eseguiti dal coro del tempio. Lo stesso è ipotizzabile per la raccolta di Asaf, il capo dei leviti cantori (1Cr 16,4-5 ).

Oggi gli esegeti ipotizzano un processo redazionale lungo e complesso, non limitato all'epoca del primo tempio.

Esistettero dapprima raccolte parziali. Il Salmo 72 (che il titolo peraltro attribuisce a Salomone) termina con la nota: Fine delle preghiere di Davide, sebbene ci siano salmi non davidici prima di esso e altri salmi davidici dopo di esso. Di fatto ci sono due primi gruppi davidici, 3-41 e 51-72, attribuiti individualmente a Davide, salvo l'ultimo (Salomone) e quattro salmi anonimi. Altre raccolte analoghe sono dovute esistere dapprima a parte: il salterio di Asaf, quello dei figli di Core, quello delle ascensioni (120-134), quello dello Hallel (105-107; 111-118; 135; 136; 146-150). La coesistenza di più raccolte può essere ipotizzata dai salmi che si ripetono, quasi senza varianti (cfr. sopra).

L'attività di redattori multipli risulta anche dall'uso dei nomi divini (cfr. sopra): "YHWH" (Signore) è usato in maniera quasi esclusiva in 1-41 (primo gruppo davidico); "Elohim" (Dio) lo sostituisce in 42-89 (che comprendono il secondo gruppo davidico, una parte dei salmi dei figli di Core, il salterio di Asaf); tutto il seguito è "JHWHista", a eccezione di 108 che combina i due salmi "elohisti" 57 e 60. Questo secondo insieme "JHWHista", in cui molti salmi sono anonimi, in cui abbondano le ripetizioni e reminiscenze della letteratura anteriore, deve essere il più recente del salterio; ciò tuttavia non pregiudica la data di ogni salmo in particolare.

In base all'analisi del contenuto, è verosimile che molti salmi risalgano all'epoca monarchica, in particolare i salmi "regali"; ma il loro contenuto è troppo generico perché si possa fare più che qualche ipotesi sulla loro data precisa. Invece i salmi del regno di YHWH, carichi di reminiscenze di altri salmi e della seconda parte di Isaia, possono essere stati composti durante l'esilio; così anche i salmi che, come il 137, parlano della rovina di Gerusalemme e delle deportazioni. Il ritorno è cantato in 126. Il periodo che seguì sembra sia stato fecondo di composizioni di salmi: è il momento in cui il culto si sviluppa nel tempio restaurato, in cui i cantori crescono in dignità e sono messi sullo stesso piano dei leviti, in cui ugualmente i saggi adottano il genere dei salmi per diffondere il loro insegnamento, come farà il Siracide. Per alcuni salmi (44; 74; 79; 83) è ipotizzabile una datazione ancora più bassa, all'epoca ellenista o maccabaica.

In definitiva le proposte sono varie. Gli esegeti tedeschi dell'800 (come Wellhausen, Duhm) ipotizzavano la fissazione definitiva del salterio all'epoca maccabaica (II secolo a.C.). La scuola anglo-scandinava (Mowinckel, Schmidt, Weiser, Hooke) invece riportava quasi tutti i salmi all'epoca monarchica. Tale datazione antica è ipotizzabile anche sulla base della comparazione con testi religiosi precedenti (p. es., il Sal 29 è probabilmente l'adattamento yahwista di un inno a Baal). Il ritorno dall'esilio, attorno al VI-V secolo a.C., deve comunque aver rappresentato un momento importante per la redazione complessiva dei vari componimenti salmici, come per gli altri testi dell'Antico Testamento.

Forme letterarie dei salmi

Davide e il rotolo dei salmi, miniatura georgiana, XIII-XV secolo

Gunkel è stato il primo studioso a proporre una classificazione dei salmi sulla base del genere letterario. Questi non sono uniformi infatti quanto a stile, contenuto, finalità.[13]

La frontiera tra i generi può essere però imprecisa e accade spesso che essi si mescolino. Ci sono, per esempio, lamenti che succedono a una preghiera di fiducia (27; 31) o che sono seguiti da un canto di ringraziamento (28; 57). Il Sal 89 comincia come un inno, continua con un oracolo e termina con un lamento. Il Sal 119 è un inno alla legge, ma è anche un lamento individuale ed espone una dottrina sapienziale. Molti elementi, in sé estranei alla lirica, si sono quindi introdotti nel salterio. Si è fatto allusione ai temi sapienziali e si era già detto che si incontrano in certi salmi di ringraziamento. Possono prendere talvolta tanto spazio che si parla, assai impropriamente, di salmi didattici. Di fatto i Salmi 1; 112; 127 sono semplici composizioni sapienziali. Ma altri salmi ritengono anche certi caratteri del genere lirico: 25 si collega ai lamenti; 32; 37; 73 ai ringraziamenti, ecc.

Altri salmi hanno accolto oracoli o non sono che oracoli sviluppati; così 2; 50; 75; 81; 82; 85; 95; 110.

Inni

Così Sal 8; 19; 29; 33; 46-48; 76; 84; 87; 93; 96-100; 103-106; 113; 114; 117; 122; 135; 136; 145-150 . La loro struttura è abbastanza costante. Ognuno inizia con una esortazione a lodare Dio. Il corpo dell'inno specifica i motivi di questa lode: i prodigi compiuti da Dio nella natura, specialmente la sua opera creatrice e nella storia, particolarmente la salvezza accordata al suo popolo. La conclusione riprende la formula di introduzione o esprime una preghiera.

In questo insieme, si possono isolare, in base al tema trattato, tre gruppi di inni:

Suppliche

A differenza degli inni, le suppliche (o salmi di sofferenza o lamenti) non cantano la gloria di Dio, ma si rivolgono a lui.

Generalmente cominciano con una invocazione, che si sdoppia in un grido d'aiuto, in una preghiera o in un'espressione di fiducia. Nel corpo del salmo, si cerca di commuovere Dio dipingendogli la triste situazione dei supplicanti, con metafore molto tradizionali che solo raramente permettono di determinare le circostanze storiche o concrete della preghiera: si parla delle acque dell'abisso, degli agguati della morte o dello sheol, di nemici o di bestie (cani, leoni, tori) che minacciano o lacerano, di ossa che inaridiscono o si spezzano, del cuore che palpita e si spaventa. Ci sono proteste di innocenza (7; 17; 26) e confessioni di peccati come il Miserere (51) e altri salmi di penitenza. Si richiamano a Dio i suoi benefici antichi o gli si rimprovera di apparire smemorato o assente (così 9-10; 22; 44). Ma si afferma anche la fiducia che si conserva in lui (3; 5; 42-43; 55-57; 63; 130; ecc.); talvolta il salmo di domanda non è che un lungo appello pieno di fiducia (4; 11; 16; 23, 62; 91; 121; 125; 131). Spesso, la supplica finisce e in maniera talvolta brusca, con la certezza che la preghiera è esaudita e con un ringraziamento (così 6; 22; 69; 140).

Le suppliche possono essere:

Collettive-comunitarie

Sono i salmi 12; 44; 60; 74; 79; 80; 83; 85; 106; 123; 129; 137. La loro occasione è un disastro nazionale, una disfatta, una distruzione o un'indigenza comune: si domanda allora la salvezza e la restaurazione del popolo. I salmi 74 e 137 riflettono, come la raccolta delle Lamentazioni attribuite a Geremia, le conseguenze della rovina di Gerusalemme nel 587 a.C.; il Sal 85 esprime i sentimenti dei rimpatriati. Il Sal 106 è una confessione generale delle colpe della nazione;

Individuali-personali

Sono i salmi 3; 5-7; 13; 17; 22; 25; 26; 28; 31; 35; 38; 42-43; 51; 54-57; 59; 63; 64; 69-71; 77; 86; 102; 120; 130; 140-143. Queste preghiere sono particolarmente numerose e il loro contenuto è molto vario: oltre i pericoli di morte, le persecuzioni, l'esilio e la vecchiaia, i mali da cui esse domandano la liberazione sono specialmente la malattia, la calunnia e il peccato. I nemici, coloro che fanno male, di cui ci si lamenta e contro i quali ci si adira, sono mal definiti. In ogni caso, non sono, come alcuni hanno pensato, fattucchieridi cui questi salmi combatterebbero i malefici. Questi poemi non sono, come si sosteneva da qualcuno, l'espressione al singolare dell'"io" collettivo. Non possono nemmeno, come si è proposto recentemente, essere messi tutti sulla bocca del re che parla in nome del popolo. Queste preghiere sono troppo individuali nel tono, e, insieme, troppo prive di allusioni alla persona e alla condizione particolare del re, perché teorie del genere siano verosimili. È forse vero che parecchie sono state adattate e utilizzate come lamenti nazionali, così 22; 28; 59; 69; 71; 102; è vero anche che ci sono salmi regali, di cui riparleremo; è vero infine che queste preghiere con il tempo sono entrate tutte nell'uso della comunità (ciò significa la loro inclusione nel salterio); ma rimane che esse sono state composte per individui determinati, o da individui determinati, in un bisogno particolare. Esse sono grida dell'anima, espressione di una fede personale. Difatti non sono mai semplici lamenti sui mali della vita: sono invocazioni fiduciose a Dio che può aiutare nelle difficoltà.

Ringraziamenti

Le suppliche possono concludersi con un ringraziamento a Dio che esaudisce la preghiera. Questo ringraziamento può diventare la parte essenziale del poema nei salmi di ringraziamento, che sono del resto poco numerosi (18; 21; 30; 33; 34; 40; 65-68; 92; 116; 118; 124; 129; 138; 144). Sono collettivi o individuali. Il popolo ringrazia per la liberazione da un pericolo, per l'abbondanza dei raccolti, per i benefici concessi al re. In certi casi il salmista, dopo il richiamo dei mali sopportati e della preghiera esaudita, esprime sentimenti di riconoscenza ed esorta i fedeli a lodare insieme Dio. Questa ultima parte è spesso l'occasione per introdurre temi didattici. La struttura letteraria dei salmi di ringraziamento è vicina a quella degli inni.

Salmi regali

C'è disseminato nel salterio e appartenente a generi diversi, un certo numero di canti "regali". Ci sono oracoli in favore del re (2 e 110), preghiere per il re (20; 61; 72), un ringraziamento per il re (21), preghiere del re (18; 28; 63; 101), un canto regale di processione (132), un inno regale (144), perfino un epitalamio per un matrimonio principesco (45). Sono poemi antichi, che datano dall'epoca monarchica e riflettono il linguaggio e il cerimoniale della corte. Nella loro composizione originale, sembra che parlino di un re della loro epoca. I salmi 2; 72; 110 possono essere stati salmi di intronizzazione. Il re è detto figlio adottivo di Dio; il suo regno sarà senza fine; la sua potenza si estenderà fino all'estremità della terra; farà trionfare la potenza e la giustizia; sarà il salvatore del suo popolo. Simili espressioni possono sembrare esagerate, ma non oltrepassano ciò che i popoli vicini dicevano del loro sovrano e ciò che Israele sperava del suo.

In Israele, però, il re riceve l'unzione che fa di lui il vassallo di YHWH, il suo rappresentante sulla terra. Egli è l'unto di YHWH, in ebraico il "Messia"; e questo rapporto religioso, contratto con Dio, specifica la concezione israelita della regalità e la differenzia da quelle attestate in Egitto o in Mesopotamia, nonostante l'uso di una fraseologia comune. Il "messianismo regale", che inizia con la profezia di Natan (2Sam 7 ), viene ripreso e sviluppato dai salmi 89 e 132 e più ancora nei salmi 2; 72; 110. Questi salmi alimentavano la speranza del popolo nelle promesse che Dio aveva fatte alla dinastia di Davide. Se si definisce il messianismo come l'attesa di un re futuro, di un ultimo re che potrebbe apportare la salvezza definitiva e instaurare il regno di Dio sulla terra, nessuno di questi salmi sarebbe propriamente "messianico". Ma alcuni di questi antichi canti regali continuano a essere utilizzati anche dopo la caduta della monarchia e, venendo incorporati nel salterio, forse con ritocchi o aggiunte, hanno nutrito l'attesa di un Messia individuale, discendente di Davide. Questa speranza era viva tra i giudei alla vigilia della venuta di Cristo; i cristiani poi ne hanno visto la realizzazione in Gesù di Nazareth, detto appunto il Cristo, che in greco significa unto, come messia in ebraico.

Il Sal 110 sarà il testo del salterio più spesso citato nel Nuovo Testamento. Anche il canto nuziale del Sal 45 vuole esprimere l'unione del Messia con il nuovo Israele, nella linea delle allegorie matrimoniali dei profeti, ed è applicato al Cristo da Eb 1,8 . Nella stessa prospettiva, il Nuovo Testamento e la tradizione cristiana applicano al Cristo altri salmi che non erano regali ma anticipavano in qualche modo lo stato e i sentimenti del Messia, il giusto per eccellenza; così 16 e 22 e certi passi di numerosi salmi, in particolare dei salmi 8; 35; 40; 41; 68; 69; 97; 102; 118; 119. Ugualmente, i salmi del regno di YHWH sono stati messi in rapporto con il regno di Cristo. Anche se queste applicazioni oltrepassano il senso letterale, restano legittime perché tutte le speranze che animano il salterio sono realizzate pienamente solo dalla venuta sulla terra del Figlio di Dio.

Salmi liturgici

L'intero salterio è divenuto fondamento della liturgia ebraica e cristiana, ma alcuni salmi sono più direttamente finalizzati alla liturgia. Tra questi:

  • salmi d'ingresso (15; 24); definiscono le condizioni di accesso al tempio da parte del fedele; hanno un significato affine all'atto penitenziale della nostra Messa;
  • salmi requisitoria (50; 58; 75; 82; 95); presentano la struttura della rib, la "contesa giudiziaria"; forse erano associate a cerimonie di rinnovamento dell'alleanza;
  • salmi di pellegrinaggio, o ascensioni, o graduali (120-134). A uso dei pellegrini diretti a Gerusalemme.

Salmi sapienziali

La sapienza ebraica (hokmah) abbraccia tutti i settori dell'esistenza umana e i salmi sapienziali rappresentano così una delimitazione particolarmente fluida, dato che molti componimenti contengono temi sociali, etici, filosofici, catechistici. Lo stile dei salmi sapienziali è tendenzialmente caratterizzato da aforismi brevi e incisivi. Esempi sono presenti circa la teodicea (37; 49; 73), l'elogio della fraternità (133) o della legge, come il monumentale 119[14].

Salmi storici

Questo genere di salmi può essere facilmente "smistato" in altre categorie, in particolare inni e sapienziali, ma rispecchia comunque il fatto che il credo ebraico non è vincolato a tesi e dogmi astratti ma al concreto divenire della storia, dove si manifesta (in particolare nell'esodo) l'intervento di Dio. Ne sono esempio i salmi 78; 111; 114; 135.

Simbolismo

I brani dei salmi sono poetici e fanno amplissimo ricorso a immagini e simboli. Ravasi, riprendendo Durand e Monloubou, ipotizza la seguente struttura simbolica:[15]

Teologia

Non è facile identificare una chiara teologia nella varietà dei salmi, diversi per epoche e contesti di composizione e generi letterari. Calvino, quanto solo all'aspetto antropologico, scriveva:

« Sono solito definire questo libro un'anatomia di tutte le parti dell'anima, poiché non c'è sentimento nell'uomo che non sia qui rappresentato come in uno specchio. Anzi, per meglio dire, lo Spirito Santo ha messo qui, al vivo, tutti i dolori, tristezze, timori, dubbi, speranze, preoccupazioni, perplessità, fino alle più confuse emozioni da cui l'ultimo degli uomini è abitualmente agitato. »
(Commento ai salmi, cit. da Ravasi, 17)

Questa la sintesi del messaggio teologico tracciata da Ravasi:

« In tutti i commentari del salterio si confessa l'impotenza a ricostruire una compatta teologia salmica. Molti sono gli ostacoli che si frappongono a tale operazione: la diversità delle coordinate delle singole composizioni, le reinterpretazioni subite prima di cristallizzarsi nell'attuale testo canonico, la fluidità dei generi letterari" (20). Tuttavia è possibile trovare un tema comune: "Il salterio è soprattutto la celebrazione di una relazione [tra uomo e Dio]. La sigla più significativa potrebbe essere il celebre vocabolo dell'alleanza, hèsed, che risuona almeno un centinaio di volte nel salterio [...], che scandisce antifonalmente il grande Hallel (Sal 136 ) e che copre un'area semantica vasta di tipo personalistico (amore, fedeltà, intimità, misericordia, grazia). Una relazione che è celebrata anche attraverso il motivo del "ricordo" di Dio che ricorre una trentina di volte (ad es. Sal 118,3 ). Il "ricordarsi" di Dio è l'atto fondamentale dell'alleanza: "ricorda sempre la sua alleanza" (Sal 105,8 ). È un ricordo efficace incarnato nelle azioni salvifiche storiche (Sal 78,4-5; 105,1 ) e cosmiche (Sal 19; 104 ) [...]. È una relazione che talora è incarnata anche nella torah, la legge, cantata con una costellazione di sinonimi nel monumentale Sal 119 [...]. La teologia del salterio è, quindi, una celebrazione della mistica e della spiritualità. [...] La vita del fedele sfocia nel grigiore dello sheol o del nulla, oppure si apre a una perfetta comunione con Dio dopo la morte? [...] Certo, lo schema dominante resta ancora quello piuttosto negativo dello sheol [...] in cui l'esistenza è spettrale e senza consistenza [... Tuttavia] si apre una tappa di speranza orientata verso una beatitudine piena con Dio, coronamento di quella già gustata nel culto (Sal 73,25-28 ). L'espressione di questa speranza [...] in alcuni casi sembra più esplicita, come nel Sal 16 che è un'esaltazione dell'intimità indistruttibile che lega il fedele al suo Dio (At 2,27 » (Ravasi, 21-23)

Adempimenti cristologici

Davide con la cetra, miniatura, Baviera, VIII secolo

Il Nuovo Testamento ha operato una rilettura dei salmi in chiave cristologica e sul suo esempio la tradizione cristiana scorge in diversi salmi la prefigurazione della venuta di Gesù. Già San Girolamo affermava che Davide "è la lira che canta Cristo"[16].

Nel NT i salmi più citati,[17] in maniera esplicita o con allusioni, sono i salmi Sal 2 e Sal 110 (originariamente componimenti per l'intronizzazione del re), il Sal 22 come prefigurazione della passione di Gesù e il Sal 8 , che esalta l'uomo nel creato. Questi i passi specifici:

Uso liturgico

Nell'Ebraismo

Salterio è la raccolta dei canti religiosi di Israele. Sappiamo, d'altra parte, che cantori figuravano tra il personale del tempio e, sebbene essi siano esplicitamente menzionati solo dopo l'esilio, è certo che sono esistiti dall'inizio. Si celebravano le feste di YHWH con danze e cori (Gdc 21,19-21 ; 2Sam 6,5.16 ). Secondo Am 5,23 , i sacrifici erano accompagnati da canti e il palazzo reale aveva i suoi cantori sotto Davide (2Sam 19,36 ) e sotto Ezechia. Come testimoniato dagli annali di Sennàcherib, anche il tempio di Salomone dovette avere i suoi cantori, come tutti grandi santuari orientali. Infatti, salmi sono attribuiti ad Asaf, ai figli di Core, a Eman e a Etan (o Jedutun), che sono tutti cantori del tempio preesilico secondo le Cronache. La tradizione, che attribuisce a Davide molti salmi, fa risalire a lui anche l'organizzazione del culto, compresi i cantori (1Cr 25 ), concordano in questo con i testi antichi, nei quali appunto si parla di Davide che danza e canta davanti a YHWH (2Sam 6,5.16 ). Testimonianze di uso rituale dei salmi nel secondo tempio, ricostruito dopo l'esilio, si trovano in Esd 3,10-11 ; 11,17.

Molti salmi portano indicazioni musicali o liturgiche. Certi si riferiscono a riti che vengono come accompagnati nel loro svolgimento (20; 26; 27; 66; 81; 107; 116; 134; 135). Questi e altri (48; 65; 95; 96; 118) erano evidentemente recitati nel recinto del tempio. I "Cantici delle ascensioni" (120-134 e anche 84) erano canti di pellegrinaggio al santuario. Questi esempi, scelti tra i più chiari, bastano a mostrare che numerosi salmi, perfino salmi individuali, sono stati composti per il servizio del tempio. Altri, se non avevano principalmente questa destinazione, vi sono stati almeno adattati, per esempio con l'aggiunta di benedizioni (125; 128; 129).

Il rapporto dei salmi con il culto e il carattere liturgico del salterio preso nel suo insieme sono innegabili. Ma ci mancano generalmente le informazioni per determinare la cerimonia o la festa nel corso delle quali tali salmi erano utilizzati. Il titolo ebraico del Sal 92 lo destina al giorno del sabato; i titoli greci dei salmi 24; 48; 93; 94 li ripartiscono in altri giorni della settimana. Il Sal 30 serviva alla festa della dedicazione, secondo l'ebraico e il 29 era cantato alla festa delle capanne, secondo il greco. Queste indicazioni non sono forse primitive ma, come le determinazioni molto dettagliate che furono fatte nell'epoca giudaica, testimoniano che il salterio fu il libro di canto del tempio e delle sinagoghe, prima di diventarlo della chiesa cristiana.

Nel Cristianesimo

Oltre che preghiere ufficiali dell'ebraismo, i salmi sono stati recitati da nostro Signore e dalla Vergine, dagli apostoli e dai primi martiri. Accenni all'uso liturgico dei salmi sono presenti anche nel Nuovo Testamento (Ef 5,19; Col 3,16; Gc 5,13), oltre all'uso kerigmatico come prefigurazione di Cristo, cfr. sopra. La chiesa cristiana ne ha quindi fatto la sua preghiera ufficiale, che con la Liturgia delle ore ha scandito per secoli la vita quotidiana di cattedrali, monasteri, conventi. Agostino affermava: Psalterium meum, gaudium meum! ("Il mio salterio [è] la mia gioia!")[18] Anche Lutero scriveva: "Ogni cristiano che voglia pregare e raccogliersi dovrebbe servirsi del salterio"[19]. Il Concilio Vaticano II ha definito il salterio è mirabiles precum thesauri, "mirabile tesoro di preghiere"[20].

Queste grida di lode, di supplica o di ringraziamento, anche se strappate ai salmisti in circostanze tipiche della loro epoca e della loro esperienza personale, hanno una risonanza universale, poiché esprimono l'atteggiamento che ogni uomo deve avere di fronte a Dio. Senza modificarne le parole, ma con un considerevole arricchimento del senso, nella nuova alleanza, il fedele loda e ringrazia Dio che gli ha rivelato il segreto della sua vita intima, che l'ha riscattato con il sangue del suo Figlio, che gli ha infuso il suo Spirito, e, nella recita liturgica, ogni salmo termina con la dossologia trinitaria del Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto ("Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo"). Le suppliche antiche diventano più ardenti dopo che la cena, la croce e la risurrezione hanno insegnato all'uomo l'amore infinito di Dio, l'universalità e la gravità del peccato, la gloria promessa ai giusti. Le speranze cantate dai salmisti si realizzano; il Messia è venuto; egli regna in Israele e tutte le nazioni sono chiamate a lodarlo.

La riforma liturgica seguente al Concilio Vaticano II ha censurato alcuni passi dei cosiddetti "salmi imprecatori", caratterizzati da scene di violenza tribali e militari (p. es. Sal 137,9 ) che erano dolorosa parte integrante della vita e della storia dell'antico vicino oriente, ma che male si adattano alla sensibilità e alla spiritualità contemporanea.[21]

Fortuna

Nella Tradizione ebraica

Numerosi sono i commenti realizzati da rabbini, spesso in chiave mistica o allegorica: Josef ibn Abithur, Abraham ben Meir Ibn Ezra di Toledo, Ibn Gabirol, Rashì, David Qimhi, Maimonide, Ben Shelomoh Meirì, Ben Abbà Marì.

Nella spiritualità e teologia cristiana

Numerosi sono stati i trattati teologici, esegetici e omiletici prodotti sui salmi nella tradizione cristiana.[22] Nei padri della Chiesa, tra gli esponenti della scuola alessandrina, di tendenza allegorizzante, si segnala Sant'Atanasio.[23] La scuola antiochena, più letteralista, è rappresentata da San Giovanni Crisostomo[24] e da Teodoreto di Ciro[25] La scuola cappadoce, più spiritualista, è rappresentata da Basilio.[26] Nell'occidente latino, che risente della metodologia allegorica alessandrina, si segnalano Sant'Ambrogio[27] e Sant'Agostino,[28] l'unico padre che ha commentato l'intero salterio.

Nel medioevo si segnalano Pietro Lombardo[29] e San Tommaso d'Aquino.[30]

Nel periodo della Riforma protestante si sono dedicati ai salmi Lutero, con la sua versione in tedesco e con un commentario (1525) e Calvino; entrambi dipendono molto dall'esegesi medievale e patristica. In campo cattolico si segnalano Bellarmino con l'opera In omnes Psalmos dilucida expositio del 1611 e, in seguito, Bousset e Calmet.

A partire dal '700 appaiono i primi tentativi di esegesi storico-critica: Herder, Michaelis, Wette (che tenta un raggruppamento dei salmi), Ewald, Delitzsch, Wellhausen, Duhm.

Nel '900 la ricerca esegetica decolla anche per i salmi. Gunkel (1926; 1928-1933) distingue tra salmi pre-esilici ed esilici, distinguendoli anche tra ipotetico uso pubblico-liturgico e privato. Una corrente particolarmente forte nel secolo scorso, quella cultuale o rituale, ha esaminato in particolare i paralleli con la letteratura extrabiblica, contestualizzando l'uso dei salmi al culto del tempio. Così in particolare Volz, Mowinckel, Hooke. Altri esegeti che hanno fornito un utile contributo alla comprensione del salterio sono stati Kraus, Westermann, Becker, Dahood.

Riadattamenti poetici

I testi dei salmi rappresentano componimenti poetici, oltre che antichi, di rara bellezza. Keller, il giornalista di La Bibbia aveva ragione, ha definito Davide il nobel della letteratura del suo tempo.

Nei tempi recenti vi sono state molteplici edizioni letterarie (parziali o integrali) dei salmi, talvolta attente a rendente il testo ebraico, talvolta tese invece a riprodurre fluidamente immagini e sensi nella lingua di destinazione. Si segnalano: (Cfr. Ravasi, 39-40) Corneille, Bousset, Claudel, Tommaseo, Cardenal, Bonhoeffer, Guardini, Ebeling, Doherty, Chouraqui, Turoldo, Milosz, Rousse, Santucci.

Riadattamenti musicali

I salmi erano prevalentemente composizioni musicali, accompagnati da appositi strumenti. Alcuni titoli forniscono informazioni sugli strumenti e sulle arie di accompagnamento, ma queste sono andate perdute.

Lungo i secoli successivi la tradizione cristiana ha riarrangiato i testi salmici sulla base di nuove musiche, che hanno arricchito la tradizione occidentale.

Tutti i compositori di musica sacra si sono cimentati con le partiture dei salmi. Nella secolare produzione musicale classica si segnalano[31]: Paul Gerhardt, Monteverdi, Vivaldi, Mozart, Orlando di Lasso, Andrea Gabrieli, Henri Pousseur, Benedetto Marcello, Francesco Durante, Mendelssohn, Liszt, César Frank, Bruckner, Brahms, Albert Roussel, Schönberg, Strawinski, Zoltan Kodaly, Arthur Honegger, [Ernest Bloch|Bloch]], Bernstein, Penderecki, Bach.

In epoca contemporanea sono numerosi i riadattamenti realizzati e usati nelle parrocchie per la liturgia e la pastorale.

Note
  1. Dal greco psaltêrion. Salterio è propriamente lo strumento a corde che accompagnava i canti, i salmi. Il termine ha oggi anche un'accezione specificamente liturgica: nella Liturgia delle Ore di Rito Romano indica il ciclo di quattro settimane in cui sono ripartiti i 150 Salmi per la recita nelle varie Ore del giorno.
  2. Cfr. Ravasi, 35-36.
  3. Cumming, Falkenstein, von Soden, Widengren, Castellino, Romer, Eaton
  4. Ravasi, 38-39.
  5. Cfr. Ravasi, 36-37, al quale si rimanda per i passi esemplificativi.
  6. In questo caso quanto effettuato corrisponde probabilmente alla situazione più antica del testo ebraico: in origine doveva trattarsi di un solo Salmo, poiché i versetti di entrambi i Salmi dell'ebraico sono preceduti da una lettera dell'alfabeto (si parla di Salmo alfabetico) e la numerazione continua da un salmo all'altro.
  7. Cfr. Ravasi, 15.
  8. 50 e 73-83.
  9. 42-49; 84; 85; 87; 88.
  10. Cfr. Ravasi, 16.
  11. Ravasi, 14-15.
  12. Sura 4,163: "A Davide demmo i salmi", cfr. anche 34,10; 38,18-20).
  13. Cfr. Ravasi, 46-65.
  14. Il 119 è alfabetico, come anche i salmi 9-10; 25; 37; 111; 112; 145.
  15. Ravasi, 32-34, al quale si rimanda per i singoli passi.
  16. PL 22,547.
  17. Per una dettagliata sincronia tra Salmi e Nuovo Testamento cfr. Ravasi, 26-27.
  18. Enarrationes super Psalmos 137; PL 37,1775.
  19. Prefazione al salterio (1531)
  20. Dei Verbum 15.
  21. Per un elenco dei passi "censurati" cfr. Ravasi, 28: Sal 5,5-7,11; 17,13-14; 18,38-43; 35,8.26; 40,15-16; 52,7-8; 58,7-11; 59,6.12-14; 69,22-29; 79,10-12; 83,14-19; 94,1.2.23; 109,6-20; 120,3-4; 129,5-6; 137,8-9; 140,10-12 .
  22. Cfr. Ravasi, 41-42.
  23. Expositio in Psalmos, PG 27,59-546.
  24. Omelie, PG 55,33-498.
  25. Commento, PG 80,867-1998.
  26. Omelie, PG 29,209-494.
  27. Enarrationes in Psalmos Davidicos, PL 15,1197-1526.
  28. Enarrationes in Psalmos, PL 36-37.
  29. Commentarius in Psalmos davidicos, PL 191, 55-1296.
  30. Expositio in Psalmos Davidis, opera omnia Vivès, vol. 13, 228-556.
  31. Cfr. Ravasi, 29-30.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni