Papa Innocenzo X

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Innocenzo X
Papa
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al secolo Giovanni Battista Pamphilj
battezzato
ERRORE in "fase canonizz"
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Diego Velázquez, Papa Innocenzo X (1650), olio su tela; Roma, Galleria Doria Pamphilj[1]
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 80 anni
Nascita Roma
6 maggio 1574
Morte Roma
7 gennaio 1655
Sepoltura Roma, Chiesa di Sant'Agnese in Agone
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Nominato patriarca 19 gennaio 1626 da Urbano VIII
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Consacrazione vescovile Cappella Sistina, 25 gennaio 1626 dal card. vescovo Laudivio Zacchia
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Creazione
a Cardinale
{{{P}}}
Creato
Cardinale in pectore
30 agosto 1627 da Urbano VIII (vedi)
Pubblicato
Cardinale
19 novembre 1629 da Urbano VIII (vedi)
Deposto dal cardinalato [[{{{aPd}}}]] da [[{{{pPd}}}]]


Dimissioni dal cardinalato [[{{{aPdim}}}]]
Cardinale per 25 anni, 1 mese e 18 giorni
Cardinale per
Cardinale elettore
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pseudocardinale
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pseudocardinale
Eletto Antipapa {{{antipapa}}}
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Nomina a pseudocardinale annullata da {{{Annullato da}}}
Riammesso da
Precedente {{{Precedente}}}
Successivo {{{Successivo}}}
Incarichi ricoperti
prima dell'elezione
Emblem of the Papacy SE.svg Informazioni sul papato
236° vescovo di Roma
Elezione
al pontificato
15 settembre 1644
Conclave del 1644
Consacrazione 4 ottobre 1644
Fine del
pontificato
7 gennaio 1655
(per decesso)
Durata del
pontificato
10 anni, 3 mesi e 22 giorni
Segretario {{{segretario}}}
Predecessore papa Urbano VIII
Successore papa Alessandro VII
Extra Papa Innocenzo X
Anni di pontificato


Cardinali 40 creazioni in 8 concistori
Proclamazioni Beati
Antipapi {{{antipapi}}}
Eventi Giubileo del 1650
Venerato da {{{venerato da}}}
Venerabile il [[{{{aV}}}]]
Beatificazione [[{{{aB}}}]]
Canonizzazione [[{{{aS}}}]]
Ricorrenza [[{{{ricorrenza}}}]]
Altre ricorrenze
Santuario principale {{{santuario principale}}}
Attributi {{{attributi}}}
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
Nome completo {{{nome completo}}}
Trattamento {{{trattamento}}}
Onorificenze
Nome templare {{{nome templare}}}
Nomi postumi
Altri titoli
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Padre {{{padre}}}
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Innocenzo X, al secolo Giovanni Battista Pamphilj (Roma, 6 maggio 1574; † Roma, 7 gennaio 1655) è stato il 236º vescovo di Roma e papa italiano dal 1644 al 1655. Creato cardinale nel 1629, salì al soglio di Pietro il 15 settembre 1644. Educato come avvocato, dal punto di vista politico fu uno dei pontefici più abili della sua epoca.

Biografia

Le origini e la carriera ecclesiastica

Giovanni Battista Pamphilj nacque a Roma il 6 maggio 1574 da Camillo Pamphilj e Maria Cancellieri del Bufalo. I Pamphilj erano una famiglia eugubina stabilitasi a Roma alla fine del XV secolo. Giovanni Battista studiò sotto la supervisione dello zio, il cardinale Girolamo Pamphilj, presso il Collegio Romano, dove si laureò in giurisprudenza nel 1594. Questo dottorato fu il suo trampolino di lancio per entrare in Curia, dove ricoprì, tra il 1604 e il 1629, vari incarichi prestigiosi. Il 25 gennaio 1627, nella Cappella Sistina, fu consacrato vescovo dal cardinale Laudivio Zacchia, vescovo di Montefiascone, assistito da Alfonso Manzanedo, patriarca latino titolare di Gerusalemme e da Fabio Lagonissa, arcivescovo di Conza. Nel concistoro del 30 agosto 1627 fu creato cardinale in pectore da Urbano VIII. La sua nomina fu pubblicata nel concistoro del 19 novembre 1629. Il 12 agosto 1630 ricevette la berretta rossa e il titolo di Sant'Eusebio.

Gli anni del pontificato

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Conclave del 1644

Subito dopo la sua elezione, Innocenzo X intraprese un'azione legale contro la famiglia Barberini per malversazione. Taddeo Barberini aveva ricevuto dalla Camera Apostolica 5.000 scudi, altri 8.000 se li era procurati sotto i benefici vacanti, 5.000 sui titoli delle conquiste e 2.000 dalla rendita degli uffici, senza contare palazzi, opere d'arte e oggetti preziosi. Il papa, naturalmente, voleva rientrare in possesso di questa fortuna. I Barberini, che erano malvisti anche dal popolo romano, per non essere presi fuggirono a Parigi, dove trovarono un potente protettore nel cardinale Mazarino. Innocenzo X confiscò le loro proprietà e il 19 febbraio 1646 emise una bolla con la quale stabiliva che tutti i cardinali che avessero lasciato gli Stati Pontifici per sei mesi senza l'espressa autorizzazione del papa, dovevano essere privati dei loro benefici ed eventualmente del cardinalato. Il parlamento francese dichiarò l'ordinanza papale nulla in Francia, ma Innocenzo X non cedette fino a quando Mazarino non si preparò a inviare truppe in Italia. Da quel momento, la politica papale nei confronti della Francia divenne più amichevole e in seguito anche i Barberini vennero riabilitati. Nel periodo che va dal 1645 al 1646, Innocenzo X cercò anche di regolarizzare i riti cinesi e di incentivare le missioni in Africa e in Oriente. Nel 1647, nonostante si fosse in più occasioni mostrato benevolo verso la Spagna, condannò il malgoverno di Napoli.

L'avvenimento più importante accaduto durante il pontificato di Innocenzo X è la fine della Guerra dei Trent'anni, che si concluse con le firme dei trattati di Münster, tra Francia e Impero e di Osnabrück, tra Svezia e i protestanti da una parte e i cattolici e l'imperatore dall'altra (24 ottobre 1648). I due trattati sono conosciuti come "Pace di Westfalia". Le clausole in essa contenute regolarono la legislazione religiosa europea: ogni confessione avrebbe avuto libertà di culto; cattolici e protestanti furono parificati di fronte alla legge; ogni principe avrebbe potuto scegliere la sua religione, mentre i suoi sudditi lo avrebbero dovuto seguire (principio del "cuius regio eius et religio"); i domìni ecclesiastici sarebbero stati secolarizzati. Innocenzo X protestò immediatamente contro le clausole dei trattati, perché l'immediata conseguenza per la Chiesa cattolica era la perdita di tutti i vescovadi della Germania settentrionale e centrale e di molti conventi e monasteri. Al tavolo delle trattative, delegato dal Papa, sedette il nunzio Fabio Chigi, che protestò energicamente ma inutilmente. Il Papa, allora, scrisse il Breve "Zelo domus Dei" (26 novembre 1648). Tuttavia la protesta della Santa Sede venne completamente ignorata e non ebbe alcun effetto. Nel 1649 scoppiò la seconda guerra di Castro, provocata dall'omicidio di monsignor Cristoforo Giarda, vescovo di Castro, che ebbe forse per mandante il duca Ranuccio II Farnese. L'esercito pontificio invase il ducato e, dopo un breve assedio, rase al suolo la città. Dopo aver sparso sale sulle rovine, fu innalzata una colonna con l'epigrafe: "Qui fu Castro".

Il Giubileo

Con la bolla Appropinquat dilectissimi filii del 4 maggio 1649, Innocenzo X proclamò il XIV Giubileo. La vigilia di Natale dello stesso anno, il papa in persona aprì la Porta Santa. Come già avevano fatto i suoi predecessori, provvide al blocco degli sfratti e degli affitti e a sospendere tutte le indulgenze eccetto quella della Porziuncola. Con questo Giubileo, per la prima volta, l'indulgenza giubilare fu estesa alle province belghe e alle Indie occidentali. Roma fu visitata da circa 700.000 pellegrini e, per l'occasione, si convertirono al cattolicesimo anche un certo numero di protestanti. A causa della massiccia presenza di pellegrini, il Papa ridusse il numero delle visite alle basiliche e concesse l'indulgenza anche a chi avesse assistito alla chiusura di una delle Porte Sante alla vigilia di Natale del 1650, o avesse presenziato alla benedizione papale impartita dalla Loggia della Basilica Vaticana nel giorno di Natale.

Durante lo svolgimento del Giubileo, Spagna e Francia fecero quasi a gara nel dimostrare la propria ricchezza nelle cerimonie. Nel mese di gennaio Filippo IV mandò 2 ambasciatori in Vaticano, con un seguito di 460 carrozze. Inoltre non badò a spese perché le cerimonie organizzate nelle chiese e dalle confraternite spagnole superassero tutte le altre per magnificenza e splendore.

Nei ricordi popolari del XIV Giubileo sono rimasti due avvenimenti: l'incidente avvenuto all'apertura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore e l'incidente della processione del Crocifisso di San Marcello.

All'apertura della Porta Santa di Santa Maria Maggiore, il diciassettenne Francesco Maidalchini, nipote di Donna Olimpia Maidalchini, s'incaricò della funzione al posto del cardinale arciprete. All'apertura, quando il giovane vide una cassetta di oggetti preziosi murata alla fine del giubileo precedente, tentò di portarsela via, ma gli fu impedito dai canonici di Santa Maria Maggiore. Il Crocifisso miracoloso di San Marcello venne portato a San Pietro dalla Compagnia del Crocifisso la notte del Giovedì Santo. Lungo il percorso, mentre cinque cardinali, l'ambasciatore di Spagna, oltre cento flagellanti, cori musicali e la gente incedevano con lumi accesi, alcuni cavalli s'imbizzarrirono e terrorizzarono i presenti a tal punto che tutti fuggirono.

Fuori dalle quattro basiliche spesso avvenivano anche scontri tra le varie confraternite per questioni di precedenza. La cerimonia più importante dell'anno fu la Messa celebrata in Piazza Navona dal Papa stesso. Durante questo anno giubilare, Alessandro Algardi scolpì l'altorilievo raffigurante il papa Leone Magno mentre ferma Attila e la statua di Innocenzo X in Campidoglio; il Bernini scolpì l'estasi di Santa Teresa d'Ávila e il Borromini restaurò San Giovanni in Laterano. Inoltre si diede inizio ai lavori per la costruzione del palazzo di Montecitorio. Tra i pellegrini che visitarono Roma ci fu anche la regina Cristina di Svezia.

Innocenzo X e il Giansenismo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Giansenismo

La più importante delle sue decisioni dottrinarie fu la condanna dell'opera di Giansenio, l'"Augustinus". Spinto da 88 vescovi francesi e da San Vincenzo de'Paoli, istituì una commissione che doveva esaminare le cinque proposizioni tratte da quel libro e ricavate dal dottore della Sorbona Niccolò Cornet. Tali proposizioni affermavano:

  • 1. Alcuni precetti di Dio sono impossibili da osservare, neppure dai giusti, per la mancanza della Grazia necessaria;
  • 2. Alla grazia interiore, nello stato di natura decaduta, l'uomo non può resistere;
  • 3. Per acquistare merito o demerito non si richiede la libertà dalla necessità interna, ma soltanto la libertà dalla costrizione esterna;
  • 4. I semipelagiani errarono insegnando che la volontà umana può resistere alla Grazia o assecondarla;
  • 5. È un errore semipelagiano affermare che Cristo è morto per tutti.

Il 31 maggio 1653, con la bolla "Cum occasione", le tesi di Giansenio vennero condannate come eretiche.

I giansenisti rispettarono la sentenza papale, riconoscendo come eretiche le proposizioni censurate, ma, seguendo le tesi di Antoine Arnauld e di Blaise Pascal, negarono che le proposizioni riflettessero la vera dottrina di Giansenio. La Compagnia di Gesù fece una lotta spietata a quest'eresia. Gli agostiniani si trovarono in gravi difficoltà, perché venivano accusati di approvare le dottrine di Michele Baio e di Giansenio, entrambi lettori di Sant'Agostino.

Donna Olimpia Maidalchini

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Donna Olimpia Maidalchini

Innocenzo X subì fortemente l'influenza di Olimpia Maidalchini, moglie del fratello scomparso e soprannominata Pimpaccia. La donna, nata a Viterbo nel 1592, era bella, intelligente e furba. Dopo essere rimasta vedova, riuscì a sposare Pamphilio Pamphilj, più vecchio di trent'anni e fratello del futuro papa, la cui ascesa la cognata supportò (e poi sfruttò) energicamente. Rimasta nuovamente vedova ed entrata nelle grazie di Innocenzo, divenne sua consigliera. A Roma era risaputo che qualsiasi decisione importante veniva presa solo dopo una consultazione con Donna Olimpia. Per questo nel giro di pochi anni divenne la donna più temuta e più odiata, di Roma.

Il soprannome di Pimpaccia derivò da una pasquinata: "Olim pia, nunc impia", che tradotto dal latino suona 'una volta religiosa, adesso empia'. Ovviamente Donna Olimpia sistemò anche il figlio Camillo, che fu prima nominato capo della flotta e delle forze dell'Ordine della Chiesa e poi fatto cardinale. Rinunciò alla porpora per sposare Olimpia Aldobrandini, giovane figlia del principe Borghese. I contrasti tra le due Olimpie diventarono l'argomento centrale dei pettegolezzi delle famiglie nobili di Roma. Negli ultimi anni di vita del pontefice, Olimpia vendette benefici ecclesiastici per l'importo di 500.000 scudi. Il successore di Innocenzo X, papa Alessandro VII], la esiliò a Orvieto; alla sua morte, nel 1657, Olimpia lasciò in eredità 2.000.000 di scudi.

Piazza Navona

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Piazza Navona

Capolavoro artistico di Innocenzo X fu la sistemazione di Piazza Navona, iniziata nel 1647 con la sistemazione dell'obelisco ritrovato nel Circo di Massenzio, sulla Via Appia. Nel 1650 il Papa bandì una gara d'appalto per la costruzione della Fontana dei Quattro Fiumi. Il progetto fu inizialmente affidato al Borromini, ma il Bernini, con uno stratagemma, riuscì ad aggiudicarsi il lavoro. Fece recapitare a Donna Olimpia un modellino d'argento della fontana con grotte, leoni, palme e sopra l'obelisco. Il Pontefice, vedendo "per caso" il modellino, ne rimase entusiasta e gli affidò i lavori. La fontana fu inaugurata nel 1651 e fu pagata con i proventi delle tasse sul pane, sul vino e su altri generi di consumo, attirando sul Papa il risentimento popolare.

Nel 1653 il Bernini modificò la fontana, progettata nel 1575 da Giacomo della Porta, aggiungendo un delfino che reggeva, sulla coda alzata, una lumaca, ma la figura non piacque e quindi fu sostituita dal busto di un africano che accarezza un delfino. Per questo motivo la fontana si chiama oggi "Fontana del Moro". La terza fontana non fu toccata.

Morte e sepoltura del papa

Giovanni Battista Maini, Monumento funebre di papa Innocenzo X (1730 ca.), marmo; Roma, Chiesa di Sant'Agnese in Agone, controfacciata

Innocenzo X morì il 7 gennaio 1655.

Donna Olimpia fece sparire dai suoi appartamenti tutto ciò che trovò e non volle dare nulla per la sepoltura. Per l'avarizia dei parenti, la salma del pontefice rimase per un giorno in una stanza e, solo grazie alla generosità del maggiordomo mons. Ranuccio Scotti Douglas, che fece costruire una povera cassa e del canonico Segni, che spese cinque scudi per la sepoltura, Innocenzo poté essere inumato nella basilica patriarcale del Vaticano.

Successivamente, le sue spoglie vennero traslate nella Chiesa di Sant'Agnese in Agone, adiacente al Palazzo Pamphilj e inumate nel monumento funebre marmoreo, scolpito nel 1730 circa da Giovanni Battista Maini su commissione del nipote Camillo e del pronipote Giovanni Battista, posto sulla controfacciata dell'edificio sacro.[2]

Successione Apostolica

Cardinali creati da Innocenzo X

Onorificenze

Gran Maestro dell'Ordine supremo del Cristo - nastrino per uniforme ordinaria Gran Maestro dell'Ordine supremo del Cristo

Genealogia episcopale

Successione degli incarichi

Predecessore: Nunzio apostolico per il Regno di Napoli Successore: Emblem Holy See.svg
Paolo Emilio Filonardi 26 marzo 1621 - 26 marzo 1625 Lorenzo Tramallo
(ad interim)
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Paolo Emilio Filonardi {{{data}}} Lorenzo Tramallo
(ad interim)
Predecessore: Patriarca titolare di Antiochia Successore: PatriarchNonCardinal PioM.svg
Luigi Caetani 19 gennaio 1626 - 19 novembre 1629 Cesare Monti I
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Luigi Caetani {{{data}}} Cesare Monti
Predecessore: Nunzio apostolico in Spagna Successore: Emblem Holy See.svg
Giulio Cesare Sacchetti 30 maggio 1626 - 1º marzo 1630 Cesare Monti I
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Giulio Cesare Sacchetti {{{data}}} Cesare Monti
Predecessore: Cardinale presbitero di Sant'Eusebio Successore: CardinalCoA PioM.svg
Giacomo Cavalieri 12 agosto 1630 - 15 settembre 1644 Girolamo Grimaldi-Cavalleroni I
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Giacomo Cavalieri {{{data}}} Girolamo Grimaldi-Cavalleroni
Predecessore: Prefetto della Congregazione del Concilio Successore: Emblem Holy See.svg
Fabrizio Verospi 27 gennaio 1639 - 15 settembre 1644 Francesco Cennini de' Salamandri I
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Fabrizio Verospi {{{data}}} Francesco Cennini de' Salamandri
Predecessore: Camerlengo del Collegio Cardinalizio Successore: Emblem Holy See.svg
Giandomenico Spinola 12 gennaio 1643 - 14 marzo 1644 Gil Carrillo de Albornoz I
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Giandomenico Spinola {{{data}}} Gil Carrillo de Albornoz


Predecessore: Papa Successore: Emblem of the Papacy SE.svg
Papa Urbano VIII 15 settembre 1644 - 7 gennaio 1655 Papa Alessandro VII I
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Papa Urbano VIII {{{data}}} Papa Alessandro VII
Note
  1. Il ritratto di Diego Velázquez venne giudicato dallo stesso pontefice "troppo realistico".
  2. Scheda dell'opera nel Catalogo della Fondazione "Federico Zeri" . URL consultato il 5.2.2019
  3. rinunciò al cardinalato il 21 gennaio 1647 - sposò Olimpia Aldobrandini il 10 febbraio
  4. pubblicato nel concistoro del 6 marzo 1645
  5. pubblicato nel concistoro del 4 dicembre 1645
  6. rinunciò al cardinalato con lettera del 9 novembre 1647, dimissionato nel concistoro del 6 luglio 1648
  7. pubblicato nel concistoro del 14 marzo 1650
  8. pubblicato nel concistoro del 2 marzo 1654
Bibliografia
  • Olivier Poncet, Enciclopedia dei Papi, III, Roma, 2000, pp. 321-335.
Voci correlate


Collegamenti esterni