Papa Lino

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San Lino
Papa
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Benedetto Buglioni, Busto di san Lino papa (1521), terracotta invetriata; Volterra (Pisa), Museo Diocesano d'Arte Sacra
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte {{{età}}} anni
Nascita Volterra
Morte Roma
23 settembre 76 ca.
Sepoltura Necropoli vaticana
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Precedente {{{Precedente}}}
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Incarichi ricoperti
prima dell'elezione
Emblem of the Papacy SE.svg Informazioni sul papato
vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
68 ca.
Consacrazione
Fine del
pontificato
23 settembre 76
(per decesso)
Durata del
pontificato
11 anni
Segretario {{{segretario}}}
Predecessore San Pietro
Successore Anacleto
Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi
Venerato da
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Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
Ricorrenza 23 settembre
Altre ricorrenze
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Attributi
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di {{{patrono di}}}
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Consorte

Consorte di

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Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 23 settembre, n. 3:
« A Roma, commemorazione di san Lino, papa, al quale, come scrive sant'Ireneo, i beati Apostoli affidarono la cura episcopale della Chiesa fondata a Roma e che san Paolo Apostolo ricorda come suo compagno. »

San Lino (lat. Linus; Volterra, ; † Roma, 23 settembre 76 ca.) è stato il 2º vescovo di Roma e papa latino, primo successore di san Pietro, in carica dal 68 ca. alla sua morte.

Biografia

In tutti gli antichi elenchi dei primi vescovi di Roma il nome di Lino è posto immediatamente dopo quello di san Pietro. Tutte queste liste vanno ricondotte a un elenco cui attinse sant'Ireneo di Lione per un noto passo della sua opera Adversus haereses, composta durante il pontificato di papa Eleuterio († 185 ca.). Non è invece attendibile la testimonianza di Tertulliano[1] († 220 ca.) che, seguito da san Girolamo[2] († 420), pone come immediato successore dell'apostolo Pietro san Clemente Romano.

Il passo di Ireneo recita:

(EL) Traslitterazione (IT)
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«

Θεμελιώσαντες οὖν καὶ οἰκοδομήσαντες οἱ μακάριοι ἀπόστολοι τὴν Ἐκκλησίαν, Λίνῳ τὴν τῆς ἐπισκοπῆς λειτουργίαν ἐνεχείρισαν. Τούτου τοῦ Λίνου Παῦλος ἐν ταῖς πρὸς Τιμόθεον ἐπιστολαῖς μέμνηται. Διαδέχεται δ'αὐτὸν Ἀνέγκλητος, μετὰ τοῦτον δὲ τρίτῳ τόπῳ ἀπὸ τῶν ἀποστόλων τὴν ἐπισκοπὴν κληροῦται Κλήμης [...]  »

«

Themeliósantes oûn kaì oikodomésantes hoi makárioi apóstoloi tèn Ekklesían, Líno tèn tês episkopês leitourghían enecheírisan. Toútou toû Línou Paûlos en taîs pròs Timótheon epistolaîs mémnetai. Diadéchetai d'autòn Anénkletos, metà toûton dè tríto tópo apò tôn apostólon tèn episkopèn kleroûtai Klémes [...]  »

«

Dopo aver fondato e organizzato la Chiesa [di Roma], i beati Apostoli [Pietro e Paolo] affidarono l'ufficio di vescovo a Lino. Di questo Lino fa menzione Paolo nelle Lettere a Timoteo. Gli succedette Anacleto; dopo di lui, terzo dopo gli Apostoli, ottenne l'episcopato Clemente.  »

(Adversus heareses III, 3, 3 )

Ireneo identifica papa Lino con il personaggio menzionato in 2Tim 4,21 . Non sappiamo se questa identificazione si basa su un'antica fonte oggi perduta o se è sorta in un'epoca posteriore per un semplice caso di omonimia.

Eusebio di Cesarea (260 ca. - 340 ca.) ribadisce tale identificazione[3] e afferma ripetutamente che Lino fu il primo successore di Pietro[4], specificando che morì nel 79, dopo essere stato vescovo di Roma per dodici anni, a partire dal 68[5]. Nel Chronicon, invece, attribuisce al suo episcopato la durata di undici anni.

Secondo il Catalogo Liberiano (354), l'episcopato di Lino durò dodici anni, quattro mesi e dodici giorni, dal 56 al 67. L'indicazione di queste date non è attendibile e si basa forse su un calcolo compiuto dagli scrittori del IV secolo, convinti che Lino fosse stato il capo della comunità cristiana di Roma già durante gli ultimi anni di vita di san Pietro; così afferma, tra gli altri, Rufino di Aquileia (345 ca. - 410) nella sua traduzione alle Recognitiones pseudo-clementine. Questa ipotesi non ha però alcun fondamento storico: non c'è dubbio sul fatto che Lino sia stato vescovo di Roma dopo il martirio dei due Apostoli. La data della loro morte, tuttavia, sebbene fissata tradizionalmente al 29 giugno 67, non ci è nota con certezza.

Il Liber Pontificalis, in contrasto con il Catalogo Liberiano, attribuisce all'episcopato di Lino la durata di undici anni, tre mesi e dodici giorni. Sempre secondo quest'opera, Lino sarebbe stato originario dell'odierna Toscana e figlio di un certo Ercolano; non sappiamo però da quale fonte l'anonimo redattore abbia attinto questa notizia. Lino avrebbe anche ordinato, "in conformità all'ordine di san Pietro, che le donne entrassero in chiesa con il capo velato". Senza dubbio questo decreto è ricalcato su 1Cor 11,5 e arbitrariamente attribuito a Lino. Questi, dopo aver ordinato quindici vescovi e diciotto presbiteri, avrebbe anche sofferto il martirio. La notizia, però, non è suffragata da alcuna altra fonte, né può considerarsi attendibile: Ireneo, infatti, nel già citato elenco dei primi vescovi di Roma, parla di un "glorioso martirio" solo a proposito di Telesforo († 137 ca.)[6]. Sempre a questo proposito, bisogna anche considerare che Lino morì nel primo anno dell'impero di Vespasiano, che non scatenò alcuna persecuzione contro i cristiani.

Tradizioni posteriori

Le Constitutiones apostolorum[7] (IV secolo) riportano una tradizione indipendente da Ireneo ma priva di fondamento storico: Lino sarebbe stato consacrato vescovo da Paolo e, morto prima di Pietro, avrebbe avuto Clemente come suo successore. Sarebbe stato inoltre figlio di Claudia, personaggio ricordato insieme a Eubùlo, Pudènte e lo stesso Lino nel già citato passo di 2Tim 4, 21 . La tradizione che la diceva madre di Lino, sebbene isolata, si ampliò fino a fare di Pudènte il marito di Claudia e a identificarlo con Aulo Pudente, amico del poeta latino Marziale, che effettivamente avrebbe preso in moglie una Claudia, forse di origine britannica[8] e che si pretendeva imparentata con il re Caractacus: una tradizione ecclesiastica inglese, discussa ancora nel XIX secolo, sosteneva l'identificazione di Lino con un certo Llin, figlio di Caractacus e noto alle tradizioni agiografiche inglesi[9].

Sepoltura

Secondo il Liber Pontificalis, Lino, dopo la sua morte, fu sepolto in Vaticano presso la tomba di Pietro, come probabilmente avvenne per tutti i primi vescovi della Chiesa di Roma. Secondo Torrigio[10], nel 1615, durante gli scavi condotti presso la tomba di Pietro nella Basilica vaticana, fu rinvenuto un sarcofago con l'epigrafe LINUS. Diversi autori, tra cui Severano[11], hanno sostenuto che quei sepolcri contenessero i resti mortali dei primi vescovi di Roma: quello recante l'iscrizione sopraddetta, in particolare, sarebbe stato il sepolcro di Lino. Da un manoscritto di Torrigio, però, possiamo vedere che sul sarcofago in questione c'erano altre lettere accanto alla parola LINUS: è possibile, quindi, che si trattasse di qualche altro nome, come Aquilinus o Anullinus. Inolte, il luogo del ritrovamento della tomba non è compatibile con l'ipotesi secondo cui la stessa è il sepolcro di Lino[12].

Culto

Non si hanno testimonianze di un culto di san Lino nei primi secoli: il suo nome compare nel Martyrologium Hieronymianum alla data del 23 dicembre in una lista di vescovi di Roma. Lino è citato con Cleto e Clemente nel Communicantes del Canone romano della Messa. Questo si spiega, forse, come la volontà di attestare la successione apostolica dei primissimi vescovi di Roma.

La commemorazione di Lino, fissata al 26 novembre a partire dal Martyrologium di Floro, nei sinassari ortodossi è attestata il 4 o 5 novembre. Il Martirologio Romano pone la sua commemorazione al 23 settembre, riprendendo la data della sua sepoltura attestata nel Liber pontificalis. Però, per l'incertezza di questa notizia e di quella che fa di Lino un martire, il suo nome è stato espunto dal Calendarium Romanum promulgato nel 1969.

Nel X secolo, l'arcivescovo di Milano Arderico dedicò a Lino una cappella nella Basilica Apostolorum, probabilmente in relazione con tradizioni agiografiche secondo cui Lino avrebbe battezzato alcuni santi locali quali Nazario o Protasio.

La notizia dell'origine toscana di Lino, riportata dal Liber Pontificalis, ha originato una tradizione locale, forse di origine medievale ma attestata per la prima volta da Raffaele Maffei, secondo cui Lino sarebbe nato a Volterra dalla famiglia dei Mauri. Nel 1513 lo stesso Maffei fece edificare proprio a Volterra una chiesa dedicata a san Lino con annesso un convento di Clarisse. Nel 1519 fu approvato l'ufficio proprio di san Lino, nelle cui letture fu inglobata la tradizione dell'origine volterrana del Santo[9].

Scritti apocrifi

La tradizione manoscritta attribuisce erroneamente a Lino due testi in latino: un Martyrium beati Petri e un Martyrium beati Pauli. Il primo è stato ritenuto dal Lipsius una versione più antica del Martyrium Petri, sezione degli Atti di Pietro, redatti in lingua greca. Si tratta in realtà di un rifacimento dello stesso scritto, elaborato almeno IV-V secolo. Il Martyrium Pauli è invece una parafrasi degli Atti di Paolo; sebbene redatto all'incirca nello stesso periodo del primo scritto, non è necessariamente da attribuire allo stesso autore[9].

Nella Divina Commedia

Lino è citato da Dante nella Divina Commedia, all'interno di un'invettiva di san Pietro contro la corruzione della Chiesa del XIV secolo, contrapposta allo spirito di abnegazione dei primi pontefici:

« Non fu la sposa di Cristo allevata
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto,
per essere ad acquisto d'oro usata;

ma per acquisto d'esto viver lieto
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano
sparser lo sangue dopo molto fleto»
(Paradiso XXVII, 41-45)

Come si può notare, anche Dante condivideva l'opinione, oggi ritenuta errata, secondo cui Lino avrebbe subito il martirio.

Iconografia

Nell'iconografia tradizionale san Lino viene raffigurato in vesti papali con la tiara. Fra le opere di maggior rilievo storico-artistico, che lo raffigurano, si ricorda:


Predecessore: Papa Successore: Emblem of the Papacy SE.svg
San Pietro 67 - 76 Anacleto I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
San Pietro {{{data}}} Anacleto
Note
  1. De praescriptione, XXII
  2. De viris illustribus, 15
  3. Historia ecclesiastica III, 2; 4, 8
  4. Ibid. III, 2; 4, 8; 21
  5. Ibid. III, 13
  6. Si suppone, quindi, che tutti gli altri vescovi di Roma citati nell'elenco siano morti di morte naturale.
  7. Const. apost. VII, 46
  8. Marco Valerio Marziale, Epigrammata IV, 13; XI, 53
  9. 9,0 9,1 9,2 Francesco Scorza Barcellona (2000)
  10. Francesco Maria Torrigio (1618)
  11. Giovanni Severano (1630)
  12. Giovanni Battista de Rossi
  13. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri"
Fonti
Bibliografia
Voci correlate