Papa Stefano I
Santo Stefano I Papa | |
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Santo | |
Paolo Cignani, Santo Stefano I papa (part. da Madonna e san Giuseppe in gloria con santo Stefano I papa e santa Pudenziana), 1755, olio su tela; Modigliana (Forlì-Cesena), Concattedrale di Santo Stefano papa[1] | |
Nascita | Roma |
Morte | Roma 2 agosto 257 |
Sepoltura | Pisa, Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri |
Informazioni sul papato | |
23° vescovo di Roma | |
Elezione al pontificato |
12 maggio 254 |
Fine del pontificato |
2 agosto 257 (per decesso) |
Durata del pontificato |
3 anni, 4 mesi e 21 giorni |
Predecessore | papa Lucio I |
Successore | papa Sisto II |
Extra | Papa Stefano I Anni di pontificato |
Cardinali | creazioni |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Ricorrenza | 2 agosto |
Collegamenti esterni | |
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Nel Martirologio Romano, 2 agosto, n. 4:
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Santo Stefano I (Roma; † Roma, 2 agosto 257) è stato il 23° vescovo di Roma e papa latino dal 12 maggio del 254 fino alla morte. Fu eletto nelle catacombe di San Callisto e morì il 2 agosto del 257 nella persecuzione dell'imperatore Valeriano che voleva così restaurare gli antichi culti romani. La Chiesa lo venera come santo.
Biografia
Secondo gli elenchi dei papi più antichi, proveniva da una nobile famiglia romana da tempo convertita al cristianesimo e suo padre si chiamava Jovius. Anche se ci sono dei dubbi sulle date connesse al pontificato di Stefano, generalmente si ritiene che fu consacrato il 12 maggio 254, divenendo vescovo di Roma in un periodo in cui le dispute interne che laceravano la Chiesa erano una minaccia maggiore delle persecuzioni esterne. Egli era preposto ad una delle sette diaconie in cui era stata divisa Roma e fu eletto presso il cimitero di San Callisto da presbiteri e diaconi titulari, in rappresentanza di tutti i fedeli. Non è storicamente provata l'affermazione contenuta nel Liber Pontificalis secondo la quale papa Lucio I, poco prima di essere martirizzato, avrebbe lasciato la cura della Chiesa al suo arcidiacono, Stefano. La maggior parte di ciò che conosciamo sul suo pontificato è connesso direttamente o indirettamente con gli insegnamenti dell'antipapa Novaziano.
Il suo intervento presso le Chiese d'Africa e d'Asia Minore, sul tema dei battesimi praticati da eretici fu forte ed autoritario. Stefano sostenne il principio che la Chiesa di Roma già adottava da tempo: l'efficacia del sacramento non dipendeva dallo stato di grazia di chi lo amministrava, ma dall'intenzione di compierlo in nome della Trinità. Quindi, per introdurre il fedele nella comunità cristiana, era sufficiente l'imposizione delle mani con l'invocazione dello Spirito Santo. Nella Chiesa d'Africa, d'Asia Minore e di Siria si chiedeva, in questi casi, la ripetizione del battesimo, pratica che era appoggiata sia da Novaziano che da san Cipriano.
Nella prima parte del suo pontificato, inoltre, Stefano fu frequentemente esortato da Faustino, vescovo di Lione, a prendere provvedimenti contro Marciano, vescovo di Arles che, rifacendosi alle dottrine di Novaziano, negava la comunione ai lapsi pentiti. Ma Stefano non diede seguito all'esortazione. I vescovi di Gallia si rivolsero allora a Cipriano, e lo implorarono di scrivere al papa. Questa lettera è l'unica fonte di informazioni giuntaci su questo affare. Il vescovo di Cartagine supplicò Stefano di imitare i suoi predecessori, e di istruire i vescovi di Gallia affinché condannassero Marciano, e lo sostituissero. Dato che Cipriano non aggiunse nulla su questo affare, si suppone che il Papa agì in concordanza con i suoi desideri, e che Marciano fu deposto.
Anche il caso dei vescovi spagnoli Marziale e Basilide portò Stefano ad un nuovo contatto con Cipriano. Essi erano stati condannati dai vescovi della loro provincia come libellatici, per aver rinnegato la fede. In un primo tempo si dichiararono colpevoli, ma, in seguito, si appellarono a Roma, e Stefano si adoperò per la loro restaurazione. Di conseguenza alcuni vescovi loro amici presero la loro difesa, ma gli altri portarono il caso di fronte a Cipriano. Questi convocò un sinodo di vescovi africani che rinnovò la condanna di Basilide e Marziale, ed esortò il popolo ad entrare in comunione con i loro successori. Nello stesso tempo, il sinodo dichiarò che Stefano aveva agito in quel modo perché "stando a distanza, ed ignorando i veri fatti" era stato ingannato da Basilide.
Ansioso di preservare la tradizione dei suoi predecessori in materia di carità e di fede, Stefano, provvide alle necessità di "tutte le province di Siria e d'Arabia". Ai suoi tempi i paramenti indossati dal clero per celebrare la messa e gli altri servizi della Chiesa non differivano per foggia o materiale da quelli indossati normalmente dai laici, pertanto, Stefano, secondo il Liber Pontificalis, ordinò che i paramenti che venivano usati per fini liturgici non fossero impiegati nel lavoro quotidiano.
Nell'anno 257 l'imperatore Valeriano emanò un editto contro tutte le gerarchie ecclesiastiche imponendo nello stesso tempo al popolo di riconoscere le divinità pagane e di esercitare il culto cristiano solo in privato.
Secondo il Liber Pontificalis, ma non ci sono prove storicamente accertate, il 2 agosto del 257 papa Stefano I avrebbe terminato il suo pontificato col martirio: nell'officiare la messa, sarebbe stato decapitato dai pretoriani dell'imperatore.
Culto
Fu sepolto nella Catacomba di San Callisto e il suo corpo fu traslato da papa Paolo I nella Chiesa di San Silvestro in Capite, dove fu rinvenuto nel 1596. Papa Clemente VIII lo fece spostare sotto l'altare maggiore. Secondo la tradizione, nel 1682, il suo corpo fu traslato nella Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa.
La reliquia del suo capo è conservata in un reliquiario argenteo nella città dalmata di Lesina, della cui diocesi è il patrono. A Lesina Stefano viene onorato con una solenne processione che, per motivi di organizzazione legati alla vocazione turistica di massa del luogo, si svolge, da qualche anno, il 2 ottobre anziché il 2 agosto (anniversario della morte di papa Stefano). Tale reliquia, portata in processione dai membri della locale Confraternita di San Nicolò, fu donata nel 1899 all'allora vescovo del luogo Fulgenzio Czarev dal patriarca di Venezia, Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X e santo, il quale l'aveva tratta dalla cripta della Chiesa di San Zaccaria di Venezia.
Predecessore: | Papa | Successore: | |
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papa Lucio I | 12 marzo 254 - 2 agosto 257 | papa Sisto II |
Note | |
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Fonti | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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