Conclave del 1799-1800




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![]() Jacques-Louis David, Ritratto di papa Pio VII (1805), olio su tavola; Parigi, Museo del Louvre. | |||
Durata | dal 1º dicembre 1799 al 14 marzo 1800 | ||
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Luogo | Abbazia di San Giorgio Maggiore (Venezia) | ||
Partecipanti | 35 (10 assenti) | ||
Decano | Giovanni Francesco Albani | ||
Camerlengo | Romoaldo Braschi-Onesti | ||
Protodiacono | Antonio Maria Doria Pamphilj | ||
Segretario del conclave | Ercole Consalvi | ||
Veto | Del re Carlo IV di Spagna contro il cardinale Alessandro Mattei e di Francesco II d'Asburgo-Lorena contro tutti i cardinali del Regno di Franci, di Spagna, delle Due Sicilie, di Sardegna e della Repubblica di Genova | ||
Eletto Papa |
Barnaba Chiaramonti Pio VII | ||
Precedente |
Conclave del 1774-1775 | ||
Successivo |
Conclave del 1823 Leone XII | ||
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Il conclave del 1799-1800, ricordato anche come conclave di Venezia, si tenne nella città veneta nel Monastero benedettino di San Giorgio Maggiore, situato sull'omonima isola, dal 1º dicembre 1799 al 14 marzo 1800. Le sue particolari circostanze lo rendono un conclave anomalo a quelli precedenti e a quelli successivi. Si concluse con la nomina di Barnaba Niccolò Maria Luigi Chiaramonti a papa Pio VII.
Preparazione
Il 29 agosto 1799 morì in esilio Pio VI, prigioniero nella fortezza di Valance in Francia e si aprì la sede vacante. A quel momento il Collegio dei Cardinali contava 46 porporati. Il 23 ottobre morì a Bratislava József Batthyány. Il collegio cardinalizio non aveva un camerlengo, responsabile della conduzione della Chiesa durante le sedi vacanti, in quanto Carlo Rezzonico era pure deceduto agli inizi di quel drammatico anno, senza che il pontefice, prigioniero e impedito di entrare in contatto con i cardinali, avesse provveduto a una nuova nomina.
Spettò quindi al decano del Collegio cardinalizio, cardinal Gian Francesco Albani, preparare e dirigere i lavori conciliari. In realtà il suo lavoro era già iniziato prima della morte del papa, essendo questi prigioniero e impossibilitato a guidare la Chiesa. Questo incarico fu assunto dal decano che in collaborazione con un gruppo di cardinali presenti a Venezia, già dal giugno di quell'anno, si occupava del disbrigo degli affari correnti, in particolare rispondere alla corrispondenza che vescovi e nunzi inviavano per essere informati su quanto accadeva. In particolare l'Albani ebbe vari incontri con i cardinali, Antonelli, Vincenti, Maury, Pignatelli, della Somaglia, Braschi e Flangini.[1]
Durante questo effettivo governo cardinalizio della Chiesa si cercò di mobilitare i nunzi presso le monarchie cattoliche europee e gli altri regni per ottenere il recupero del regno temporale della stessa. A coordinare e sbrigare effettivamente queste attività fu il cardinal Antonelli che in quel momento assunse il compito di vero e proprio Segretario di Stato del Collegio cardinalizio.[2]
Il 2 ottobre i sedici cardinali presenti a Venezia si riunirono nel Patriarcato per nominare, in assenza del segretario del Sacro Collegio e del Concistoro, mons. Pietro Maria Negroni,[3] un prosegretario, fu chiamato a questo incarico mons. Ercole Consalvi uditore di Rota, che già in precedenza aveva svolto mansioni si segretariato per questi cardinali.
Il 19 ottobre il cardinal Romualdo Braschi Onesti, nipote di Pio VI, assunse le funzioni di Camerlengo della sede vacante.
Dal 23 ottobre si tennero nella basilica patriarcale di san Marco il novendiale, in onore del pontefice defunto, le cui spese furono sostenute dal mons. Antonio Despuig y Dameto allora ambasciatore della corte spagnola a Venezia. Le cerimonie si conclusero il 31 ottobre e l'allora arcivescovo titolare di Nisibi mons. Cesare Brancadoro ne tenne l'elogio funebre.
Il Maury in una lettera al suo referente Luigi XVIII del 26 ottobre indicò la presenza di un partito giacobita composto dai cardinali Zelada, Caprara, i due Doria Giuseppe e Antonio Maria, Roverella, Vincenti, Dugnani e Rinuccini. Il 2 novembre si riunirono a Venezia trentatré cardinali che secondo le valutazioni del Maury erano divisi in due fazioni: l'una che avrebbe sostenuto la candidatura di Giovanni Andrea Archetti e l'altra Giacinto Gerdil. Questi pronostici furono in parte disattesi: la candidatura Gerdil ebbe un effettivo sostegno nei primi giorni del conclave e raggiunse un massimo di quattordici voti il 19 dicembre ma in seguito naufragò per l'opposizione imperiale, mentre la candidatura Archetti non ricevette che un massimo di due voti, sempre agli inizi dei lavori[4].
Conclave

La cerimonia di inizio conclave ebbe luogo il 30 novembre e il giorno successivo il cardinale Albani, decano del Sacro Collegio, tenne l'orazione pro electione futuri summi pontificis. I conclavisti erano tutti concordi nel sostegno all'imperatore Francesco II, che nel frattempo con l'aiuto della Russia aveva liberato lo Stato pontificio dagli invasori francesi, ma con due sostanziali approcci: mentre una corrente si mostrava più incline ad accettare anche rinunce territoriali pur di accondiscendere all'Austria, l'altra rivendicava una più marcata autonomia dall'impero. Il primo gruppo propose la candidatura di Alessandro Mattei, gradito all'impero. Il secondo invece supportava la candidatura Bellisomi. All'apertura dei lavori erano presenti in san Giorgio trentaquattro cardinali a cui si aggiunse il 12 dicembre il rappresentante imperiale cardinal von Harras. A quel punto occorrevano ventiquattro voti per ottenere l'elezione pontificia.
Il segretario del conclave Ercole Consalvi in una lettera all'amico, ablegato a Vienna, Giuseppe Albani del 26 febbraio 1800 elenca la suddivisione dei tre gruppi che oramai da più di due mesi non riuscivano a trovare un successore a Pio VI. Il gruppo maggioritario, composto da diciotto cardinali, guidati dal decano Albani: il duca di York, Calcagnini, Honorati, Bellisomi, Chiaramonti, Busca, Borgia, Caprara, Maury, Bussi, Pignatelli, Roverella, della Somaglia, Braschi (effettivo capo gruppo), Rinuccini e i due Doria Giuseppe e Antonio Maria. Il gruppo composto di quindici elementi guidato dal cardinal Antonelli: Valenti Gonzaga, Spina, Gioannetti, Martiniana, Mattei, von Harras, Archetti, Livizzani, Lorenzana y Butrón, Dugnani, Vincenti, Carandini, Flangini, Ruffo. Consalvi indica poi due cardinali: Gerdil e Zelada come volanti, essi votavano secondo coscienza senza seguire condizionamenti dagli altri gruppi.[5]
A metà febbraio, dopo il colpo di stato in Francia che vide la nomina a primo console di Napoleone Bonaparte, Talleyrand fu immediatamente reinstallato all'ufficio degli affari esteri. Il cittadino ministro Talleyrand scrisse una lettera all'ambasciatore spagnolo a Parigi, il marchese de Muzquiz, esprimendo viva preoccupazione per quanto accadeva nel conclave veneziano, con l'invasiva influenza non solo della Casa d'Austria ma anche d'Inghilterra e Russia in conclave. Nella missiva si chiedeva nell'interesse di Francia e Spagna di riservandosi di accettarle o rifiutare una eventuale nomina (Testo della lettera (FR)).
Il 1º marzo la situazione di stallo sembrò smuoversi: 4 sostenitori di Bellisomi espressero l'intento di votare per Valenti, che così arrivò nello scrutinio del 4 marzo a 8 voti con quelli che già deteneva. Tuttavia il cardinal Antonelli manifestò aperta ostilità a questa iniziativa in quanto continuava a fare campagna per Mattei e ricorse così a un espediente: fece nominare il Valenti, settantaquattrenne e assai infermo, come scrutatore dei ballottaggi seguenti. Le difficoltà che l'infermo cardinale mostrò nello svolgere tale incarico divennero così palesi a tutto il sacro collegio. Le sue possibilità caddero repentinamente. L'8 marzo il partito maggioritario trovò un accordo con Antonelli, per far convergere i voti su Gerdil, ma quando la proposta venne fatta a Herzan, questi rispose che l'imperatore non l'avrebbe accettato, facendo così cadere anche questa candidatura.[6]
Nella sera dell'11 marzo, durante un colloquio tra Antonelli e Herzan su un eventuale supporto al cardinale Albani, giunse a interrompere la conversazione il cardinale Dugnani che avanzò la candidatura del cardinale, vescovo di Imola, Gregorio Barnaba Chiaramonti. Conscio della dissoluzione della fazione di supporto a Mattei, il rappresentante imperiale cardinal Herzan non poté opporsi.
La mattinata successiva Herzan convocò Chiaramonti per informarlo che numerosi cardinali del suo gruppo intendevano convogliare i loro voti su di lui. A tale notizia il Chiaramonti impallidì. Herzan gli disse che la corte non aveva atteggiamenti negativi alla sua persona, ma che il suo entourage non era gradito all'imperatore. Per migliorare questo aspetto gli propose di nominare come Segretario di Stato il cardinal Ludovico Flangini, onorato della confidenza dell'imperatore.
Chiaramonti rispose che non voleva diventare papa e che era soddisfatto della sua attività pastorale nella diocesi di Imola e che era consapevole che la sua nomina a pontefice lo avrebbe gettato in un mare in tempesta. Herzan gli rispose che il mare in tempesta si sarebbe calmato se la Chiesa si fosse messa sotto la protezione imperiale. Il Chiaramonti gli assicurò che, se fosse divenuto papa, avrebbe operato per meritarsi questa protezione e in tal senso chiese all'interlocutore di dargli utili consigli per raggiungere questo obiettivo. Pio fece notare a Herzan che il Flangini era inviso sia a Roma che a Vienna (Herzan riteneva questo discredito dovuto alla sua appartenenza alla Massoneria), pur facendo notare che da oltre un anno ne era divenuto amico e che si sarebbe potuto preconizzarlo per qualche altra carica governativa. Poi fece notare al rappresentante imperiale che promesse di nomine fatte prima dell'elezione papale erano oggetto di scomunica.
L'Herzan aggiunse che la corte avrebbe preferito chiaramente il cardinal Mattei a Segretario di Stato, ma che questi, almeno di un ordine diretto, non voleva accettare questa funzione, per motivi di coscienza.[7]

Il 12 marzo giunse da Madrid al cardinal Lorenzana l'autorizzazione per porre l'esclusiva formale contro il cardinal Mattei: a quella data tuttavia il veto si rivelò inutile, dato che la candidatura di Mattei era ormai stata accantonata da settimane.
Dopo un ultimo infruttuoso tentativo a favore della candidatura del cardinal Calcagnini, Herzan si convinse che Chiaramonti rappresentava l'unica alternativa per la sua prudenza e neutralità. Anche alcuni esponenti della fazione di Bellisomi cominciarono a pensare seriamente al vescovo di Imola così come il Maury. Il segretario del conclave mons. Ercole Consalvi pare fosse il nascosto suggeritore di questa candidatura, per ottenere la tanto agognata elezione, anche se nelle sue corrispondenze emerge chiaramente che egli avrebbe preferito la nomina di Bellisomi.
Il 12 marzo in serata si tenne un incontro, che si rilevò decisivo, tra Romualdo Braschi-Onesti e Leonardo Antonelli. I due porporati infatti si accordarono per far confluire i loro voti su Chiaramonti. L'accordo divenne pubblico presso tutti i cardinali il giorno dopo e a sera apparve chiaro che Chiaramonti sarebbe stato eletto. Il mattino del 14 marzo 1800 lo scrutinio decretò l'unanimità dei consensi alla nomina a pontefice di Gregorio Barnaba Chiaramonti, cardinale presbitero di san Callisto. Chiaramonti prese il nome di Pio VII in onore al suo predecessore, nonché conterraneo, Pio VI.
Collegio cardinalizio
Cardinali presenti
Cardinali assenti
Note | |
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Voci correlate | |