Papa Simplicio
San Simplicio Papa | |
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Santo | |
Ambito italiano, San Simplicio papa (part. da Papa Simplicio respinge un messo dell'imperatore Zenone), 1816, tempera su intonaco; Tivoli, Cattedrale di San Lorenzo[1] | |
Nascita | Tivoli |
Morte | Roma 10 marzo 483 |
Sepoltura | Città del Vaticano, Basilica di San Pietro |
Informazioni sul papato | |
47° vescovo di Roma | |
Elezione al pontificato |
3 marzo 468 |
Fine del pontificato |
10 marzo 483 (per decesso) |
Durata del pontificato |
15 anni e 7 giorni |
Predecessore | Papa Ilario |
Successore | Papa Felice III |
Extra | Papa Simplicio Anni di pontificato |
Cardinali | 4 creazioni |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 10 marzo |
Collegamenti esterni | |
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Nel Martirologio Romano, 10 marzo, n. 4:
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San Simplicio (Tivoli; † Roma, 10 marzo 483) è stato il 47º vescovo di Roma e papa latino dal 3 marzo 468 alla sua morte[2]. La Chiesa lo venera come santo.
Biografia
Elezione e caduta dell'Impero Romano d'Occidente
Secondo il Liber Pontificalis[3], era figlio di un cittadino di Tivoli chiamato Castino. Dopo la morte di papa Ilario, nel 468, fu eletto come suo successore.
Durante il suo pontificato Roma e l'Italia furono invase dagli Eruli il cui signore, Odoacre, nel 476, pose fine all'Impero romano d'Occidente deponendo l'ultimo imperatore, Romolo Augusto e assumendo, il titolo di Re d'Italia. Anche se ariano, Odoacre trattò la Chiesa con molto rispetto; inoltre, conservò anche gran parte della struttura amministrativa, cosicché il cambiamento non produsse grandi differenze per Roma.
La controversia monofisita
Per approfondire, vedi la voce Monofisismo |
Nello stesso anno 476, Basilisco costrinse all'esilio l'imperatore Zenone e si appropriò del trono bizantino. L'ascesa del nuovo Imperatore Basilisco aggravò le sofferenze delle Chiese orientali, travagliate dalla controversia monofisita: Basilisco cercò l'appoggio dei monofisiti e permise ai loro patriarchi deposti, Timoteo Eluro di Alessandria e Pietro Fullo di Antiochia, di tornare alle loro sedi.
Contemporaneamente promulgò un editto religioso (Enkyklikon) scritto da Eluro, che imponeva di accettare solamente i primi tre Concili ecumenici e rifiutava sia il Concilio di Calcedonia che la lettera con cui papa Leone I lo aveva riconosciuto con alcune riserve. Tutti i vescovi avrebbero dovuto sottoscrivere l'editto. Il Patriarca di Costantinopoli, Acacio stava quasi per proclamare questo editto, ma la ferma presa di posizione del popolo, animato dai monaci fedeli all'ortodossia cattolica, spinse il Vescovo a opporsi all'Imperatore e a difendere la fede minacciata.
Gli abati e i presbiteri di Costantinopoli si unirono a papa Simplicio, che fece ogni sforzo per difendere il dogma cattolico e le definizioni del Concilio di Calcedonia. In varie lettere indirizzate ad Acacio, agli abati, ai presbiteri e a Basilisco stesso, il Papa li esortò alla totale aderenza alla vera fede. Allo stesso modo, patrocinò presso l'Imperatore legittimo la causa del patriarca cattolico di Alessandria, Timoteo Salofaciolo, che era stato sostituito da Eluro. Quando l'imperatore Zenone, nel 477, scacciò l'usurpatore e riguadagnò la supremazia, inviò al Papa una confessione di fede completamente cattolica. Allora, Simplicio (9 ottobre 477) si congratulò con lui per il suo reinsediamento e lo esortò ad attribuire la vittoria a Dio, che aveva desiderato ciò per restituire la libertà alla Chiesa.
Zenone abrogò gli editti di Basilisco, bandì Pietro Fullo da Antiochia e reinsediò Timoteo Salofaciolo ad Alessandria. Non si occupò di Eluro a causa dell'avanzata età di quest'ultimo che, infatti, morì poco dopo. I monofisiti di Alessandria, tuttavia, richiesero come suo successore Pietro Mongo, il primo arcidiacono di Eluro. Spinto dal papa e dai cattolici orientali, Zenone esiliò Pietro Mongo, ma questi riuscì nascondersi ad Alessandria, dove la paura del potere dei monofisiti scongiurò l'uso della forza da parte dell'imperatore.
In un momento di debolezza, lo stesso Salofaciolo aveva permesso l'inserimento del nome del patriarca monofisita Dioscoro nel canone della Messa. Il 13 marzo 478, quindi, Simplicio scrisse ad Acacio di Costantinopoli affinché esortasse Salofaciolo a cancellare il disonore che si era gettato addosso. Quest'ultimo, per giustificarsi di fronte al Papa, inviò lettere e legati a Roma. Dietro richiesta di Acacio, che era ancora attivo contro i Monofisiti, il papa condannò per eresia Pietro Mongo, Pietro Fullo, Paolo di Efeso e Giovanni di Apamea. Inoltre, nominò il Patriarca di Costantinopoli suo rappresentante per questa problematica.
Quando, nel 479, i monofisiti di Antiochia si rivoltarono contro il patriarca Stefano II e lo uccisero, Acacio consacrò Stefano III e Kalendion come suo successore. Simplicio richiese vigorosamente all'Imperatore di punire gli assassini del Patriarca e riproverò Acacio di eccedere le sue competenza nel compiere queste consacrazioni; contemporaneamente, tuttavia, il Papa gli accordò la necessaria dispensa.
Dopo la morte di Salofaciolo, i monofisiti di Alessandria scelsero nuovamente quale patriarca Pietro Mongo, mentre i cattolici scelsero Giovanni Talaia. Sia Acacio che l'imperatore, influenzato da questi, si opposero a Talaia e favorirono Mongo. Costui, quindi, si recò a Costantinopoli a perorare la sua causa. Qui, con Acacio, si accordò su una formula di unione tra i cattolici e i monofisiti, poi approvata dall'imperatore Zenone nel 482 (Henotikon)[4].
Nel frattempo, il Papa ricevette sia gli ambasciatori inviati da Talaia per notificargli la sua elezione, sia una lettera dell'imperatore, nella quale Talaia veniva accusato di spergiuro e corruzione e in cui c'era la richiesta di riconoscimento di Mongo. Simplicio, allora, differì il riconoscimento di Talaia e, contemporaneamente, protestò energicamente contro l'elevazione di Mongo al Patriarcato di Alessandria. Tuttavia, Acacio mantenne la sua alleanza con Mongo e cercò di far accettare ai vescovi orientali la sua decisione. Per molto tempo Acacio non inviò informazioni di alcun genere al Papa, cosicché quest'ultimo, attraverso una lettera, lo rimproverò severamente. Quando finalmente Talaia giunse a Roma, nel 483, Simplicio era già morto.
Zelo di Simplicio nelle vicende interne della Chiesa di Roma
Nonostante le difficili vicende della Chiesa durante i disordini causati dalle invasioni barbariche, Simplicio esercitò una zelante cura pastorale anche in Occidente. Prese decisioni sulle questioni ecclesiastiche, nominò Zenone vescovo di Siviglia vicario papale in Spagna, in modo che le prerogative della sede papale potessero essere esercitate nel paese stesso a beneficio dell'amministrazione ecclesiastica.
Quando Giovanni vescovo di Ravenna, nel 482, designò Mutina come diocesi suffraganea della sua sede metropolitana e, senza averne il privilegio consacrò Giorgio vescovo di questa diocesi, Simplicio si oppose vigorosamente e difese i privilegi della sede papale.
Simplicio eresse quattro nuove chiese a Roma stessa. Una grande sala di forma rotonda sul Colle del Celio fu trasformata in chiesa e dedicata a santo Stefano; la parte principale di questo edificio, tuttora esistente, è nota come Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio. La Chiesa di Roma ricevette anche una bella sala vicino alla Basilica di Santa Maria Maggiore; Simplicio la trasformò in chiesa e la dedicò a sant'Andrea, facendovi aggiungere di un'abside adornato da mosaici[5]. Il Papa fece anche costruire un'altra chiesa dedicata a santo Stefano, dietro alla chiesa di San Lorenzo in Agro Verano, che non esiste più. Inoltre, fece costruire la chiesa di Santa Bibiana, nel luogo della sepoltura della Santa.
Per assicurarsi del regolare svolgimento delle funzioni, dell'amministrazione del battesimo e della disciplina della penitenza nelle grandi chiese catacombali fuori delle mura urbane, vale a dire la chiesa di San Pietro (in Vaticano), di San Paolo sulla Via Ostiense e di San Lorenzo sulla Via Tiburtina, Simplicio ordinò che il clero di tre sezioni designate della città doveva, secondo un ordine predeterminato, farsi carico delle funzioni religiose che vi si svolgevano.
Culto
Alla sua morte, Simplicio fu sepolto nel portico di San Pietro in Vaticano; in seguito, le sue spoglie furono traslate nel poliandro della basilica e, da allora, non se ne sa più nulla. Il Liber Pontificalis indica come giorno della sua sepoltura il 10 marzo.
Simplicio è venerato come santo dalla Chiesa cattolica; la sua festa ricorre il 10 marzo.
Predecessore: | Papa | Successore: | |
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Papa Ilario | 3 marzo 468 - 10 marzo 483 | Papa Felice III |
Note | |
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Fonti | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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