Concilio di Gerusalemme
Concilio di Gerusalemme | |
Concili non ecumenici della Chiesa cattolica | |
Località | Gerusalemme |
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Data |
50 (?), descritto negli Atti degli Apostoli |
Presieduto da |
Giacomo il Giusto, Pietro apostolo |
Partecipanti | Chiesa di Gerusalemme, Chiesa di Antiochia, ? |
Argomenti | norme da seguire con i convertiti dal paganesimo |
Documenti | At 15,1-33 |
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Il Concilio di Gerusalemme fu una importante riunione della comunità cristiana del periodo apostolico, ed ebbe luogo intorno al 50 d.C.
Tra la Chiesa di Gerusalemme e Paolo di Tarso si giunge all'accordo ufficiale sulla ripartizione delle missioni: i gerosolimitani (i seguaci di Giacomo il Minore "fratello del Signore") e Pietro verso i giudei circoncisi, e Paolo verso i pagani.
Il Concilio venne presieduto da Pietro.
Si tiene una disputa tra chi vorrebbe imporre la legge mosaica ai pagani convertiti e chi considera questa un "giogo" insopportabile. Pietro richiama tutto il collegio a rispettare la volontà di Dio, chiaramente manifestatasi in occasione della sua visita a Cornelio, dove lo Spirito Santo era disceso anche sui pagani non facendo "alcuna distinzione di persone". Dopo Pietro intervennero Paolo e Barnaba, i più attivi evangelizzatori dei gentili, i quali raccontarono i segni e la fede che riscontrarono tra i pagani convertiti. Infine prese la parola anche Giacomo il Minore, capo della Chiesa di Gerusalemme (probabilmente, in un primo tempo, il leader di quanti volevano imporre la legge mosaica, come pare anche nella lettera di San Paolo ai Galati che richiamandosi a Pietro aggiunse la proposta di una soluzione di compromesso che prevedeva la prescrizione ai pagani convertiti di pochi divieti tra cui l'astensione dal nutrirsi di cibi immondi e dalla fornicazione.
Le cause e le determinazioni
Gli Atti degli Apostoli e la Lettera ai Galati presentano, da due punti di vista diversi, il primo problema dottrinale del cristianesimo nascente, che in sintesi può essere così espresso:
- Il cristianesimo è solo una filiazione, un ramo del giudaismo? Oppure è qualcosa di diverso, di discontinuo con la tradizione giudaica, dunque qualcosa di nuovo?
- Di conseguenza, il cristianesimo è riservato a chi è divenuto un proselita del giudaismo? Oppure è possibile essere seguaci di Cristo senza osservare i rituali e le tradizioni della fede giudaica? Cioè per essere cristiani bisogna prima essere ebrei, oppure possono diventare cristiani anche i non ebrei?
È evidente che dalla risposta a tali quesiti dipendeva l'universalità del messaggio di Cristo.
E ancora: se un cristiano doveva essere circonciso, allora il sacrificio di Cristo perdeva di valore e la redenzione veniva drasticamente ridotta di significato e subordinata all'osservanza della Legge Mosaica. Non si trattava più di Grazia ma del risultato delle opere prescritte dalla Legge. Non si trattava del mettere in atto l'etica cristiana, ma del concetto che portava a ritenere opere meritorie quelle che attenevano ai rituali ed ai cerimoniali dell'ebraismo. Quando Pietro ritornò da Ioppe a Gerusalemme, venne contestato dai credenti circoncisi (At 11,1-3 ) per il fatto di essere entrato in casa di pagani incirconcisi, e questo dimostrava il persistere della diffidenza nei confronti degli esterni al mondo giudaico; pur tuttavia questi si rallegrarono quando egli spiegò loro che quelli avevano ricevuto la stessa Grazia e la stessa benedizione.
Paolo di Tarso riferisce (Gal 2 ) di un episodio avvenuto ad Antiochia nel corso di una visita di Pietro che, mentre prima aveva manifestato comunione con i credenti gentili, appena arrivarono da Gerusalemme quelli provenienti da Giacomo si intimorì e se ne stava in disparte. Ciò aveva provocato la dura reazione di Paolo. Nello stesso capitolo Paolo definisce Pietro apostolo dei circoncisi e se stesso quello degli incirconcisi, intendendo con ciò una vocazione più etnica che religiosa. Questo scontro tra Pietro e Paolo manifesta una dialettica interna alla Chiesa nascente, dialettica che andava necessariamente chiarita.
Il concilio di Gerusalemme evidenzia chiaramente che tutta la problematica non nasceva da posizioni preconcette degli apostoli (che pur c'erano), ma era frutto del massiccio ingresso di farisei convertiti nella comunità di Gerusalemme (At 15,5 ). E l'intransigenza tipica dei farisei provocava e manteneva viva la diatriba. Proprio alcuni di essi erano andati ad Antiochia, ambiente "sospetto" perché ellenista, per fare opera di proselitismo tra i credenti perché si circoncidessero; erano stati ancora loro a far recedere Pietro dal vivere la comunione di mensa con i credenti non circoncisi quando questi si recò in visita nella fiorente comunità; e fu sempre loro la richiesta di circoncidere tutti quelli che avevano accompagnato Paolo e Barnaba venuti da Antiochia a Gerusalemme proprio per discutere del serio problema.
Lo svolgimento del dibattito, pur nella sintetica relazione lucana, dimostra come la comunità di Gerusalemme abbia una conduzione ancora collegiale, come Pietro, pur sempre pronto a parlare per primo, non sia però colui che tira le somme o le conclusioni, cosa che invece in questo caso fa Giacomo.
La formula di concordia del concilio di Gerusalemme di At 15 dimostra, comunque, che il problema venne superato solo in parte, perché di fatto una divisione permase e ne troviamo traccia nella maggior parte delle Lettere di San Paolo, nelle quali risalta la sua continua lotta contro le problematiche create nelle Chiese dai credenti giudaizzanti. Ciononostante non vi furono due movimenti cristiani antagonisti; l'unità della Chiesa rimase intatta.
Bibliografia | |
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