Fratelli di Gesù
Nel Nuovo Testamento e in alcuni scritti di autori cristiani successivi sono presenti diversi accenni a "fratelli di Gesù" (Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda) e "sorelle" (anonime).
Data la sporadicità degli accenni del Nuovo Testamento e la polisemia del termine "fratello" nelle lingue semitiche sono state proposte diverse interpretazioni:
- fratellastri, figli di un matrimonio precedente di Giuseppe (tradizione ortodossa);
- fratelli di sangue, figli di Maria e di Giuseppe (tradizione protestante recente);
- cugini di Gesù (tradizione cattolica e primi riformatori).
La questione dunque, se limitata all'esame del solo Nuovo Testamento, non può trovare una soluzione certa. Se però si estende l'esame alle fonti storiche extra-bibliche, tralasciando l'apocrifo e leggendario Protovangelo di Giacomo, l'unica opzione possibile è l'interpretazione come cugini: Egesippo (metà II secolo) afferma, dopo aver parlato di Giacomo "fratello" di Gesù, che Simone era "ancora figlio di Clopa, zio del Signore" e "secondo cugino del Signore", intendendo implicitamente Giacomo come "figlio di Clopa" e "cugino del Signore" (cit. in Eusebio, SE 4,22,4).
Premessa: "fratello" nella Bibbia
Il termine 'fratello' e derivati è largamente usato nella Bibbia e non sempre con lo stesso significato.
Testo masoretico
Nei 39 libri che compongono il testo masoretico, detto anche Antico Testamento ebraico, il termine ebraico e aramaico אח ('ah, si veda l'omofono e omologo arabo ﺍﺥ e siriaco ܐܚ) compare 635 volte, includendo i derivati (plurale, stato costrutto singolare e plurale, forma con suffisso pronominale). Secondo il Lexicon Hebraicum et aramaicum veteris testamenti dello Zorell, pietra miliare dello studio dell'ebraico biblico, il termine ampiamente polisemico può avere 17 significati diversi[1]. In particolare:
- "fratello", cioè figlio degli stessi genitori: ad esempio Caino e Abele (Gen 4,1-2 ); Esaù e Giacobbe (Gen 25,24-26 , dove si tratta propriamente di gemelli); Mosè, Aronne e Miriam (Nm 26,59 );
- "fratellastro", cioè fratello dello stesso padre ma madre diversa: ad esempio i dodici figli che Giacobbe ebbe da quattro donne diverse (Gen 35,22-26; 37,4; 42,3; 42,4; 42,13 );
- "parente" o "cugino", cioè generico appartenente alla cerchia familiare (cugino di vario grado, nipote = figlio del fratello): ad esempio Abramo chiamava 'fratello' suo nipote Lot, figlio del fratello Aran (Gen 11,27; 13,8; 14,14.16 ), e lo stesso dicasi per Labano verso suo nipote Giacobbe (Gen 29,15 ), figlio di sua sorella Rebecca (24,29). In 1Cr 23,21-22 il termine 'fratelli' viene usato per indicare i figli del fratello del padre, cioè i cugini di primo grado; in Lev 10,4 indica i figli del cugino di primo grado;
- "membro di una stessa tribù", intendendo con tribù i 12 raggruppamenti etnici relativi ai figli di Giacobbe-Israele: p.es. Nm 8,26 ; 2Sam 19,11-13 );
- "amico" o "alleato", in particolare nei momenti avversi: ad esempio 2Sam 1,26 ; 1Re 9,13 ; Pr 17,17 ;
- "collega", cioè individuo accomunato da un medesimo incarico di tipo religioso, civile, militare: ad esempio 2Cr 31,15 ; 1Re 20,32 ; 1Sam 30,23 ;
- "prossimo", cioè individuo di pari grado sociale verso il quale si hanno precisi obblighi morali: ad esempio Ger 9,3 ; Ez 47,14 ;
- "compagno nella fede", significato che nella successiva tradizione cristiana darà origine al termine 'frate': ad esempio Dt 1,16 ; Sal 133,1; 132,1 ).
Greco classico
Nel greco classico precristiano (vedi Liddell-Scott), lingua più complessa ed articolata dell'ebraico biblico, il termine αδελφός (adelfós) e derivati (in particolare il femminile αδελφή, adelfé, sorella) occupa un campo semantico limitato, indicando solitamente i figli della stessa madre o comunque degli stessi genitori. La parola deriva da δελφύς (delfús, utero) preceduto da α copulativa, quindi letteralmente "con-uterino", "figlio dello stesso utero". Il termine è applicato fuori dall'immediata sfera familiare (per esempio nelle intestazioni delle lettere) con intento elogiativo o iperbolico.
Tuttavia due papiri egiziani scritti in greco tra fine II - inizio I secolo a.C. testimoniano un campo più allargato del termine "fratello" all'interno della cosiddetta koiné ("comune"), cioè la parlata greca diffusa nel bacino mediterraneo in epoca imperiale (Collins, 1944). In particolare, in un papiro (London. Inv. 2850 col. II 15) il termine è usato per indicare un nipote (di zio), e in un altro (Adler Gr. 7) per indicare il figlio del nipote.
Settanta
Va evidenziato che tale accezione semantica ristretta del termine adelfós e derivati propria del greco classico non va applicata in toto ai successivi testi redatti in greco di matrice semita, in primis la Settanta (o LXX, traduzione greca del testo masoretico più altri scritti, detti deuterocanonici, realizzata tra III e I secolo a.C.) e soprattutto il Nuovo Testamento. In tali opere infatti il testo è impregnato di semitismi, vale a dire particolari fenomeni sintattici, linguistici, morfologici propri delle lingue semitiche (ebraico e aramaico), ma estranei alla lingua greca. Si potrebbe dire che gli scrittori della Settanta e del Nuovo Testamento hanno implementato, con lettere e parole greche, frasi e significati semitici.
Come esempi dei vari significati del termine adelfòs nella LXX, che compare 926 volte al maschile e 122 al femminile, possono essere pertanto esaminati gli stessi loci esemplificativi indicati a proposito del testo masoretico, in quanto nei restanti libri deuterocanonici il termine non si colora di altre sfumature particolari. Nello specifico:
- in Gen 13,8 Abramo dice al nipote (figlio del fratello) Lot: "noi siamo fratelli (adelfòi)", e in 14,14 Lot viene detto "fratello di lui";
- in Gen 29,15 Labano dice al nipote Giacobbe "sei mio fratello";
- in 1Cr 23,22 il termine 'fratelli' viene usato per indicare i figli del fratello del padre, cioè i cugini di primo grado;
- in Lev 10,4 'fratelli' indica i figli del cugino di primo grado (cioè i cugini di secondo grado).
Nuovo Testamento
I 27 libri del Nuovo Testamento, al pari della LXX, sono scritti in un greco ellenistico caratterizzato da numerosi semitismi. In essi il termine adelfòs e derivati compare 343 volte, il femminile adelfè 26 volte.
Circa il significato che tale parola riveste nei vari contesti occorre, come visto anche per la LXX, tenere conto della polisemia che caratterizza il termine semitico. In particolare può indicare:
- "fratello" in senso proprio, figli degli stessi genitori: ad esempio i fratelli Giacomo e Giovanni sono figli di Zebedeo con la stessa madre (Mt 4,21; 27,56 );
- "fratellastro", avendo un solo genitore in comune: ad esempio in Mt 1,2 Giacobbe è detto padre di Giuda e dei sui fratelli, alcuni dei quali (sei su tredici) erano figli di altre mogli di Giacobbe; Erode Antipa è detto fratello di Filippo (Mt 14,3 ; Lc 3,1 ), ed entrambi erano figli di Erode il Grande ma con mogli diverse (rispettivamente con Maltace e Cleopatra di Gerusalemme);
- "parente" o "cugino": nel Nuovo Testamento non si trova alcun esempio che possa essere chiaramente ed esplicitamente ricondotto a tale significato, come avviene ad esempio nel caso di Abramo e Lot nella LXX che sono esplicitamente descritti come 'fratelli' (Gen 13,8 nonostante la parentela sia indiretta 11,27). Secondo l'interpretazione cattolica, nel Nuovo Testamento un esempio implicito è presente in Gv 19,25 , dove è menzionata la presenza sotto la croce della "madre di Gesù e la sorella (αδελφή) della madre di lui Maria di Cleofa e Maria Maddalena". Essendo improbabile che due sorelle si chiamassero entrambe Maria, per quanto il nome fosse diffusissimo all'epoca, ne deriverebbe che fossero appunto 'parenti' o 'cugine';
- "discepolo" diretto di Gesù, tra cui anche gli apostoli: p.es. Mt 23,8;25,40;28,10 ; Gv 20,17 . In alcuni passi (Gv 2,12;7,3 ; At 1,13-14 ) il termine 'fratelli' è chiaramente distinto dai 'discepoli' (μαθητάι, mathetài);
- "credente" in generale: vedi ad esempio Mt 5,22-24;7,3-5;12,48-50 ; At 15,23;17,6 ; Gal 6,18 ; Eb 2,17 ; 1Pt 2,17;5,9 }}.
Altri termini
Oltre al termine "fratelli" nel greco del Nuovo Testamento sono presenti anche altri termini indicanti legami di parentela di vario tipo:
- συγγεννής (singhenès), 12 volte nel Nuovo Testamento, letteralmente 'con-nato' (v. l'italiano 'cognato'), cioè della stessa stirpe, parente. Indica ad esempio la parentela tra Maria ed Elisabetta (Lc 1,36 ). Quando Giuseppe e Maria smarriscono Gesù a Gerusalemme e lo cercano tra i 'parenti' (Lc 2,44 ). In senso più ampio è ad esempio usato da Paolo per indicare l'intero popolo d'Israele, suoi 'parenti' secondo la carne (Rm 9,3 ). Il sostantivo singhèneia (parentela, parentado) ricorre 3 volte, ad esempio quando Elisabetta e Zaccaria volevano chiamare loro figlio Giovanni e i vicini e i parenti fecero notare loro che non c'era nessuno con quel nome nel 'parentado' (Lc 1,61 ). In alcuni loci (ad esempio Lc 21,16 ) il termine 'parenti' è chiaramente distinto da 'fratelli';
- ανεψιός (anepsiós), tradotto solitamente con "cugino" ma indicante una parentela più meno remota non chiaramente definita. Compare tre volte nella LXX. Nel Libro di Tobia (Tb 7,2;9,6 ) indica la parentela tra Tobi e Gabael. Tale parentela, di grado appunto non definibile, era sicuramente lontana, almeno dal punto di vista geografico: Tobi risiedeva a Ninive, in Mesopotamia, mentre Gabael a Ecbatana, nella Media (attuale Iran). In Nm 36,11-12 LXX il termine 'cugini' indica effettivamente cugini, ma in 1Cr 23,22 LXX, nel caso di veri e propri cugini di primo grado non viene usato anepsiòs ma adelfòi. Nel Nuovo Testamento il termine è usato una sola volta in Col 4,10 , dove è indicata la parentela di Marco e Barnaba. Anche in tale caso, come nel Libro di Tobia, la parentela non è definita ma comunque lontana: Marco (suo nome latino) o Giovanni (suo nome ebraico) risiede a Gerusalemme (At 12,12 ), mentre Barnaba (epiteto di Giuseppe) è originario di Cipro (At 4,36 ).
Premessa: nomi ed epiteti
Per approfondire, vedi la voce Nomi ebraici |
L'identificazione dell'effettiva parentela degli evangelici "fratelli" di Gesù è complicata da alcuni elementi:
- nella Palestina del I secolo i nomi maschili e femminili non erano numerosi e dunque particolarmente ricorrenti. Non è facile pertanto capire quali dei vari personaggi omonimi debbano essere identificati, dato che gli agiografi non sempre si preoccupano di distinguerli o identificarli con chiarezza. Il caso paradigmatico è il nome Giacomo, per il quale le identificazioni proposte dagli studiosi moderni variano da 2 a 5 personaggi distinti.
- non sempre gli agiografi indicano i personaggi con gli stessi nomi ed epiteti. Per esempio il primo degli apostoli è chiamato solitamente Simone, Simeone (At15,14; 2Pt1,1), Cefa e Pietro. Oppure l'apostolo Taddeo (Lebbeo in alcuni manoscritti) di Mt e Mc viene anche identificato col Giuda di Giacomo di Lc e At.
- l'indicazione di parentela non è sempre esplicitata e viene talvolta indicata col semplice genitivo "di", che deve essere di volta in volta interpretato. Nel caso dei maschi il genitivo è usualmente patronimico, cioè "figlio di". Nell'AT però c'è un caso nel quale va inteso come "fratello di": in Tb 1,14 si parla di "Gabaèl fratello di Gabria"[2] che in 4,20 viene indicato col semplice genitivo, "Gabaèl il (fratello) di Gabria".[3] Nel NT l'apostolo "Giuda di Giacomo" (Lc e At) può essere fatto coincidere con "Giuda fratello di Giacomo" (Gd1). Per le donne la questione è più complessa. Oltre a poter essere patronimico, il "di" può essere anche coniugale ("moglie di", p.es. Mt1,6) o indicare la maternità ("madre di", Mc15,40 e Mt27,56).
"Fratelli" di Gesù e omonimi nelle fonti storiche
L'interpretazione esatta dei "fratelli" di Gesù è difficile per diversi motivi. I testi del NT che parlano di essi sono pochi, e in tutti i casi si tratta di poco più che accenni. Inoltre l'intento degli autori neotestamentari era prevalentemente teologico, non propriamente descrittivo-cronachistico: si pensi a dettagli che potrebbero essere fondamentali per un lettore moderno ma che non sono esplicitamente riportati, come luogo (taciuto da Mc e Gv) data e di nascita di Gesù, data di morte, durata e tappe del suo ministero itinerante... Allo stesso modo nessun passo del NT contribuisce a risolvere in modo chiaro e indiscusso alla questione. Infine i nomi dei quattro "fratelli" (Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simone), nonché il nome Maria, erano particolarmente diffusi nella Palestina dell'epoca, e questo crea confusione nelle possibili identificazioni dei "fratelli" con altri personaggi (in primis gli apostoli Giacomo di Alfeo, Giuda Taddeo, Simone Zelota).
Nuovo Testamento
In alcuni passi il Nuovo Testamento parla esplicitamente di "fratelli" di Gesù. Si tratta di:
Mt 12,46-50 | Mc 3,31-34 | Lc 8,19-21 |
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46 Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. 47 Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti". 48 Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 49 Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; 50 perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre". | 31 Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. 32 Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano". 33 Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?". 34 Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli! | 19 Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. 20 Gli fu annunziato: "Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti". 21 Ma egli rispose: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". |
- l'episodio del "nemo profeta in patria" nel quale sono riferiti (da Mt e Mc) i nomi dei fratelli e si accenna a sorelle:
Mt 13,53-57 | Mc 6,1-4 | Lc 4,16-30 |
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53 Terminate queste parabole, Gesù partì di là 54 e venuto nella sua patria insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: "Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? 55 Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe,[4] Simone e Giuda? 56 E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?". 57 E si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua". | 1 Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. 2 Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? 3 Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria,[5] il fratello di Giacomo, di Ioses,[6] di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui. 4 Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua". | 16 Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. 17 Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; [...] 21 Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi". 22 Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?" [...] |
- un accenno e un episodio contenuti in Giovanni:
« | Dopo questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni. » (2,12 ) |
« | I suoi fratelli gli dissero: "Parti di qui e va' nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai. Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!". Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. Gesù allora disse loro: "Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive. Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto". Dette loro queste cose, restò nella Galilea. Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto. » (7,3-10 ) |
« | Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui. » (1,14 ) |
« | Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa? » (9,5 ) |
« | degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. » (1,19 ) |
Un esame oggettivo limitato a questi passi, gli unici del Nuovo Testamento nei quali si parli esplicitamente di "fratelli", conduce alle seguenti considerazioni:
- fratelli e sorelle appaiono sempre in compagnia di Maria, madre di Gesù. Di loro però non viene mai indicata una parentela diretta con Maria o Giuseppe. Solo Gesù viene indicato come "figlio di Maria" o "figlio di Giuseppe";
- I fratelli non presero sul serio il ministero di Gesù sino alla sua risurrezione: in Atti 1 troviamo i "fratelli" e Maria madre di Gesù riuniti con la comunità dei credenti. Giacomo e Giuda furono gli autori delle loro rispettive lettere del Nuovo Testamento (1,1). Giacomo in particolare rivestì un ruolo primario nella conduzione della Chiesa apostolica di Gerusalemme, dopo che Gesù gli apparve (15,7).
Altri testi
Oltre al Nuovo Testamento, altre testimonianze sono riportate da Eusebio di Cesarea nella sua Storia ecclesiastica, scritta in greco e databile tra il 323 e il 326, e da Giuseppe Flavio, che scrisse alla fine del I secolo.
Nella sua opera, fondamentale nello studio della storia della Chiesa primitiva, Eusebio riporta le opinioni di due autori cristiani più antichi, Egesippo, vissuto nel II secolo in Palestina, e Sesto Giulio Africano. Riportando la testimonianza di Egesippo, Eusebio racconta la storia dei "Desposini", "nipoti di Giuda, detto fratello del Signore secondo la carne",[7] mentre introducendo un brano derivato da Giulio Africano, parla di "parenti del Signore secondo la carne".[8]
Giuseppe Flavio fu uno storico ebreo naturalizzato romano del I secolo, che scrisse l'opera Antichità giudaiche di grande importanza per conoscere gli eventi della storia ebraica dell'epoca. Giuseppe cita Giacomo come fratello di Gesù nel libro XX, capitolo 9, in cui, parla del processo a Giacomo il Giusto, dice "e portarono innanzi a loro il fratello di Gesù, che fu chiamato Cristo, il cui nome era Giacomo".
Nelle fonti storiche extrabibliche relative a Giacomo, questi viene indicato sempre con l'appellativo di "fratello" del Signore. I sostenitori della teoria dei fratelli sottolineano come questo dimostri la sua immediata parentela col Signore: è vero che il termine "fratello" nella Bibbia è polisemico (scrivevano in greco pensando in aramaico) ma Egesippo, Eusebio e Giuseppe Flavio scrivevano e pensavano direttamente in greco, dunque intendevano fratello in senso proprio. Di contro si può notare come:
- nello scrivere "fratello" non facevano altro che riproporre un titolo ormai consolidato. Trovare p.es. una fonte storica medievale che parli di Francesco d'Assisi, e assumerla come dimostrazione che fosse il suo vero nome, è errato: si chiamava Giovanni, da tutti i contemporanei e i posteri soprannominato Francesco;
- in nessun caso viene detto con chiarezza che era figlio di Giuseppe e Maria, dunque vero e proprio fratello. È vero che Eusebio (SE 2,1,2) lo indica come "figlio di Giuseppe", riprendendo l'interpretazione dei fratellastri, ma precisa "detto (λεγόμενον, legòmenon) fratello, ritenuto (ὠνόμαστο, onòmasto) figlio di Giuseppe". Non lo dice fratello sic et simpliciter, diversamente da come fa con Simone cugino di Gesù (v. dopo). Anche Giuseppe Flavio, nel passo relativo a Giacomo, definisce Gesù "detto (λεγομένου, legoménu) Cristo", prendendo le distanze da questa identificazione.
Giacomo
- Giacomo "fratello" di Gesù (Mc 6,3-4 ; Mt 13,55-56 ). I vangeli non riferiscono altro di lui ma secondo altri testi neotestamentari (At 12,17;15,13;21,18 ; Gal 1,19;2,9 ; 1Cor 15,7 ) ed extrabiblici[9] ebbe un ruolo di primo piano nella comunità di Gerusalemme dopo la morte e risurrezione di Gesù, che gli sarebbe anche apparso in privato. Il fatto che in Gal 1,19 è da Paolo definito 'apostolo' viene inteso in maniera variegata (v. dopo). Altri titoli attribuitigli sono "Giusto", per la sua devozione e fedeltà ai precetti giudaici, e "Oblias", cioè baluardo o difesa del popolo. Da Paolo e dagli autori extrabibilici viene indicato come fratello (adelfòs) di Gesù. Egesippo però (Eusebio, SE 4,22,4) parlando di Simone dopo aver accennato a Giacomo, lo definisce "secondo cugino del Signore" e "ancora" figlio di Clopa, chiamando dunque implicitamente Giacomo "primo cugino e figlio di Clopa". I sostenitori della teoria dei fratelli applicano l'aggettivo accusativo "secondo" (δεύτερον) al sostantivo nominativo vescovo (ἐπίσκοπος), intendendo dunque "secondo vescovo", con un evidente errore di traduzione.[10] Giacomo subì il martirio a Gerusalemme attorno al 62 quando, secondo Epifanio, aveva 96 anni. A lui succedette come vescovo di Gerusalemme Simone, cugino di Gesù (v. dopo), e a Simone succedette un certo Giuda, figlio di Giacomo il Giusto (Costituzioni Apostoliche 7,46 en[11]; Panarion 66,20,1 gr[12]), che Eusebio chiama Ἰοῦστος, Giusto (SE 3,35; 4,5,3).
- Giacomo il Minore (Mc 15,40 ), fratello di Giuseppe-Ioses (Mc 15,40 ; Mt 27,56 ), figlio di una Maria (Mc 15,40 ;16,1; Mt 27,56 ; Lc 24,10 ) che nella tradizione cattolica viene identificata come moglie di Cleofa.
- Giacomo di Alfeo, apostolo (Mt 10,3 ; Mc 3,18 ; Lc 6,15 ; At 1,13 ). Il "di Alfeo" viene solitamente inteso come patronimico, cioè "figlio di Alfeo".
- Giacomo il Maggiore (tradizionalmente - ma non nel NT - cosiddetto in opposizione al 'minore'), apostolo, fratello di Giovanni e figlio di Zebedeo e Salome. Fu fatto uccidere da Erode Agrippa nel 42 (At 12,2 ).
- Giacomo "servo di Dio e del Signore Gesù Cristo" (Gc 1,1 ), autore (reale o pseudoepigrafo) della neotestamentaria Lettera di Giacomo, dalla tradizione successiva identificato (sebbene non con sicurezza) con il "fratello" di Gesù (Eusebio, SE 2,23,25; Girolamo, Vir. Ill. 2).
Nella tradizione cattolica, sebbene con alcune differenze tra i vari autori (vedi schema riassuntivo), Giacomo "fratello" di Gesù viene solitamente identificato con l'apostolo figlio di Alfeo, autore di Gc, detto anche il Minore, distinto da Giacomo il Maggiore. Un altro Giacomo sicuramente distinto è il padre di san Giuseppe secondo la genealogia di Mt 1,16 (ma la genealogia di Lc 3,23 lo chiama Eli).
Giuseppe
- Giuseppe (Mt 13,55-56 ) o Ioses (Mc 6,3-4 ), variante ellenista dello stesso nome, "fratello" di Gesù.
- Giuseppe-Ioses, fratello di Giacomo il Minore e figlio di una Maria (Mc 15,40;15,47 ; Mt 27,56 ).
L'interpretazione cattolica identifica questi personaggi. Su di lui non sono riportate altre informazioni né dal NT né da altri scrittori successivi.
Giuda
- Giuda "fratello" di Gesù (Mc 6,3-4 ; Mt 13,55-56 ). Eusebio di Cesarea, citando Egesippo, riferisce dell'esistenza di due suoi nipoti (di nonno) al tempo di Domiziano (SE 3,20), con la precisazione che Giuda era detto (λεγομένου, legoménu) fratello del Signore secondo la carne.
- Giuda Apostolo, indicato nelle elencazioni degli apostoli come "Taddeo" (Mt 10,2-4 ; Mc 3,16-19 ) e "Giuda di Giacomo" (Lc 6,14-16 ; At 1,13 ). Il "di Giacomo" va inteso sicuramente come parentela ma l'effettiva interpretazione è controversa. Solitamente il genitivo applicato a un nome proprio, sul calco delle lingue semitiche, indica la paternità (genitivo patronimico), dunque "Giuda (figlio) di Giacomo". In questo caso è possibile che Luca abbia voluto esplicitare di un legame di parentela con il Giacomo di Alfeo menzionato poco prima nella lista, che nella tradizione cattolica è identificato con il cugino di Gesù che guidò la chiesa di Gerusalemme. Altri apostoli sono identificati non con epiteti patronimici ma con l'esplicitazione del legame fraterno: Andrea fratello di Pietro (Mt 10,2 ; Lc 6,14 ), Giovanni fratello di Giacomo (Mt 10,2 ; Mc 3,17 ), figlio di Zebedeo (dove l'indicazione della parentela fraterna viene preferita a quella paterna). L'opzione "Giuda (fratello) di Giacomo" è preferibile anche perché in accordo con l'attribuzione a lui della neotestamentaria Lettera di Giuda, nell'incipit della quale si autoidentifica "Servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo".
- Giuda Iscariota, il traditore.
Simone
- Simeone (variante di Simone) "secondo" cugino di Gesù, non accennato nei testi neotestamentari ma descritto da Egesippo (SE 3,11; 3,32,4; 4,22,4, vedi anche Girolamo, Cronache). Secondo lo storico cristiano, Simone fu a capo della Chiesa di Gerusalemme dopo Giacomo il Giusto, tra il 62 e il 107. Il motivo di tale scelta derivò anche dall'essere cugino di Gesù: era infatti figlio di Clopa, fratello di san Giuseppe, e di sua moglie Maria ricordata nei vangeli (Maria di Cleofa, Gv19,25). In queste passi, diversamente dai casi dei "fratelli" Giacomo e Giuda (v. sopra), Egesippo ed Eusebio non indicano Simone come "detto" o "ritenuto" cugino ma gli attribuiscono la parentela in maniera immediata, e lo stesso vale per Clopa, zio paterno di Gesù. Secondo la tradizione cattolica va identificato col "fratello" di Gesù.
- Simone Apostolo, indicato nelle elencazioni degli apostoli come "Cananeo" (Mt 10,4 ; Mc 3,18 ) e "Zelota" (Lc 6,15 ; At 1,13 ). Questi due epiteti sono il medesimo: 'Cananeo' non va inteso come 'abitante di Cana', come ritennero alcuni antichi autori come Girolamo, ma è la traslitterazione ellenizzata dell'aramaico qen'ana' corrispondente al greco zeloten, 'dotato di zelo', 'zelante'. Nelle elencazioni degli apostoli, escludendo Giuda Iscariota in ultima posizione, compare sempre associato a Giuda Taddeo e Giacomo il Minore, cosa che potrebbe suggerire, senza però alcun indizio storicamente fondato, un particolare legame con loro (fratelli?).
- Simone-Pietro, capo degli Apostoli, fratello di Andrea.
Altri fratelli e le sorelle
Oltre a Giuda-Tommaso, in alcuni testimoni antichi sono presenti altri nomi di "fratelli" di Gesù,[13] che portano in alcuni casi il loro numero a cinque.[14] Data l'età tardiva delle fonti sono considerati particolari leggendari successivi.
- Giuda-Tommaso gemello di Gesù. In alcuni testi antichi ma tardivi si trova l'identificazione tra l'apostolo Tommaso-Didimo (Gv 11,16;20,24;21,2 ) e Giuda, considerato fratello gemello di Gesù.[15] Altri testi si limitano a identificare Giuda con Tommaso, senza parlare di un gemellaggio con Gesù.[16] Gli studiosi contemporanei escludono che Gesù avesse un fratello gemello: di questo non v'è traccia nelle fonti storiche più antiche, sia bibliche che extrabibliche, ed anche nei racconti evangelici dell'infanzia non vi è traccia di un parto gemellare. L'origine di questa leggenda può essere dovuta al fatto che l'apostolo chiamato Tommaso (termine aramaico significante "gemello") o Didimo (termine greco equivalente) era effettivamente un gemello, ma i vangeli non specificano di chi lo fosse. Gli antichi autori cristiani possono aver pensato che Tommaso fosse il gemello del protagonista in assoluto dei Vangeli, Gesù. Il vero nome dell'apostolo, come anche quello del suo gemello, non ci è noto. È possibile che fosse Giuda, nome molto diffuso all'epoca, e queste fonti storiche (in particolare il Vangelo di Tommaso) potrebbero averne conservato il ricordo, e in tal caso gli apostoli di nome Giuda sarebbero stati tre.
- Giovanni, al posto di Giuseppe,[17] probabilmente riprendendo l'errore di alcuni manoscritti biblici in Mt 13,55 che hanno sostituito al binomio "Giacomo e Giuseppe" quello più ricorrente di "Giacomo e Giovanni" (v. sopra). Due manoscritti della Vulgata (gat, mm) armonizzano le due lezioni affiancando Giovanni ai quattro fratelli, portandoli così a cinque.
- Samuele.[18] Non è chiara l'origine di questa informazione leggendaria.
- Giusto, al posto di Giuseppe.[19] Si tratta probabilmente di una corruzione del Ioses (in genitivo greco Iosetos) di Mc 6,3 .
- Sidonio.[20]
- Cleopa=Cleofa,[21] ma si tratta di un'ipotesi gratuita che non ha trovato seguito tra gli studiosi.
Quanto alle "sorelle" di Gesù, accennate anonimamente in Mt 13,56 e Mc 6,3 , la fantasia dei primi cristiani ha partorito nomi e numeri (solitamente due o tre) diversi.[22] Anche in questi casi venivano considerate sorellastre di Gesù.
- Maria e Salome, probabilmente sulla base di Mc 15,40 .[23] In altri passi viene nominata la sola Salome,[24] in altri la sola Maria.[25]
- Anna e Salome.[26]
- Maria, Anna e Salome.[27]
- Maria e Marta, probabilmente sulla base di Lc 10,38-39 ; Gv 11,1;12,1-3 .[28]
- Ester e Marta.[29]
- Ester e Tamar.[30]
- Sobe, Marta (e Maria).[31]
- Ester, Marta=Maria.[32]
- Ester e Maria.[33]
- Lisia e Lidia.[34] Una Lidia, seguace di Paolo, è nominata in At 16,14 e 16,40. Il fatto che in questo secondo passo sia presentata insieme ai "fratelli" (intesi però come cristiani) può aver originato la sua identificazione come sorella di Gesù. Lisia può essere una storpiatura di Lidia.
- Assia e Lidia.[35] Assia è probabilmente una distorsione di Lisia.
- Marta, Ester e Salome.[36]
- Tamar, Ester e Salome.[37]
Punti controversi
Mt1,25: "non la conobbe finché"
Secondo Mt 1,25 Giuseppe "non 'conobbe' (sessualmente) lei [Maria] fin ché partorì un figlio, e chiamò il nome di lui Gesù".[38] Il versetto viene solitamente inteso dai protestanti come indicazione del fatto che, dopo il concepimento e parto verginale di Gesù, Giuseppe 'conobbe' Maria ed ebbe altri figli.[39] Tuttavia l'esame di altri passi greci con la costruzione "non... finché" (οὐκ... ἕως) mostra che questa interpretazione è errata. In particolare, in Gen 28,15 Dio dice a Giacobbe: "non ti abbandonerò finché avrò fatto tutto quello che t'ho detto"[40]. Non implica che dopo Dio abbandonerà il patriarca, ma sottolinea che sarà con lui fino all'adempimento della promessa. In 2Sam 6,23 viene riferito che "Mikal, figlia di Saul, non ebbe figli fino al giorno della sua morte",[41] che non implica ovviamente che ne abbia avuti dopo.
In definitiva il versetto vuole sottolineare il concepimento verginale prima del parto, senza alcun intervento umano, e non implica necessariamente che dopo Giuseppe 'conobbe' Maria.[42]
Lc2,7: Primogenito
In Lc 2,7 viene detto che Maria diede alla luce il suo figlio primogenito (πρωτότοκον, protótokon): secondo i sostenitori dell'interpretazione dei fratelli, l'aggettivo implica che a questo seguirono altri parti, altrimenti l'evangelista avrebbe usato la parola unigenito (μονογενὴς, monoghenès, v. Gv 1,14;1,18 et al.)
Tuttavia in tutte le lingue il primo nato è sempre detto primogenito, indipendentemente dal fatto che seguano altri figli o meno. Presso gli Ebrei in particolare il primo nato era sempre detto primogenito (bekòr) e tale rimaneva, perché al primo nato erano riservati particolari diritti di famiglia (vedi p.es. Gen 25,31-36 ; Dt 21,15-17 ). Particolarmente preziosa risulta una lapide nella necropoli ebraica di Tell el-Jehudi, presso Leontopolis in Egitto, databile al 5 a.C. In essa una certa Arsinoe ricorda: "Nei dolori del parto del mio primogenito la sorte mi condusse al termine della vita".[43] È palese che in tal caso 'primogenito' indica 'unigenito'.
Tre "fratelli" apostoli
La tradizione cattolica ha identificato tre dei quattro fratelli con gli apostoli Giacomo di Alfeo, Giuda Taddeo (o di Giacomo), Simone Zelota. Questa triplice identificazione però, che non viene chiaramente ed esplicitamente affermata dalle fonti neotestamentarie, non è del tutto sicura e le valutazioni degli studiosi contemporanei sono variegate: gli esegeti cattolici sono (tendenzialmente) possibilisti, mentre quelli protestanti scindono i sei personaggi. Il problema è poi strettamente correlato con l'identificazione di Alfeo con Cleofa (v. dopo).
A favore dell'identificazione vi è innanzitutto l'affermazione di Gal 1,19 : "degli apostoli non vidi nessun altro, se non [oppure: ma soltanto] Giacomo, il fratello del Signore". Il passo viene comunemente inteso e tradotto nel senso che Paolo definisce con l'epiteto apostolo Giacomo, il "fratello" del Signore. L'interpretazione più immediata porta a identificarlo pertanto con l'apostolo Giacomo di Alfeo. Alcuni però (Chapmann, p. 423 n. 2; Blinzler, p. 145) interpretano il titolo in senso lato: Giacomo, come altri personaggi neotestamentari (Paolo Rm 1,1;1Cor 1,1;Ef 1,1;Col 1,1; Barnaba At14,14; Andronico e Giunia Rm16,7; Sila e Timoteo 1Ts 1,1;2,6; Apollo 1Cor4,6.9) sarebbe indicato col titolo onorifico pur non facendo parte della cerchia dei dodici. Una minoranza di studiosi intende il versetto come "degli apostoli non vidi nessun altro. Vidi invece Giacomo, il fratello del Signore" (Koch, 1934, pp. 204-209; Colon, 1924, p. 273; Schlier, 1949, p. 31).
L'attribuzione di Giacomo al collegio dei dodici apostoli è suggerita anche da un frammento del perduto Vangeli degli Ebrei citato da Girolamo in DVI 2, che lo annovera tra i presenti all'ultima cena e all'istituzione dell'eucaristia. Indipendentemente dalla storicità dell'evento, il frammento testimonia la convinzione della sua apostolicità tra gli Ebrei del II secolo. Blinzler rigetta questo testimone con la motivazione che "non ha alcuna importanza di fronte all'abbondanza e all'esattezza delle attestazioni opposte" (p. 150 n. 24).
Un altro elemento a favore[44] viene trovato nel fatto che in tutte e quattro le liste dei dodici apostoli (Mt 10,2-4 ; Mc 3,16-19 ; Lc 6,13-16 ; At 1,13 ) Giacomo di Alfeo, Taddeo-Giuda di Giacomo, Simone il Cananeo-Zelota compaiono uniti nelle ultime posizioni, seguiti solo dall'Iscariota, possibile indizio di un legame speciale tra i tre.
Contro l'identificazione viene fatto notare che i "fratelli" di Gesù non avevano fede in lui (vedi Mc 3,21 ; Gv 7,5 ), pertanto non possono essere identificati con alcuni degli apostoli. L'esame di altri passi mostra però che questa mancanza di fede dovette essere accaduta solo all'inizio del ministero di Gesù. Giacomo, l'unico 'fratello' di cui abbiamo esplicite notizie nel NT, divenne poi principale riferimento della Chiesa di Gerusalemme (v. sopra), e questo fa ragionevolmente supporre che maturò una successiva fede in Gesù, al pari di molti altri che si convertirono a contatto con il ministero del Salvatore. Inoltre in At 1,14 è testimoniata la presenza dei "fratelli" nella comunità post-pasquale dei credenti, confermandone la maturazione della fede. Un indizio della conversione tardiva dei "fratelli" può essere ravvisato[45] nel fatto che nelle elencazioni degli apostoli occupano le poco onorifiche ultime posizioni.
Sempre circa la loro fede, il fatto che nei vangeli viene presentano prima la chiamata degli apostoli (Mc 3,16-19 ; Mt 10,2-4 ; Gv 6,67-70 ), dove i tre presunti "fratelli" apostoli avevano aderito a Gesù, quindi l'episodio della presa di distanza di Gesù verso i suoi fratelli e la loro mancanza di fede (Mc 3,31-34 ; Mt 12,46-50 ; Gv 7,5 ), può essere portato come motivo della non identificazione. In realtà gli esegeti contemporanei hanno rinunciato a identificare nelle narrazioni evangeliche precise indicazioni cronachistiche circa l'effettivo svolgimento degli eventi narrati (Blinzler, pp. 146-147), vedi p.es. l'episodio della pesca miracolosa narrata da Lc all'inizio del ministero (5,1-11) ma da Gv dopo la risurrezione (Gv21,1-14).
Un'altra argomentazione contro l'identificazione riguarda At 1,13-14 , che distingue gli apostoli dai "fratelli": se nel cenacolo vi fossero stati i tre "fratelli"-apostoli, l'elencazione corretta da parte di Lc avrebbe dovuto distinguere i 9 apostoli, quindi i 3 fratelli-apostoli, quindi il fratello non apostolo (Giuseppe-Ioses) più altri eventuali fratelli-parenti condiscepoli, tra cui le sorelle. Questa precisione sarebbe conforme alla nostra sensibilità moderna ma stonerebbe nel contesto della narrazione neotestamentaria.
Cleofa Alfeo
Per approfondire, vedi la voce Cleofa#Identificazioni |
Gv 19,25: tre Marie o quattro donne
Prima di esaminare i possibili passi impliciti relativi ai 'fratelli' di Gesù, è fondamentale affrontare una questione apparentemente marginale ma che si dimostra fondamentale nella delineazione di un quadro d'insieme: l'identificazione sinottica delle donne presenti al momento della crocifissione (Mt 27,56 ;15,40;19,25. Lc 23,49 ne registra la presenza ma senza fornire nomi):
Matteo 27,56 | Marco 15,40 | Giovanni 19,25 |
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tra le quali c'era(no) | c'erano poi anche delle donne da lontano osservanti tra le quali anche | stavano poi presso la croce di Gesù |
Maria Maddalena | Maria Maddalena | sua madre |
e Maria madre di Giacomo e di Giuseppe | e Maria madre di Giacomo il Minore e di Ioses | e la sorella di sua madre Maria di Cleofa |
e la madre dei figli di Zebedeo | e Salome | e Maria Maddalena |
Secondo la tradizione cattolica che si rifà a Girolamo[46] il testo di Gv 19,25 indica che le discepole presenti al momento della crocifissione di Gesù sono tre donne, tutte di nome Maria. Può apparire strano che l'evangelista non citi Salomè, identificabile dal confronto di Mt e Mc con la madre dei figli di Zebedeo[47], cioè la madre dello stesso evangelista Giovanni. Tale 'dimenticanza' può essere intesa come una tacita accettazione dell'invito di Gesù a Giovanni a prendere con sé Maria come madre (Gv 19,26-27 ): l'evangelista non testimonia la presenza di sua madre Salomè perché in quel momento Maria era sua madre. Stando a Giovanni dunque le tre Marie sono:
- Maria madre di Gesù
- Maria Maddalena
- Maria di Cleofa, che il testo dice 'sorella' di sua madre.[48] Secondo l'interpretazione cattolica, essendo improbabile che due sorelle si chiamassero entrambe Maria, il termine adelfé va inteso come 'parente' o 'cugina' o 'cognata'. Dal confronto con i passi paralleli Maria di Cleofa risulterebbe così essere madre di Giacomo il Minore (detto in 10,3; 3,18; 6,15; 1,13 'figlio di Alfeo') e di Giuseppe-Ioses suo fratello (27,56; 15,40).
L'identificazione di Alfeo con Cleofa si basa sul corrispettivo aramaico e consonantico del nome Hlpy: può essere traslitterato fedelmente all'aramaico in 'Alfaios con spirito aspirato iniziale (non reso nella comune translitterazione latina), dittongo ai con valore fonetico 'e lunga', suffisso maschile greco os; oppure può essere ellenizzato[49] nell'omoconsonantico Klopas che in italiano si traduce "Cleopatro". Il nome al maschile oggi è caduto in disuso mentre è più conosciuto, per motivi storici, il nome al femminile Cleopatra.
L'interpretazione delle tre donne viene contestata dagli esegeti protestanti e da diversi esegeti cattolici. Anche la cattolica "Bible de Jerusalem" la considera solo una delle tante possibili. Secondo costoro, le donne di 19,25 sono quattro: la "sorella di Maria" e "Maria di Cleofa" sono due persone diverse, poiché è impossibile che due sorelle abbiano lo stesso nome. Questa osservazione però non tiene conto della polisemia del termine fratello/sorella che può indicare (v. sopra) anche un generico legame di parentela, nella fattispecie "cognata", cioè moglie del fratello.
Altri passi
Altri passi sono solitamente esaminati circa la questione se Maria avesse altri figli o meno.
In Lc 2,41-52 viene descritto il pellegrinaggio da Nazaret a Gerusalemme (circa 150 km) in occasione della Pasqua della sacra famiglia, con Gesù dodicenne, precisando che vi si recavano tutti gli anni. Difficilmente la cosa sarebbe stata possibile se, dopo Gesù, Maria avesse partorito altri quattro fratelli e altre sorelle. Nella Bibbia un caso analogo riguarda Anna, la madre del profeta Samuele: rimasta incinta non partecipò come di consueto al pellegrinaggio dal monte Efraim fino a Silo (circa 20 km) fino alla fine dello svezzamento (1Sam 1,3.7.21-24 ), attorno al 2-3° anno del bambino (2Mac 7,27 ). È vero che gli episodi relativi all'infanzia di Gesù di Mt e Lc, tra cui questo pellegrinaggio, non sono presi dagli esegeti contemporanei come fedeli resoconti di cronaca, ma più come racconti midrashici. Tuttavia una famiglia con 7 bambini è in contrasto l'immagine che avevano della sacra famiglia le comunità cristiane primitive che elaborarono, tramandarono e accolsero il racconto.
Di questi 'fratelli' e 'sorelle' non viene mai indicata una parentela diretta con Maria o Giuseppe. Solo Gesù viene indicato come 'figlio di Maria' (Mc 6,3 ) o 'figlio di Giuseppe' (Mt 13,55 ; Lc 3,23;4,22 ; Gv 1,45;6,42 ).
Gesù morente in croce (Gv 19,26-27 ) affida sua madre all'apostolo Giovanni perché sarebbe rimasta priva di marito e figli che le assicurassero il mantenimento.
Interpretazioni tradizionali
La questione dell'interpretazione degli adelfòi di Gesù, data la frammentarietà e ambiguità delle fonti, è controversa e dunque motivo di discussione tra storici, biblisti e teologi delle varie confessioni e tali discussioni non possono muoversi che sul piano delle ipotesi.
Tre sono le ipotesi che circolavano già nei primi secoli della cristianità, secondo le quali il termine greco adelfòi può corrispondere a:
- fratellastri, cioè figli di Giuseppe con una prima moglie di cui sarebbe rimasto vedovo prima di risposarsi con Maria;
- fratelli;
- cugini o parenti.
Protovangelo: fratellastri
L'ipotesi dei 'fratelli' di Gesù come fratellastri, cioè figli di Giuseppe avuti da un precedente matrimonio con Maria, è quella più antica: è attestata per la prima volta nel Protovangelo di Giacomo, testo apocrifo redatto attorno alla metà del II secolo. In esso viene descritta la miracolosa scelta di Giuseppe sposo di Maria tramite la fioritura del bastone, alla quale Giuseppe obietta: "Ho già figli e sono vecchio, mentre lei è giovane. Non voglio apparire ridicolo tra i figli di Israele" (9,2; v. anche 17,1-2; 18,1). Il nome della prima moglie di Giuseppe non è precisato né in questo testo né in altri apocrifi pervenutici, ma Girolamo nel 398[50] riferisce che in alcuni "deliri degli apocrifi" è chiamata Melcha o Escha.
Nonostante il Protovangelo sia un testo antico, vicino agli eventi narrati, contiene (come gli altri apocrifi) numerosi elementi di stampo leggendario, sia per quanto riguarda la gratuita miracolosità di alcuni eventi (il tempo che si ferma, la levatrice incredula...) sia per quanto riguarda il confronto con altre fonti storiche (il collegio per bambine meritevoli all'interno del tempio non trova altri riscontri, oltre ad apparire inverosimile data la ieraticità del luogo). Inoltre il testo è pervaso da una devozionale apologia circa la purezza e la verginità di Maria, ed è pertanto possibile che l'indicazione del precedente matrimonio di Giuseppe (del quale non vi è traccia nei vangeli canonici) non sia altro che un escamotage dell'autore per spiegare la presenza dei "fratelli" citati nel vangelo.
L'ipotesi dei fratellastri del Protovangelo, oltre che essere accennata in altri scritti apocrifi, fu ripresa dai principali scrittori cristiani successivi:[51] Seconda apocalisse di Giacomo (metà II secolo);[52] Prima apocalisse di Giacomo (fine II secolo);[53] Storia di Giuseppe il falegname (V-VI secolo);[54] Vangelo dello pseudo-Matteo (VIII-IX sec.);[55] Clemente di Alessandria (circa 150-215);[56] Ippolito di Roma (c. 170-235);[57] Origene (185–254);[58] Eusebio di Cesarea (circa 325);[59] Agostino (354-430);[60] Ilario di Poitiers (m. 368);[61] Tito di Bostra (m. c. 378);[62] Ambrogio (337/339-397);[63] Ambrosiaster (IV sec.);[64] Epifanio di Salamina (circa 315-403);[65] Giovanni Crisostomo,[66] sebbene altrove sembra sostenere l'interpretazione di Girolamo come cugini (v. dopo); Cirillo di Alessandria (370-444);[67] Teodoto di Ancira (m. c. 446);[68] Gregorio di Tours (538 c.a - 594);[69] Sofronio di Gerusalemme (560-638);[70] Giorgio Cedreno (XI sec.);[71] Epifanio di Gerusalemme (XI sec.);[72] Teofilatte di Bulgaria (XI sec.);[73] Eutimio Zigabeno (XII sec.).[74]
Il motivo di tale notevole diffusione, indubbiamente maggioritaria nella Chiesa primitiva, è correlato alla grande fortuna che ebbe Protovangelo e dalla preoccupazione dottrinale e teologica di salvaguardare la verginità di Maria. Nessuno di questi studiosi però dimostra di fondarsi su fonti antiche che possano garantire la validità storiografica dell'ipotesi.
Sostenitori tradizionali della teoria dei "fratellastri" sono le chiese ortodosse, e in epoca contemporanea anche altri studiosi: vedi per esempio Lightfoot (1865);[75] Harris (1906);[76] Bulgakov;[77] Bernard (1928);[78] Stauffer (1959);[79] l'avventista Ángel Manuel Rodríguez en).
Elvidio: fratelli
L'interpretazione dei "fratelli" come altri figli di Maria e Giuseppe avuti successivamente a Gesù (fratelli carnali o germani) è stata avanzata da Elvidio, oscuro personaggio probabilmente discepolo di Aussenzio, vescovo ariano di Milano. L'opera è andata perduta, per cui non ci sono note nel dettaglio le varie argomentazioni, ma è conoscibile indirettamente dallo scritto che Girolamo redasse nel 383 in sua risposta (v. dopo). Da quanto si desume da Girolamo, Elvidio negò anche la nascita verginale di Gesù, attribuendola a un normale rapporto sessuale dei genitori.
In epoca contemporanea, a partire da uno studio di Zahn del 1900 (v. dopo), l'ipotesi è stata sostenuta anche dalla maggior parte dei biblisti protestanti, sebbene questi non rifiutino il dato del Vangelo relativo alla nascita verginale di Gesù.
Da alcuni studiosi contemporanei (p.es. Bisping, 1867; von Hefele, 1882; Zahn 1900; Meier) viene indicato Tertulliano (c.a 160-220) come precursore della teoria dei fratelli. Secondo Girolamo[80] anche Elvidio lo aveva citato come precursore della propria posizione, ma il padre della Chiesa liquida la testimonianza di Tertulliano con un'argomentazione ad personam ("non era un uomo di Chiesa") che può lasciare il tempo che trova. In realtà nei passi di Tertulliano indicati dai contemporanei come prova della teoria dei fratelli (Contro Marcione,[81] La carne di Cristo,[82] Sulla monogamia,[83] Sulla velazione delle vergini[84])[85] non si trova indicato esplicitamente che i "fratelli" erano figli di Giuseppe e Maria.
Girolamo: cugini
Girolamo[86] sostiene contro Elvidio che i "fratelli" erano cugini materni di Gesù, figli di Alfeo e Maria di Cleofa, sorella di Maria madre di Gesù. Girolamo però non identifica Alfeo con Cleofa,[87] sebbene alcuni studiosi contemporanei, errando, hanno sostenuto che lo avesse fatto.[88]
Nelle sue argomentazioni Girolamo non tiene conto dell'improbabilità di due sorelle con lo stesso nome e non considera le informazioni di Egesippo circa Clopa (Alfeo-Cleofa) come zio paterno di Gesù.
La successiva tradizione cristiana occidentale, mentre quella orientale è stata dominata dalla teoria dei fratellastri, è stata segnata dall'interpretazione dei cugini di Girolamo fino all'inizio del '900:[89] Agostino (354-430);[90] Beda (672/673–735);[91] Pascasio Roberto (m. c.a 859);[92] Cristiano di Stablo (m. dopo 880);[93] Anselmo di Laon (m. 1117);[94] Bruno da Segni (m. 1123);[95] Rupert di Deutz (m. 1129/30);[96] Zaccaria Crisopolitano (m. c.a 1155);[97] Tommaso d'Aquino (1225-1274).[98]
Degno di nota è un accenno di Giovanni Crisostomo che sembra sostenere, attorno al 395, la teoria dei cugini chiamando Giacomo "il figlio di Klopa, come fa l'evangelista",[99] sebbene altrove sostenga la teoria dei fratellastri figli di Giuseppe (v. sopra). Data l'epoca tardiva è improbabile che disponesse di una fonte privilegiata. Verosimilmente ha ripreso l'ipotesi dei cugini identificando, come Girolamo non fa, Cleofa con Alfeo. L'influenza di Girolamo è possibile anche su Teodoreto da Cirro (c.a 393–457) che indica Giacomo come cugino di Gesù, figlio di Cleofa e della sorella della madre di Gesù.[100]
La teoria dei cugini è sostenuta anche dai primi riformatori, in particolare Martin Lutero[101] e Calvino.[102] Altri protestanti a favore dell'interpretazione dei cugini sono[103] Beza, Hugo Gropius, Jakob Wettstein, J.A. Bengel.
In epoca moderna e contemporanea sono numerosi gli studi, soprattutto cattolici, che hanno sostenuto l'interpretazione come cugini, sebbene si notino diversità circa la parentela di Cleofa, Alfeo e l' "altra Maria" con la sacra famiglia e circa l'identificazione di tre dei "fratelli" con Olshausen (1837); Mill (1834); Koelling (1875); Keil (1877); Meyrick (1893) Corluy (1878);[104] Chapman (1906);[105] Bechtel (1907);[106] Durand (1908 a b; 1911);[107] Lesêtre (1912);[108] Niessen (1913);[109] Prat (1927; 1947);[110] Sickenberger (1932);[111] Vosté (1933);[112] Botz (1935);[113] Collins (1944);[114] Holzmeister (1945);[115] Lebreton (1947);[116] Lagrange (1947);[117] Walter (1949);[118] Tulaba (1950);[119] Haag (1951);[120] Shearer (1953);[121] Schmid (1954);[122] Cazelles (1956);[123] Schelkle (1958);[124] Bauer (1962).[125]
Il magistero cattolico, in particolare nel Catechismo della Chiesa cattolica n. 500,[126] si è pronunciato riaffermando l'interpretazione dei cugini ma non ha espresso pareri circa l'identificazione di Cleofa-Alfeo e il legame di questi, come anche dell' "altra Maria", con la sacra famiglia. Quanto a Giacomo, il Concilio di Trento lo ha definito apostolo ed autore di Gc (Sessione 14a del 25 novembre 1551, DS 1695).
Tra gli studiosi contemporanei non cattolici vedi Prentice (1951);[127] Van der Mensbrugghe (1952).[128]
Altre interpretazioni
Legenda Aurea: cugini materni
Iacopo da Varazze (o Varagine), nella sua celebre Legenda Aurea (italianizzato in Leggenda Aurea) scritta attorno al 1260, nella sezione dedicata alla nascita di Maria (en) ipotizza che Anna, la madre di Maria, ebbe altri due matrimoni. Dal primo, con Cleofa fratello di san Giuseppe, nacque Maria di Cleofa, che sposò Alfeo. Dal secondo, con Salomè, ebbe Maria di Salomè, che sposò Zebedeo. In tal modo Gesù ebbe cugini materni sia i "fratelli" evangelici sia Giacomo e Giovanni, oltre che Giovanni Battista come cugino di secondo grado.
L'ipotesi di un triplice matrimonio di Anna è ripresa da Jean Gerson (Giovanni Ghersenio, 1363-1429) e da Johannes Eck nel 1510.[129] L'ipotesi è però fondata in parte su dati leggendari e in parte su identificazioni arbitrarie che non trovano conferma nelle fonti storiche antiche. Per quanto la Legenda fosse nota nell'occidente medievale, questa teoria non ha trovato diffusione né tra il magistero cattolico né tra gli studiosi moderni.
(Pseudo) Papia: cugini materni
Un manoscritto latino del 1302-1303[130] contiene una glossa attribuita a un Papia che sembra finalizzato ad armonizzare la presentazione delle donne presenti alla crocifissione in Gv 19,25 e paralleli. Il brano viene comunemente attribuito a Papia di Gerapoli (circa 70-130) con la dicitura di Frammento 23 (o 10 in altri autori), ma considerato dagli esegeti contemporanei come psudoepigrafo.[131] È possibile però che il Papia in questione sia il linguista medievale attivo a Pavia attorno al 1050.[132] Ad ogni modo il breve testo, probabilmente di natura composita, sviluppa l'interpretazione di Girolamo identificando i "fratelli" come cugini materni. Aggiunge l'ipotesi (assente nella tradizione precedente) che Salome, madre di Giacomo e Giovanni, fosse un'altra sorella di Maria, facendo di questi due apostoli altri cugini di Gesù.[133]
Renan: fratelli e cugini paterni
Ernest Renan nel 1877 (Histoire des origines du Christianisme, vol. 5. Les Évangiles et la seconde génération chrétienne, pp. 537-549, online) ipotizza che, dei quattro "fratelli", due sono fratellastri di Gesù, Giacomo e Giuda, mentre Giuseppe e Simone sono figli di Clopa, fratello di san Giuseppe. L'apostolo Giacomo, figlio di un Alfeo, va distinto dai due omonimi, e così l'apostolo Giuda figlio di un certo Giacomo.
Zahn e protestanti contemporanei: fratelli
Nelle chiese occidentali (cattolica e protestanti) l'interpretazione dei "fratelli" come cugini rimase prevalente fino a quando il biblista luterano tedesco Theodor Zahn (1838-1933) pubblicò nel 1900 uno studio[134] nel quale riprendeva l'ipotesi di Elvidio dei fratelli carnali.
Attualmente si tratta dell'ipotesi prevalente tra gli studiosi laici e protestanti (E. Meyer, 1921;[135] A. Meyer, 1924;[136] Koch, 1929; 1937;[137] Buonaiuti, 1938;[138] Grayson, 1960;[139] Rienecker, 1960[140] ) oltre che tra i Testimoni di Geova, sebbene tendenzialmente, anche per motivi confessionali, non venga negata la nascita verginale di Gesù.
Anche lo studioso statunitense cattolico John P. Meier,[141] sebbene non esamini a fondo i legami con la famiglia di Gesù di Cleofa e Maria di Cleofa, sostiene che l'interpretazione dei fratelli carnali sia "l'opinione più probabile".
Endemann: cugini paterni
Il pastore tedesco K. Endemann (1900)[142] ribattendo a Zahn, sostiene che i fratelli fossero paterni cugini di Gesù, figli di Maria e Cleofa, ma ipotizza che Maria di Cleofa fosse sorella di Giuseppe.
La teoria non ha però trovato largo seguito: è verosimile che l'evangelista in Gv19,25 abbia usato "sorella" nel senso di cognata, complice il background semitico, ma è improbabile che la stessa cosa sia avvenuta per Egesippo circa il legame tra Cleofa e Giuseppe.
Enciclopedia Cattolica: cugini paterni
La Catholic Encyclopedia nel 1907[143] opta decisamente per l'ipotesi dei cugini e, per quanto lasci aperta la possibilità del cugini materni (v. Girolamo), preferisce l'ipotesi dei cugini paterni: i 4 "fratelli" vanno identificati con i figli di Alfeo-Cleofa, zio paterno di Gesù, e sua moglie Maria di Cleofa, cognata di Maria.
La Catholic Encyclopedia accetta anche la possibile apostolicità di Giacomo ("può essere considerata certa"), identificato con Giacomo di Alfeo, e Giuda ("con buona ragione"), identificato con Taddeo. Quanto a Simone, la sua identificazione con il Simone Cananeo o Zelota viene presentata con più prudenza ("qualche possibilità").
Durand: cugini paterni
L'esegeta e gesuita francese A. Durand (1908 1 2);[144] riprende l'interpretazione dei "fratelli" come cugini non identificando Cleofa con Alfeo.
De la Garenne: fratelli e cugini paterni
Lo studioso francese De La Garenne, in uno studio del 1928,[145] ipotizza che Giuseppe sia morto prima dell'effettivo matrimonio con Maria e che questa sia stata sposata, in matrimonio di levirato, da Cleofa-Alfeo, fratello di Giuseppe. La Maria di Cleofa di Gv 19,25 non sarebbe altro che la stessa madre di Gesù. Dal primo matrimonio, con una moglie ignota, nacquero Giuda e Simone, mentre dal secondo Gesù, Giacomo e Giuseppe.
L'ipotesi non tiene conto del fatto che i vangeli considerano Giuseppe vivente dopo la nascita di Gesù e che il passo di Gv distingue chiaramente "sua madre" da Maria di Cleofa. Questa teoria non è stata ripresa da altri studiosi.
Blinzler: cugini paterni e materni
Lo studioso cattolico tedesco Josef Blinzler nel 1967[146] ha proposto un'ipotesi secondo la quale i 4 'fratelli' sono cugini di primo grado di Gesù, ma due per parte di madre e due per parte di padre.
L'argomentazione di Blinzer si fonda sull'ipotesi delle 4 donne in Gv 19,25 , distinguendo la 'sorella' di Maria (zia di Gesù, madre di Giacomo e Giuseppe-Ioses, cugini materni di Gesù) da Maria di Cleofa (Cleofa era fratello di Giuseppe, zio di Gesù, padre di Simone e Giuda, cugini paterni di Gesù). Altri presupposti di tale tesi sono: la non apostolicità dei fratelli-cugini Giacomo e Giuda, diversi da Giacomo di Alfeo e Taddeo-Lebbeo; la scissione di Cleofa e Alfeo, essendo indimostrabile con assolutezza tale identità; la stirpe sacerdotale di Giacomo, che Egesippo suggerisce essere stato sommo sacerdote.
Oltre a Josef Blinzler tale ipotesi è ripresa ad esempio da Rinaldo Fabris nel suo Gesù di Nazareth (p. 398-399) e da Vittorio Messori nel suo Ipotesi su Maria (p. 520).
La proposta può apparire non del tutto convincente in quanto:
- soprattutto, nel testo greco di Gv 19,25 nulla autorizza a scindere le due donne;
- circa la non apostolicità delle lettere di Giacomo e Giuda e dei rispettivi autori, 'fratelli' di Gesù, non è storicamente corretto trarre conclusioni probanti da silenzi;
- il fatto che l'identificazione di Cleofa e Alfeo non sia dimostrabile con assolutezza non preclude a priori la verosimile eventualità che sia possibile.
Collaboratori
Una quarta ipotesi è stata di recente formulata dai biblisti della scuola esegetica di Madrid. Presupposto di partenza è che gli attuali testi evangelici si basino su fonti originali aramaiche (vedi teoria della Priorità aramaica), e sulla base di una dettagliata analisi dei passi in questione[147], ritengono che l'espressione "fratelli di Gesù" venisse usata in realtà per designare i suoi collaboratori, cioè gli apostoli e gli altri discepoli che lo seguivano e aiutavano. Allo stesso modo, la "sorella della madre di Gesù" sarebbe stata una donna che assisteva Maria. Alcuni passi che, nel testo greco dei Vangeli, sembrano contraddire questa spiegazione (8,19-21;Gv7,5) secondo questi biblisti si spiegano con errori di traduzione da una fonte originale in lingua aramaica.
Conclusione
In definitiva non esiste un modello chiaro e definito col quale la Chiesa e gli studiosi cattolici indicano l'effettiva parentela dei "fratelli", intesi come cugini, di Gesù. L'ipotesi originaria di Girolamo (cugini materni, figli di Alfeo e di Maria di Cleofa, sorella di Maria) è ormai abbandonata data l'improbabilità di due sorelle omonime. Il modello più popolarmente e implicitamente citato è quello descritto nella Catholic Encyclopedia, che riprende le precedenti intuizioni di Corluy e soprattutto Chapman: i quattro "fratelli" sono cugini paterni di primo grado di Gesù, figli di Clopa-Alfeo, fratello di san Giuseppe, e di Maria moglie di Clopa, "sorella" (cioè cognata, o meglio moglie del cognato) della Madonna. Giacomo, Giuda e probabilmente anche Simone coincidono con gli omonimi apostoli. L'effettiva parentela delle indefinite "sorelle" di Gesù è solitamente assente nella riflessione degli studiosi, ma è statisticamente preferibile che fossero anch'esse cugine di Gesù, sorelle carnali dei quattro cugini.[148]
Il dotto ed esauriente studio di Blinzler è particolarmente conosciuto e citato, ma la sua ipotesi conclusiva non sembra godere di altrettanta fortuna, anche perché rifiuta il dato tradizionale dell'apostolicità di Giacomo.
Note | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Bibliografia | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Voci correlate | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Collegamenti esterni | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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