Papa Celestino V
San Celestino V, O.S.B. Papa | |
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al secolo Pietro Angeleri | |
Santo | |
eremita e papa | |
Giulio Cesare Bedeschini, San Celestino V papa (1613 ca.), olio su tela; L'Aquila, Museo Nazionale d'Abruzzo | |
Età alla morte | circa 87 anni |
Nascita | Sant'Angelo Limosano [1] 1209/1215 ca. |
Morte | Castello di Fumone 19 maggio 1296 |
Sepoltura | L'Aquila, Basilica di Santa Maria di Collemaggio |
Consacrazione vescovile | 19 agosto 1294 |
Informazioni sul papato | |
192° vescovo di Roma | |
Elezione al pontificato |
Perugia 5 luglio 1294 Elezione papale del 1292-1294 |
Fine del pontificato |
Napoli 13 dicembre 1294 (dimissionario) |
Durata del pontificato |
5 mesi e 6 giorni |
Predecessore | papa Niccolò IV |
Successore | papa Bonifacio VIII |
Extra | Papa Celestino V Anni di pontificato |
Cardinali | 13 creazioni in 1 concistoro |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Canonizzazione | 5 maggio 1313, da Clemente V |
Ricorrenza | 19 maggio |
Collegamenti esterni | |
Biografia su vatican.va (EN) Scheda su gcatholic.org (EN) Scheda su catholic-hierarchy.org Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 19 maggio, n. 6:
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San Celestino V, al secolo Pietro Angeleri, detto Pietro del Morrone (Sant'Angelo Limosano [1], 1209/1215 ca.; † Castello di Fumone, 19 maggio 1296), è stato il 192º vescovo di Roma e papa italiano dal 29 agosto al 13 dicembre 1294.
Venerato come santo già dopo pochi anni dopo alla sua morte, il suo breve pontificato non appare particolarmente significativo dal punto di vista storico ed ecclesiale. La sua fama è principalmente legata al "gran rifiuto" (Dante) che fece decidendo di ritirarsi dal pontificato, all'epoca centro di giochi di potere secolari e clericali, che si addicevano poco alla sua personalità spirituale e ascetica.
Biografia
Origini ed eremita
Nacque attorno al 1209-10 in Molise, undicesimo figlio di una povera famiglia di contadini.
Entrò nel monastero benedettino di Santa Maria di Faifoli. Più attratto dalla vita eremitica, nel 1231 si ritirò sui monti per una vita ascetica e solitaria. Fu ordinato presbitero a Roma. Continuò la sua vita ascetica in una grotta presso Sulmona. La sua fama di santità attirava curiosi e devoti e nel 1245 decise di trasferirsi sui meno accessibili monti della Maiella. Seguito da alcuni discepoli, qui fondò l'eremo di Santo Spirito a Maiella, che dal 1252 iniziò ad attrarre anche offerte da benefattori. Nel 1259 Pietro ottenne il permesso di costruire la chiesa di Santa Maria del Morrone, alla quale legò il nome. Nel 1263 papa Urbano IV dispose l'inserimento degli eremiti di Santo Spirito nell'ordine benedettino. Il 22 marzo 1275 una bolla di papa Gregorio X confermava l'inserimento nell'ordine benedettino, garantendo l'autonomia economica della congregazione, che contava alcune decine di possedimenti. Infatti per quanto vicino a posizioni pauperiste e francescane, il gruppo non rifiutava donazioni.
Nel 1276 divenne abate di Santa Maria di Faifoli. Nel 1293, quando i lavori nella chiesa di Santa Maria del Morrone erano quasi ultimati, si ritirò a vita ascetica in una grotta solitaria dedicata a sant'Onofrio (Eremo di Sant'Onofrio al Morrone).
Elezione pontificia
Per approfondire, vedi la voce Elezione papale del 1292-1294 |
La morte di Papa Niccolò IV il 4 aprile 1292, primo pontefice di origine francescana, diede inizio a un difficile conclave per la scelta del successore. Le ricorrenti sessioni dei 12 cardinali (poi 11 per morte di peste di uno di loro) svoltesi tra Roma e Perugia non riuscirono a convergere su alcun candidato, complici le contrastanti pressioni delle casate romane e di alcune monarchie europee.
Pietro da Morrone, in una lettera inviata al cardinale decano Latino Malabranca, predisse alla Chiesa "gravi castighi" se questa non avesse provveduto a scegliere subito il proprio pastore. Il cardinale fu colpito dalla lettera e, complice la fama di santità dell'uomo, la consapevolezza della troppo prolungata durata del conclave e, non ultimo, l'anzianità e inesperienza in materia politica ed ecclesiastica dell'ormai 85enne Pietro che lo rendevano potenzialmente influenzabile, lo propose come candidato ai cardinali, per quanto non porporato. La sua richiesta fu accolta e Pietro venne eletto papa all'unanimità il 5 luglio 1294. La decisione gli fu comunicata il 18 luglio e dapprima rifiutò l'incarico, per poi accettare.
Scelse di essere incoronato all'Aquila e non a Roma, come la prassi voleva. Il 29 agosto 1294 il vecchio eremita fece l'ingresso nella città su un asino condotto dal re di Napoli Carlo II d'Angiò e da suo figlio Carlo Martello d'Angiò. La cerimonia di ordinazione episcopale e incoronazione pontificia avvenne nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio all'Aquila, dove scelse il nome di Celestino V. Nel corso della cerimonia concesse un'indulgenza plenaria a tutti i partecipanti.
Pontificato
Celestino decise inizialmente di risiedere all'Aquila e non a Roma. Qui il 18 settembre 1294 indisse un concistoro dove nominò 12 nuovi cardinali, 7 dei quali erano francesi e graditi all'angioino re Carlo II.
Il 27 settembre con la bolla Etsi cunctos ordines[2] approvò l'istituzione dell'ordine da lui fondato, chiamati Celestini, all'interno dell'ordine benedettino. Ai suoi seguaci affidò incarichi notevoli, come p. es. la conduzione dell'abbazia di Montecassino al seguace Angelerio.
Il 29 settembre con la bolla Inter Sanctorum sollemnia estendeva agli anni successivi, nella ricorrenza della sua incoronazione il 29 agosto, il privilegio del perdono di colpe e pene con indulgenza plenaria (Perdonanza) a tutti coloro che, confessati e pentiti dei propri peccati, si fossero recati nella Basilica di Santa Maria di Collemaggio dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. Si trattava di una ripresa del Perdono di Assisi ottenuto da san Francesco di Assisi per la Porziuncola il 2 agosto, concesso nel 1216 da papa Onorio III. Privilegio che fu poi ampliato ed esteso dal suo suo successore Bonifacio VIII a tutta la Chiesa cattolica per un anno intero in occasione del primo Giubileo del 1300.
Il 1º ottobre ratificò un trattato che, dopo la rivolta dei vespri siciliani nel 1282 e il passaggio all'influenza aragonese, avrebbe dovuto segnare il ritorno della Sicilia sotto il dominio angioino di Carlo II.
Meditava di trasferirsi a Roma, come da tradizione, ma dietro ulteriore consiglio di Carlo d'Angiò il 5 novembre 1294 trasferì la sede della curia da L'Aquila a Napoli, fissando la sua residenza nel Maschio Angioino. Qui fu allestita una stanza, arredata in modo molto semplice a modo di cella monastica e dove il papa si ritirava spesso a pregare e a meditare. Di fatto il papa era sì protetto da Carlo, ma anche quasi suo ostaggio, in quanto molte delle decisioni pontificie erano fortemente influenzate dal re angioino.
Da Napoli continuò la guida della Chiesa con una certa ingenuità e confusione: p. es. concesse uno stesso beneficio a diversi richiedenti e impose in curia ai cardinali l'uso del volgare italiano dato che non comprendeva abbastanza il latino. Verso fine anno, insofferente del suo ruolo che era anche giudicato dai cardinali romani come troppo subordinato all'angioino Carlo II, chiese in particolare al cardinale Benedetto Caetani (che gli successe come Bonifacio VIII) se poteva essere canonicamente lecita una sua rinuncia volontaria al pontificato (cosa non verificatasi prima) e ottenne risposta affermativa.
Concistori per la creazione di nuovi cardinali
Il 18 settembre 1294, tre settimane dopo la sua incoronazione, Celestino V creò dodici nuovi cardinali, metà dei quali del clero regolare e sette legati alla Francia:
- Simon de Beaulieu, arcivescovo di Bourges (Francia); creato cardinale vescovo di Palestrina (morto nell'agosto 1297)
- Bérard de Got, arcivescovo di Lione (Francia), fratello maggiore del futuro papa Clemente V; creato cardinale vescovo di Albano (morto nel giugno 1297)
- Tommaso d'Ocre, O.S.B. Cel., abate di San Giovanni in Piano; creato cardinale presbitero di Santa Cecilia (morto nel maggio 1300); beato
- Jean Le Moine, vescovo di Arras (Francia), vice-cancelliere di Santa Romana Chiesa; creato cardinale presbitero dei Santi Marcellino e Pietro (morto nell'agosto 1313)
- Pietro de L'Aquila, O.S.B., vescovo di Valva-Sulmona; creato cardinale presbitero di Santa Croce in Gerusalemme (morto nel giugno 1298)
- Guillaume de Ferrières, creato cardinale presbitero di San Clemente (morto nel settembre 1295)
- Nicolas (l'Aide) de Nonancour, cancelliere capitolare della Cattedrale di Parigi; creato cardinale presbitero di San Marcello (morto nel settembre 1299)
- Robert de Pontigny, O.Cist., superiore generale del suo Ordine; creato cardinale presbitero di Santa Pudenziana (morto nell'ottobre 1305)
- Simon d'Armentières, O.S.B. Clun.., creato cardinale presbitero di Santa Balbina (morto verso maggio 1297)
- Landolfo Brancaccio, creato cardinale diacono di Sant'Angelo in Pescheria (morto nell'ottobre 1312)
- Guglielmo Longhi, cancelliere di Carlo II d'Angiò, Re di Sicilia; creato cardinale diacono di San Nicola in Carcere (morto nell'aprile 1319)
- Francesco Ronci, O.S.B. Cel.., primo superiore generale della sua Congregazione; creato cardinale presbitero di San Lorenzo in Damaso (morto dopo ottobre 1294)
La creazione di un tredicesimo cardinale fu voluta dal pontefice senza rispettare le regole canoniche. Una sera, dopo cena, nominò semplicemente cardinale l'arcivescovo di Benevento senza alcuna delle consuete cerimonie di consultazione dei cardinali in concistoro. La creazione fu contestata dai cardinali e l'arcivescovo dovette rinunciare alla sua nomina irregolare e sottoporsi a un'elezione secondo le forme tradizionali.
- Giovanni di Castrocoeli, O.S.B. Cas., arcivescovo di Benevento; creato cardinale presbitero di San Vitale (morto nel febbraio 1295)
Rinuncia al pontificato
Davanti al concistoro riunito a Napoli, dopo solo tre mesi e quindici giorni dalla sua elezione, nonostante i numerosi tentativi per dissuaderlo da parte di Carlo d'Angiò, il 13 dicembre 1294 Celestino V, diede lettura di una bolla, appositamente preparata per l'occasione, nella quale si contemplava la possibilità di abdicazione del pontefice per gravi motivi. La cerimonia è particolarmente impressionante: Celestino V recita la formula della rinuncia al Soglio Pontificio, scende dal trono togliendosi l'anello e la tiara. Riveste la misera tonaca della sua congregazione ed esorta il collegio a eleggere al più presto un nuovo papa, per il bene della Chiesa:
(LA) | (IT) | ||||
« | Ego Caelestinus Papa Quintus motus ex legittimis causis, idest causa humilitatis, et melioris vitae, et coscientiae illesae, debilitate corporis, defectu scientiae, et malignitate Plebis, infirmitate personae, et ut praeteritae consolationis possim reparare quietem; sponte, ac libere cedo Papatui, et expresse renuncio loco, et Dignitati, oneri, et honori, et do plenam, et liberam ex nunc sacro caetui Cardinalium facultatem eligendi, et providendi duntaxat Canonice universali Ecclesiae de Pastore. » | « | Io papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della plebe [di questa plebe], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale. » | ||
Undici giorni dopo le dimissioni di Pietro il conclave, riunito a Napoli nel Maschio Angioino, elesse il nuovo papa nella persona del cardinal Benedetto Caetani, nativo della città laziale di Anagni. Aveva 64 anni circa e assunse il nome di Bonifacio VIII.
Bonifacio ritirò molti degli incarichi e benefici concessi da Celestino e trasferì di nuovo la curia da Napoli a Roma. Inoltre, temendo uno scisma da parte dei cardinali filo-francesi a lui contrari mediante la rimessa in trono di Celestino, diede disposizioni affinché l'anziano monaco fosse messo sotto custodia.
Reclusione e morte
Nel timore che la presenza di un papa emerito potesse creare divisione nella Chiesa lo fece porre sotto custodia. Celestino cercò di raggiungere la Grecia, dove si erano già rifugiati gli spirituali francescani. Fu fermato da emissari di Bonifacio VIII che lo rinchiusero nella rocca di Fumone, in Ciociaria, castello nei territori dei Caetani; qui il vecchio Pietro morì il 19 maggio 1296, probabilmente debilitato dalla deportazione coatta e dalla successiva prigionia, anche se non vi è prova che fosse stato trattato con durezza.
Pietro Celestino fu sepolto nei pressi di Ferentino, nella chiesa di Sant'Antonio sita presso l'abbazia celestina che dipendeva dalla casa madre di Santo Spirito del Morrone.
Culto
Il 5 maggio 1313 fu canonizzato da papa Clemente V, che si era trasferito ad Avignone, su sollecitazione del re di Francia Filippo il Bello, portando velocemente a termine l'iter avviato da Bonifacio. La festa liturgica il 19 maggio.
Nel gennaio 1327 le spoglie furono trasferite nella chiesa di Sant'Agata, nell'abitato di Ferentino, per evitare che cadessero nelle mani delle truppe di Anagni che avevano cinto d'assedio la cittadina. Un mese dopo (febbraio 1327), esse furono sottratte di nascosto e portate a dorso di mulo a L'Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, dove egli era stato consacrato e incoronato Papa e dove riposano tuttora.
È patrono di Isernia e compatrono dell'Aquila, di Urbino e del Molise.
Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu rubata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Rocca Passa, nel comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti o gli esecutori; pare però che durante quei due giorni sia stata eseguita una tomografia computerizzata sul corpo del pontefice.[5]
A seguito del disastroso terremoto dell'Aquila del 6 aprile 2009, il crollo della volta della basilica ha provocato il seppellimento della teca con le venerate spoglie, recuperata poi dai Vigili del Fuoco, dalla Protezione Civile e con la collaborazione della Guardia di Finanza.[6][7]
Nella letteratura
Jacopone da Todi
Jacopone da Todi, al momento dell'elezione, gli dedicò una nota lauda, in cui si domandava cosa avrebbe fatto il nuovo papa e se fosse stato all'altezza del compito, che inizia così:
« | Que farai, Pier da Morrone? Èi venuto al paragone. Vederimo êl lavorato che en cell'ài contemplato. S'el mondo de te è 'ngannato, séquita maledezzone. » |
Dante
Dante Alighieri è quello che, forse, si espresse nella maniera più critica nei suoi confronti. Secondo questa ipotesi, infatti, il personaggio nel III Canto dell'Inferno di cui si dice che:
« | Poscia ch'io v'ebbi alcun riconosciuto, vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto. » | |
sarebbe proprio Celestino V, ma occorre precisare che per Dante il concetto di viltà era riposto in tutt'altra categoria di personaggi. Jacopo Alighieri, figlio di Dante e tra i primi commentatori dell' Inferno e Boccaccio identificarono in Pietro Celestino il personaggio innominato del Canto terzo, utilizzando anche le parole di Bonifacio che nel Canto XXVI dell' Inferno, ai versi 103 e 104 menziona "le due chiavi che il mio antecessor non ebbe care", richiamando Mt 16,19 . Tuttavia, vi sono diverse interpretazioni della frase dantesca (attribuendola ad altri personaggi, come Esaù e Ponzio Pilato). Dante Alighieri era forse ben informato da esuli politici meridionali dell'educazione cistercense di Pietro del Morrone nell'abbazia più ghibellina d'Italia e aveva sperato che papa Celestino, del quale erano noti la vocazione pauperistica e il disinteresse per il potere, fosse il Papa Angelico profetizzato dal cistercense Gioacchino da Fiore, a sua volta fondatore e abate dell'abbazia di san Giovanni in Fiore, teorico dell'avvento dell'epoca dello Spirito Santo.
Petrarca
Francesco Petrarca invece diede di questo gesto un'interpretazione diametralmente opposta, ritenendo che una persona come l'Angeleri, dotata di alta spiritualità, non avrebbe mai potuto attendere ai doveri papali se quei doveri, come succedeva a quei tempi, rischiavano di compromettere alcuni principi morali. In altri termini,Celestino, non tollerava che la Chiesa nel corso della gestione temporale potesse sottostare a compromessi. Forse la semplice verità, non offuscata da visioni ideologiche vecchie o moderne, è che la persona di Pietro da Morrone non aveva le caratteristiche adatte per assumere il ruolo di pontefice del suo tempo, perché in realtà era persona prettamente spirituale, con forte vocazione eremitica anche se non privo della gestione delle persone e il maneggio degli affari. Contro la sua volontà si trovò a svolgere un ruolo non consono alle sue attitudini, affidatogli perché non si era trovato l'accordo in un conclave estremamente ridotto, e ormai al tramonto della sua intensa vita.
Altre opere
Alla vita di Celestino V è dedicato il romanzo storico L'avventura di un povero cristiano (1968) di Ignazio Silone, che nel 1974 ha avuto anche un omonimo adattamento televisivo.
Alla figura e al messaggio di Pace di Celestino V nonché alla Perdonanza è dedicato il "romanzo storico virtuale" La missione di Celestino, di Angelo De Nicola.
La Vita Coelestini, scritto da due discepoli di Celestino V, è la fonte biografica su Celestino V più antica e accurata.
Il titolo di un famoso romanzo new age degli anni '90, La profezia di Celestino, è frutto in realtà di un errore di traduzione dall'inglese "The Celestine Prophecy" (letteralmente La Profezia Celestiale). Ennesimo segno del destino per una figura tra le più controverse, discusse e spesso fraintese della intera storia religiosa italiana.
Genealogia episcopale
Per approfondire, vedi la voce Genealogia episcopale |
- Cardinale Giovanni di Castrocoeli, O.S.B. Cas.
- Cardinale Hugues Aycelin de Billom, O.P.
- Papa Celestino V
Predecessore: | Papa | Successore: | |
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Papa Niccolò IV | 7 luglio 1294 - 13 dicembre 1294 | Papa Bonifacio VIII |
Note | |
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Fonti | |
Bibliografia | |
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