Papa Clemente VII
Clemente VII, al secolo Giulio di Giuliano de' Medici (Firenze, 26 maggio 1478; † Roma, 25 settembre 1534) è stato il 219º vescovo di Roma e papa italiano dal 1523 alla morte. Fu un esponente della famiglia fiorentina dei Medici.
Biografia
Le origini e la giovinezza
Giulio era figlio naturale, poi legittimato, di Giuliano de' Medici, ucciso nella Congiura dei Pazzi un mese prima della sua nascita e di una certa Fioretta, forse figlia di Antonio Gorini. Da giovane fu affidato, dallo zio Lorenzo il Magnifico, alle cure di Antonio da Sangallo. Dopo poco tempo, però, lo zio lo prese direttamente sotto la sua protezione. Nel 1488 riuscì a convincere Ferdinando I d'Aragona a concedergli il priorato di Capua dell'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, beneficio prestigioso e molto remunerativo.
Nel 1495, a causa delle sollevazioni popolari contro il cugino Piero il Fatuo, scappò da Firenze per rifugiarsi prima a Bologna, poi a Pitigliano, Città di Castello e Roma, dove visse per molto tempo ospite del cugino cardinale Giovanni, il futuro papa Leone X.
Arcivescovo di Firenze
Il 9 maggio 1513 fu eletto arcivescovo di Firenze dal cugino papa Leone X, che aveva ripreso la città sconfiggendo le truppe francesi alleate dei repubblicani fiorentini e il 14 agosto dello stesso anno Giulio fece il suo ingresso a Firenze. Alla morte del cugino Lorenzo, duca di Urbino, divenne anche signore della città. Sia come arcivescovo che come governatore si dimostrò un abile uomo di governo. Pur ricevendo spesso incarichi e missioni diplomatiche per conto del Papa, non trascurò mai la sua arcidiocesi e con la collaborazione del suo vicario generale Pietro Andrea Gammaro volle conoscere, attraverso i singoli inventari, la situazione di tutte le chiese sotto la sua giurisdizione. Nel 1517 tenne un sinodo di tutto il clero. Da cardinale diacono nel frattempo fu dichiarato cardinale presbitero, con il titolo di San Clemente (26 giugno 1513) e poi di San Lorenzo in Damaso.
Sventò una congiura tramata contro di lui e fu inflessibile contro i suoi nemici (1522).
I pontificati di Leone X e di Adriano VI
Nel 1513, con l'elezione di Leone X, Giulio ebbe la concessione dell'arcidiocesi di Firenze e, il 23 settembre dello stesso anno, dopo una serie di procedure e dispense per superare lo scoglio della sua nascita illegittima, fu creato cardinale. Dopo questa nomina iniziò la sua ascesa, caratterizzata da una grande ricchezza di benefici ecclesiastici e da un ruolo molto delicato all'interno della politica pontificia. Tra le sue azioni è da ricordare il tentativo di costituire un'alleanza con l'Inghilterra, per aiutare Leone X a contrastare le mire egemoniche di Francia e Spagna; per questo motivo fu nominato cardinale protettore d'Inghilterra. La caratteristica principale della politica di questo periodo fu la ricerca di un equilibrio tra i principi cristiani e l'indizione del Concilio Lateranense V (1512-1517), durante il quale Giulio si interessò di lotta contro le eresie.
Il 9 marzo 1517 fu nominato Vicecancelliere di Santa Romana Chiesa, incarico che gli diede modo di mettere alla prova le sue qualità diplomatiche, mostrando un contegno serio e apparentemente illibato in confronto a quello mondano e dissoluto del cugino. Mentre cercava di organizzare una crociata contro i turchi, che Leone X reputava assolutamente necessaria, dovette risolvere due problemi: la protesta luterana e la successione dell'Impero che, dopo Massimiliano I, toccò al nipote Carlo, già re di Napoli. Nel corso del 1521 la situazione di Firenze (di cui era Governatore cittadino) lo fece allontanare abbastanza spesso da Roma, ma l'improvvisa morte del papa, avvenuta nello stesso anno, lo costrinse a tornare a Roma per partecipare al conclave. Fu eletto Adriano VI, di cui aveva sostenuto la candidatura per ottenere l'appoggio di Carlo V. L'anno successivo fu vittima di una congiura, senza conseguenze, ordita dai repubblicani.
Il conclave
Il 3 agosto 1523 l'opera diplomatica di Giulio giunse alla sua conclusione: venne ratificata l'alleanza tra il papato e Carlo V. Poco dopo, nel settembre 1523, morì Adriano VI e Giulio, con l'appoggio dell'imperatore, dopo un conclave lungo e difficoltoso, durato dal 1º ottobre al 19 novembre 1523, fu eletto al soglio di Pietro assumendo il nome di Clemente VII.
La composizione del conclave
Presero parte alla votazione finale i seguenti 39 cardinali, su un totale di 45:
- Bernardino López de Carvajal, vescovo di Ostia e Velletri, decano del Sacro Collegio dei Cardinali
- Francesco Soderini, vescovo di Palestrina
- Alessandro Farnese, seniore, vescovo di Frascati (Eletto papa Paolo III nel Conclave del 1534)
- Niccolò Fieschi, vescovo di Sabina
- Antonio Maria Ciocchi del Monte, vescovo di Albano
- Marco Cornaro, amministratore di Verona
- François Guillaume de Castelnau-Clermont-Lodève, arcivescovo di Auch
- Sigismondo Gonzaga
- Pietro de Accolti
- Achille Grassi, vescovo di Bologna
- Lorenzo Pucci
- Giulio de' Medici, arcivescovo di Firenze, amministratore di Narbona. (Eletto papa Clemente VII)
- Innocenzo Cibo, amministratore di Torino e di Marsiglia
- Giovanni Piccolomini, arcivescovo di Siena, amministratore de L'Aquila
- Giovanni Domenico de Cupis, amministratore di Trani
- Andrea della Valle, vescovo di Mileto, vescovo di Crotone, amministratore di Gallipoli
- Bonifacio Ferreri
- Giovanni Battista Pallavicino, vescovo di Cavaillon
- Scaramuccia Trivulzio
- Pompeo Colonna, amministratore di Potenza
- Domenico Giacobacci (o Jacobatii)
- Louis de Bourbon de Vendôme, vescovo di Laon, amministratore di Le Mans
- Lorenzo Campeggio
- Ferdinando Ponzetta, vescovo di Grosseto
- Silvio Passerini
- Francesco Armellini Pantalassi de' Medici
- Tommaso de Vio Caetano, O.P., vescovo di Gaeta
- Egidio Canisio, O.S.A.
- Cristoforo Numai, O.F.M., amministratore di Alatri, amministratore di Isernia
- Gualterio (o Guillermo) Raimundo de Vich, vescovo di Barcellona e Cefalú
- Franciotto Orsini
- Paolo Emilio Cesi
- Alessandro Cesarini, amministratore di Pamplona
- Giovanni Salviati, amministratore di Ferrara
- Nicolò Ridolfi, amministratore di Orvieto
- Ercole Rangone, vescovo di Modena
- Agostino Trivulzio, amministratore di Bobbio e Alessano
- Francesco Pisani
- Willem van Enckevoirt, vescovo di Tortosa
I seguenti cardinali non parteciparono al conclave:
- Matthew Lang von Wellenberg, arcivescovo di Salisburgo
- Thomas Wolsey, arcivescovo di York, vescovo di Durham
- Alfonso di Portogallo, arcivescovo di Lisbona, vescovo di Évora
- Albrecht von Brandenburg, arcivescovo di Magonza
- Eberhard von der Mark, vescovo di Liegi e Chartres
- Giovanni di Lorena, vescovo di Metz, amministratore di Toul
I primi anni di pontificato
L'elezione del nuovo pontefice venne salutata con entusiasmo, anche se certe aspettative si dimostrarono mal riposte: Giulio de' Medici risultò incapace di risolvere con decisione i problemi che dovette affrontare. Cercò di mantenere una politica di neutralità nella contesa tra Carlo V e Francesco I di Valois per il predominio sull'Italia e sull'Europa; Carlo V era intenzionato a restaurare l'Impero, ammodernando le sue strutture amministrative e perseguendo una politica espansionistica, che lo portava in rotta di collisione con il re di Francia. Nell'ottobre 1524, quando Francesco I conquistò Milano, il delicato apparato diplomatico messo in piedi da Clemente VII andò in crisi. Il Papa, mentre l'arcivescovo di Capua, Niccolò Schomberg, lo spingeva a intraprendere una politica filoimperiale, mandò a trattare il datario apostolico, il filofrancese Gian Matteo Giberti, che dovette tornare indietro all'arrivo delle truppe imperiali in Lombardia. In quel periodo anche la Riforma si andava espandendo sempre più in Germania. Nella seconda dieta di Norimberga, del febbraio 1524, gli stati tedeschi ratificarono l'editto di Worms come legge dell'Impero, promettendo però al legato pontificio, cardinale Lorenzo Campegio, di mandarlo in esecuzione soltanto "nei limiti del possibile" e chiedendo un concilio nazionale che avrebbe dovuto aver luogo a Spira nello stesso anno. Sia il papa che l'imperatore negarono tale eventualità.
Il 24 febbraio 1525 le truppe imperiali sconfissero quelle francesi a Pavia, catturando lo stesso Francesco I e deportandolo a Madrid. Francesco venne umiliato, dovette perdonare Carlo di Borbone e reinsediarlo nelle sue terre, fu costretto a lasciare in ostaggio i suoi due figli e fu invitato a sposare la sorella di Carlo V, Eleonora. Nel 1526 fu costretto ad accettare la pace di Madrid, secondo la quale doveva rinunciare a Milano, a Napoli e alla Borgogna; dopo aver firmato la pace, il 18 marzo, Francesco I fu rilasciato.
La Lega di Cognac
Per approfondire, vedi la voce Lega di Cognac |
Francesco I, dopo essere tornato in Francia, lamentando di essere stato costretto con la violenza ad accettare i patti, si rifiutò di ratificare il trattato di Madrid. Il 22 maggio 1526, a Cognac sur la Charente, stipulò con Clemente VII, Firenze, Venezia e Francesco Maria Sforza una lega per scacciare gli imperiali dall'Italia. I confederati si obbligavano a mettere insieme 2.500 cavalieri, 3.000 cavalli e 30.000 fanti; Francesco I avrebbe dovuto mandare un esercito in Lombardia e un altro in Spagna, mentre i veneziani e il pontefice avrebbero dovuto assalire il regno di Napoli con una flotta di ventotto navi. Cacciati gli spagnoli, il Papa avrebbe dovuto mettere sul trono napoletano un principe italiano, che avrebbe dovuto pagare al re di Francia un canone annuo di 75.000 fiorini. Francesco I non tenne mai fede ai patti e, per tutto il 1526, non partecipò alle operazioni, preferendo trattare con Carlo V il riscatto dei figli.
Il fatto più grave che occorse al Papa fu il tradimento del cardinale Pompeo Colonna che, incoraggiato da Carlo V con promesse e ricompense, nella notte tra il 19 e il 20 settembre 1526 occupò con un esercito di 8000 uomini la porta di San Giovanni in Laterano e Trastevere, spingendosi lungo il Borgo Vecchio fino al Vaticano. Clemente VII si rifugiò a Castel Sant'Angelo, lasciando che il Vaticano venisse saccheggiato dalle truppe del cardinale. Il Papa, vedendo che gli alleati non onoravano i patti, concluse una tregua di 8 mesi con l'imperatore, ma Carlo di Asburgo non accettò l'armistizio.
Il 31 marzo l'imperatore passò il Reno nei pressi di Bologna e si diresse verso la Toscana. Le truppe della Lega, comandate da Francesco Maria I della Rovere e dal marchese di Saluzzo, si accamparono vicino a Firenze per proteggerla dall'esercito invasore, ma questo, attraverso il territorio di Arezzo e quindi di Siena, si diresse verso Roma. Lungo il tragitto Carlo di Borbone devastò Acquapendente e San Lorenzo alle Grotte, occupando Viterbo e Ronciglione. Il 5 maggio gli invasori giunsero sotto le mura di Roma, che era difesa da una milizia piuttosto raffazzonata comandata da Renzo da Ceri.
Il Sacco di Roma
Per approfondire, vedi la voce Sacco di Roma (1527) |
L'assalto alle mura del Borgo iniziò la mattina del 6 maggio 1527 e si concentrò tra il Gianicolo e il Vaticano. Per essere di esempio ai suoi, Carlo di Borbone fu tra i primi ad attaccare, ma mentre saliva su una scala fu colpito a morte da una palla d'archibugio, che sembra sia stata tirata da Benvenuto Cellini. La sua morte accrebbe l'impeto degli assalitori che, a prezzo di gravi perdite, riuscirono a entrare in città.
Durante l'assalto Clemente VII pregava nella sua cappella privata e, quando capì che la città era perduta, si rifugiò a Castel Sant'Angelo insieme ai cardinali e agli altri prelati. Nel frattempo gli invasori trucidavano i soldati pontifici. L'esercito imperiale era composto di circa 40.000 uomini, così suddivisi: 6.000 spagnoli agli ordini di Carlo di Asburgo, a cui si erano aggiunte le fanterie italiane di Fabrizio Maramaldo, di Sciarra Colonna e di Luigi Gonzaga "Rodomonte"; molti cavalieri si erano posti sotto il comando di Ferrante I Gonzaga e del principe d'Orange, Filiberto di Chalons, che era succeduto al Borbone; inoltre si erano accodati anche molti disertori della lega, i soldati licenziati dal Papa e numerosi banditi attratti dalla speranza di rapine. A questi si aggiunsero i 14.000 lanzichenecchi comandati da Georg von Frundsberg, mercenari bavaresi, svevi e tirolesi, tutti luterani esasperati dalla fame e dal ritardo nei pagamenti, che consideravano il papa come l'anticristo e Roma come la Babilonia corruttrice, attratti dalla possibilità di arricchirsi saccheggiando la città.
Furono profanate tutte le chiese, furono rubati i tesori e furono distrutti gli arredi sacri. Le monache furono violentate, così come le donne che venivano strappate dalle loro case. Furono devastati tutti i palazzi dei prelati e dei nobili, a eccezione di quelli fedeli all'imperatore. La popolazione fu sottoposta a ogni tipo di violenza e di angheria. Le strade erano disseminate di cadaveri e percorse da bande di soldati ubriachi, che si trascinavano dietro donne di ogni condizione e da saccheggiatori che trasportavano oggetti rapinati.
L'8 maggio il cardinale Pompeo Colonna entrò a Roma seguito da molti contadini dei suoi feudi, che si vendicarono dei saccheggi subiti per ordine del Papa, saccheggiando tutte le case in cui ancora rimaneva qualcosa da rubare o da distruggere.
Tre giorni dopo il principe d'Orange ordinò che si cessasse il saccheggio; ma i lanzichenecchi non ubbidirono e Roma continuò a essere violata, finché vi rimase qualcosa di cui impossessarsi. Il giorno stesso in cui cedettero le difese di Roma, il capitano pontificio Guido Rangoni si spinse fino al Ponte Salario con una schiera di cavalli e di archibugieri ma, vista la situazione, si ritirò a Otricoli. Francesco Maria della Rovere, che si era riunito alle truppe del marchese di Saluzzo, si accampò a Monterosi in attesa di novità.
Il 6 giugno Clemente VII capitolò, obbligandosi a versare al principe d'Orange 400.000 ducati, di cui 100.000 immediatamente e il resto entro tre mesi; era inoltre pattuita la consegna di Parma, Piacenza e Modena. Clemente VII, per evitare di ottemperare alle condizioni imposte dall'imperatore, abbandonò Roma e, il 16 dicembre 1527, si ritirò a Orvieto.
Pace con Carlo V
Carlo inviò un'ambasciata presso il Papa per fare ammenda dell'episodio. E Clemente alla fine, non ritenendolo responsabile, lo perdonò. Dopo questi accordi, intorno alla fine del 1529, fu stipulata la Pace di Barcellona, secondo i termini della quale il Papa, il 24 febbraio 1530, incoronò Carlo V imperatore, come segno di riconciliazione tra papato e impero. Carlo si impegnò anche ad aiutare il Papa a restaurare i Medici a Firenze, abbattendo la repubblica fiorentina e a concedere la Borgogna a Francesco I, che si impegnava a disinteressarsi degli affari italiani. Firenze fu consegnata ad Alessandro de' Medici (figlio illegittimo di Lorenzo), che sposò Margherita, figlia naturale di Carlo V.
Con i problemi della Riforma che infuocavano la Germania, l'imperatore si allontanò da Roma e, con i turchi che imperversavano persino sul litorale laziale, il Papa si riavvicinò alla Francia. Carlo V allora, con l'intenzione di rompere la nuova amicizia, propose al Papa una lega di tutti gli stati italiani contro i turchi e gli propose di convocare un concilio generale per pacificare la Germania. Clemente VII accolse di buon animo la proposta della lega, ma non accettò la proposta del concilio, temendo di procurare un'arma per i suoi avversari. L'unica cosa che fu disposto a concedere fu un accordo segreto, consacrato con la bolla del 24 febbraio 1533, in cui il Papa si impegnava a convocare il concilio a data da destinarsi.
Nell'estate del 1533, il Papa celebrò le nozze tra la nipote Caterina de' Medici, figlia di Lorenzo II de' Medici e il delfino di Francia, Enrico II di Francia, secondogenito di Francesco I.
Lo scisma anglicano
Per approfondire, vedi la voce Scisma anglicano |
Clemente VII fu talmente attento alla politica italiana ed europea che trascurò e sottovalutò il movimento protestante, in special modo quello inglese. Enrico VIII non aveva un erede maschio e di questo incolpava la moglie Caterina d'Aragona, la cui unica figlia era la principessa Maria. Dopo numerose relazioni con altrettante dame di corte, si innamorò di Anna Bolena, una delle più belle signore del tempo, ma protestante. Dal 1527 Enrico iniziò a cercare un modo per divorziare da Caterina, prendendo come scusa che il matrimonio con la vedova del fratello non poteva essere valido.
Per perorare la sua causa Enrico mandò a Roma Thomas More - il futuro San Tommaso Moro - grande umanista e abile giurista. Nonostante le motivazioni addotte, il Papa riteneva il divorzio impossibile, anche perché l'imperatore Carlo V era nipote di Caterina e il papa non voleva renderselo nemico. Allora Enrico cominciò a esercitare pressioni sul Papa, arrivando nel 1529 alla soppressione dell'indipendenza degli ecclesiastici inglesi, arrogandosi il diritto di nominare i vescovi. Nel gennaio 1533 Enrico VIII sposò Anna Bolena e, nel maggio dello stesso anno, il precedente matrimonio con Caterina d'Aragona fu dichiarato ufficialmente nullo dall'Arcivescovo di Canterbury. Dopo alcuni mesi, il 7 settembre 1533 nacque la futura regina Elisabetta, figlia di Enrico VIII e Anna Bolena. L'11 luglio 1533, Enrico venne scomunicato e il Papa continuò a ritenere legittimo il solo matrimonio con Caterina. Il re rispose allora con l'Atto di Supremazia, votato dal Parlamento il 3 novembre 1534, che lo dichiarava Re supremo e unico Capo della Chiesa d'Inghilterra, attribuendosi quel potere spirituale che fino a quella data era stato appannaggio esclusivo del pontefice. Chi, come lo stesso Thomas More, rifiutò di accettare con giuramento il provvedimento e di riconoscere il nuovo matrimonio del re, con il relativo ordine di successione al trono, fu considerato reo di alto tradimento e punito con la morte.
Lo scisma era ormai compiuto. Tutti i pagamenti che prima erano versati al Papa ora venivano versati alla corona; il Parlamento escluse la principessa Maria dalla successione al trono in favore della figlia di Anna Bolena, nella speranza di un futuro erede maschio. La Bibbia venne tradotta in inglese, ai presbiteri fu permesso di sposarsi e le reliquie dei santi vennero distrutte. Tuttavia la religione di Enrico rimase quella cattolica.
La politica interna e culturale di Clemente VII
Nei periodi in cui non dovette dedicarsi alla politica, Clemente VII fu un grande mecenate, con un occhio particolare alla ricerca di uomini particolarmente arguti che lo distraessero durante i pasti. Il 17 dicembre 1524, con la bolla Inter sollicitudines et coram nobis, indisse il IX giubileo.Il Papa aprì personalmente la Porta Santa. L'affluenza dei pellegrini, purtroppo, fu scarsa a causa delle guerre, del timore dell'avanzata turca e della rivolta dei contadini in Germania. Inoltre, nell'agosto 1525 si ebbe una nuova epidemia di peste. Fu l'ultimo dei giubilei medioevali.
Tornato a Roma dopo la permanenza a Orvieto, Clemente VII proseguì la sua opera di mecenate: sviluppò la Biblioteca Vaticana, continuò la costruzione della Basilica di San Pietro, portò a termine i lavori del Cortile di San Damaso e di Villa Madama. Incaricò, inoltre, Michelangelo di affrescare la Cappella Sistina con il Giudizio Universale, seguendone personalmente i lavori. Commentò e fece pubblicare tutte le opere di Ippocrate. Nel 1528 approvò l'Ordine dei Cappuccini e, nel 1530, approvò i Chierici Regolari di San Paolo (detti Barnabiti).
Morte del papa
Il Papa morì a Roma il 25 settembre 1534, dopo aver mangiato l'amanita phalloides (un fungo mortale). Il suo era stato un pontificato intensissimo e controverso - segnato dall'onta del Sacco di Roma - durato undici anni.
Clemente VII venne sepolto nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva. Il suo monumento funebre, in marmo, è collocato nel coro di fronte a quello del cugino Leone X e fu realizzato, tra il 1536 e il 1541, da Antonio da Sangallo il Giovane, Bartolomeo Bandinelli e Giovanni Lippi.[1]
Genealogia episcopale
- Papa Giulio II
- Cardinal Raffaele Sansone Riario
- Papa Leone X
- Papa Clemente VII
Cardinali creati da Clemente VII
Concistoro del 3 maggio 1527
- 1. Benedetto Accolti, arcivescovo di Ravenna † 21 settembre 1549
- 2. Agostino Spinola, vescovo di Perugia † 18 ottobre 1537
- 3. Niccolò Gaddi, vescovo di Fermo † 16 gennaio 1552
- 4. Ercole Gonzaga, vescovo di Mantova † 3 marzo 1563
- 5. Marino Grimani, patriarca di Aquileia † 28 settembre 1546
Concistoro del 21 novembre 1527
- 1. Antonio Sanseverino, O.S.Io.Hier. † notte fra il 17 e il 18 agosto 1543
- 2. Gianvincenzo Carafa, arcivescovo di Napoli † 28 agosto 1541
- 3. Andrea Matteo Palmieri, arcivescovo di Acerenza e Matera † 20 gennaio 1537
- 4. Antoine du Prat, arcivescovo di Sens † 9 luglio 1535
- 5. Enrique de Cardona y Enríquez, arcivescovo di Monreale † 7 febbraio 1530
- 6. Girolamo Grimaldi, chierico di Genova † 27 novembre 1543
- 7. Pirro Gonzaga, vescovo di Modena † 28 gennaio 1529
- 8. Sigismondo Pappacoda, vescovo di Tropea † 1536
Concistoro del 7 dicembre 1527
- 1. Francisco de los Ángeles Quiñones, O.F.M., ministro generale del suo ordine † 5 novembre 1540
Concistoro del 20 dicembre 1527
- 1. Francesco Cornaro, seniore, patrizio di Venezia † 26 settembre 1543
Concistoro del gennaio 1529
- 1. Girolamo Doria, chierico di Genova † 25 marzo 1558
Concistoro del 10 gennaio 1529
- 1. Ippolito de' Medici, arcivescovo di Avignone † 10 agosto 1535
Concistoro del 13 agosto 1529
- 1. Mercurino Arborio di Gattinara, laico, giureconsulto e cancelliere dell'imperatore Carlo V † 5 giugno 1530
Concistoro del 9 marzo 1530
- 1. François de Tournon, arcivescovo di Bourges † 22 aprile 1562
- 2. Bernardo Clesio, principe-vescovo di Trento † 30 luglio 1539
- 3. Louis de Gorrevod, vescovo di Saint-Jean de Maurienne † 1535
- 4. García de Loaysa y Mendoza, O.P., vescovo di Osma † 22 aprile 1546
- 5. Íñigo López de Mendoza y Zúñiga, vescovo di Burgos † 9 giugno 1535
Concistoro dell'8 giugno 1530
- 1. Gabriel de Gramont, vescovo di Tarbes, ambasciatore del re Francesco I di Francia † 26 marzo 1534
Concistoro del 22 febbraio 1531
- 1. Alfonso Manrique de Lara y Solís, arcivescovo di Siviglia † 28 settembre 1538
- 2. Juan Pardo de Tavera, arcivescovo di Santiago di Compostela † 1º agosto 1545
Concistoro del 22 settembre 1531
- 1. Antonio Pucci, vescovo di Pistoia † 12 ottobre 1544
Concistoro del 21 febbraio 1533
- 1. Esteban Gabriel Merino, vescovo di Jaén e patriarca delle Indie Occidentali † 28 luglio 1535
Concistoro del 3 marzo 1533
- 1. Jean d'Orléans-Longueville, arcivescovo di Tolosa e vescovo di Orléans † 24 settembre 1533
Concistoro del 7 novembre 1533
- 1. Jean Le Veneur, vescovo di Lisieux † 7 agosto 1543
- 2. Claude de Longwy de Givry, vescovo di Langres † 9 agosto 1561
- 3. Odet de Coligny de Châtillon, laico, di una famiglia francese illustre † 13 aprile 1571
- 4. Philippe de la Chambre, O.S.B., abate di Saint-Pierre-de-Corbie † 21 febbraio 1550
Onorificenze
Gran Maestro dell'Ordine supremo del Cristo | |
Successione degli incarichi
Predecessore: | Papa della Chiesa cattolica | Successore: | |
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Papa Adriano VI | 19 novembre 1523 - 25 settembre 1534 | Papa Paolo III |
Predecessore: | Arcivescovo di Embrun | Successore: | |
---|---|---|---|
Rostaing d'Ancezune 1494-1510 |
1510-1511 | Niccolò Fieschi 1511-1516 |
Predecessore: | Arcivescovo di Firenze | Successore: | |
---|---|---|---|
Cosimo de' Pazzi | 1513-1523 | Niccolò Ridolfi |
Predecessore: | Cardinale diacono di Santa Maria in Domnica | Successore: | |
---|---|---|---|
Giovanni de' Medici | 1513-1517 | Innocenzo Cybo |
Predecessore: | Vescovo di Albi | Successore: | |
---|---|---|---|
Robert Guibé | 1513-1515 | Adrian Gouffier de Boissy |
Predecessore: | Arcivescovo di Narbona | Successore: | |
---|---|---|---|
Guillaume Briçonnet | 1515-1523 | Giovanni di Lorena |
Predecessore: | Abate Commendatario di Morimondo | Successore: | |
---|---|---|---|
Federico Sanseverino | 1516-1521 | Innocenzo Del Monte |
Predecessore: | Cardinale presbitero di San Clemente | Successore: | |
---|---|---|---|
Francesco Argentino | 1517 | Luigi de' Rossi |
Predecessore: | Cardinale presbitero di San Lorenzo in Damaso | Successore: | |
---|---|---|---|
Raffaele Sansoni Galeotti Riario | 1517-1523 | Pompeo Colonna |
Predecessore: | Vice-Cancelliere di Santa Romana Chiesa | Successore: | |
---|---|---|---|
Sisto Gara della Rovere | 9 marzo 1517 - 19 novembre 1523 | Pompeo Colonna |
Predecessore: | Vescovo di Albenga | Successore: | |
---|---|---|---|
Bandinello Sauli | 1517-1518 | Giangiacomo di Gambarana |
Predecessore: | Abate commendatario di San Paolo alle Tre Fontane | Successore: | |
---|---|---|---|
Raffaele Riario | 1518 - 1520 | Andrea Della Valle |
Predecessore: | Signore di Firenze | Successore: | |
---|---|---|---|
Lorenzo Duca di Urbino | 1519-1523 | Cardinale Ippolito de' Medici Alessandro de' Medici il Moro |
Predecessore: | Vescovo di Eger | Successore: | |
---|---|---|---|
Ippolito I d'Este | 1520-1523 | Pál Várdai |
Predecessore: | Papa | Successore: | |
---|---|---|---|
Papa Adriano VI | 19 novembre 1523 - 25 settembre 1534 | Papa Paolo III |
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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