Papa Urbano VIII
Papa Urbano VIII, al secolo Vincenzo Maffeo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568; † Roma, 29 luglio 1644) è stato il 235º vescovo di Roma e papa italiano in carica dal 1623 alla sua morte, avvenuta nel 1644.
Biografia
Le origini e la carriera ecclesiastica
Maffeo Barberini, nato a Firenze il 5 aprile 1568, era il quinto dei sei figli di un ricco mercante. Studiò presso i gesuiti prima e presso il Collegio Romano poi. Trasferitosi a Pisa, conseguì la laurea in giurisprudenza, così come era desiderio della famiglia.
A soli venti anni entrò, come avvocato, nell'amministrazione dello Stato Pontificio, ove svolse una lunga e prestigiosa carriera, coronata anche dall'incarico di nunzio apostolico a Parigi. Dal 1604 al 1608 fu arcivescovo di Nazareth, Canne e Monteverde, con sede a Barletta in Puglia.[1] In questo periodo, all'età di 38 anni (ovvero nel 1606), ricevette la berretta cardinalizia da papa Paolo V, che gli fu imposta addirittura dalle mani di Enrico IV, re di Francia. Due anni più tardi lasciò la sede nazarena e divenne arcivescovo di Spoleto.
Morto lo zio che, da giovane, lo aveva ospitato a Roma, ne ereditò il cospicuo patrimonio, con il quale acquistò un prestigioso palazzo, arredandolo in maniera sfarzosa, in stile rinascimentale.
Il suo atteggiamento neutrale gli fu di aiuto per la sua elezione.
Il conclave
Per approfondire, vedi la voce Conclave del 1623 |
Dopo la morte di papa Gregorio XV (al secolo Alessandro Ludovisi), il collegio cardinalizio, proseguendo l'operato del defunto pontefice, aveva tentato di arginare le ingerenze degli stati cattolici nell'elezione pontificia.
Spagna, Francia e Austria, infatti, a ogni elezione, esercitavano la loro decisiva influenza tramite i rispettivi cardinali presenti in conclave. Contro queste interferenze, Gregorio XV aveva emanato nel 1621 la bolla Aeterni Patris, seguita, l'anno successivo, dalla bolla Decet Romanorum Pontificem, in cui veniva riaffermata la necessità della clausura durante il conclave, l'obbligo dell'elezione a maggioranza dei due terzi del Sacro Collegio e tutta una serie di atti formali a garanzia degli obblighi citati.
Ma le aspettative di riportare l'elezione papale nell'esclusivo ambito ecclesiastico, per effetto degli atti emanati da papa Gregorio, andarono deluse quando giunse il momento di eleggere il suo successore.
Il Sacro Collegio si riunì in conclave il 19 luglio 1623 e subito cominciarono le schermaglie tra le due fazioni presenti, quella filo-francese e quella filo-spagnola, disattendendo totalmente quanto papa Ludovisi aveva stabilito mediante le due Bolle emanate qualche anno prima. I lavori del conclave erano condizionati, tra l'altro, anche dalle vicende del grande conflitto in corso nell'Europa centrale, che aveva avuto inizio nel 1618 e che è noto come "guerra dei trent'anni".
Il Sacro Collegio era composto di 67 cardinali, ma soltanto 55 presero parte al conclave.
Il conclave era nelle mani della Spagna, che lo gestiva da giorni e giorni attraverso un autentico gioco a eliminazione, fin quando la grande calura estiva, unita a un'epidemia di malaria che aveva cominciato a decimare i porporati, non indusse il Sacro Collegio a far convergere i voti necessari sul nome del cardinal Maffeo Barberini, fiorentino. Aveva 55 anni.
Il pontificato
Il pontificato del Barberini si aprì quando la Guerra dei trent'anni era in pieno svolgimento. Le operazioni belliche erano, infatti, già iniziate da ben cinque anni e si stava per concludere il cosiddetto "periodo boemo-palatino", con la sconfitta dei protestanti, la vittoria degli imperiali e l'esilio di Federico V, principe elettore del Palatinato.
Stava anche per iniziare il "periodo danese", che vedeva uno schieramento di alleanze alquanto diverso da quello che aveva caratterizzato il precedente arco di tempo. La Francia, infatti, non era più nelle mani della reggente Maria de'Medici, ma in quelle del potente cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII di Francia. Il Richelieu, pur cattolico, non intendeva più appoggiare il cattolicissimo Impero asburgico, onde evitare un nuovo accerchiamento come ai tempi dell'Imperatore Carlo V del Sacro Romano Impero. Facendo, quindi, prevalere la ragion di stato, si schierò dalla parte dell'alleanza tra Inghilterra, Olanda e Danimarca, in funzione antiasburgica. La qual cosa significava l'appoggio della Francia ai prìncipi luterani, con la conseguenza della fine di ogni possibilità di restaurazione cattolica in Europa.
Urbano VIII, ritenendo che la guerra in Europa si combattesse ancora per fini di religione, si era schierato con la Francia, ancor prima che Richelieu decidesse di schierarsi contro l'Impero. Questo errore di valutazione politica e strategica ebbe come conseguenza la perdita di credibilità della figura del Papa come arbitro delle controversie internazionali.
L'errore fondamentale del Barberini stava nel fatto che, invece di proporsi come arbitro delle controversie religiose, egli tentò di proporsi come arbitro delle controversie politiche tra gli Stati in lotta, autoproclamandosi, in tal modo, egli stesso come uno Stato al di sopra degli Stati. Non si era reso conto che lo Stato Pontificio, con lo scoppio della guerra dei trent'anni, ormai contava ben poco politicamente.
Nel 1627, con la costituzione apostolica Debitum istituì la Congregazione dei Confini per provvedere alla difesa dello Stato Ecclesiastico, impedendo ogni cessione illegale, risolvendo ogni vertenza giurisdizionale interna o con gli stati esteri limitrofi e cercando di riavere i territori perduti.
Una vicenda importante lo vide impegnato nell'impresa della riconquista del ducato di Castro e Ronciglione, che in quel momento era nelle mani di Odoardo I Farnese. Il ducato di Castro, ubicato alle porte di Roma, era stato assegnato da papa Paolo III (Alessandro Farnese) ai nipoti, unitamente a notevoli privilegi fiscali. Ma Urbano VIII veniva da una famiglia rivale della famiglia Farnese e nello stesso tempo intendeva riportare il ducato sotto il governo dello Stato della Chiesa.
Approfittando del fatto che i Farnese in quel momento erano fortemente indebitati presso alcuni banchieri romani, il Papa confiscò tutti i loro beni e dichiarò loro guerra. Il ducato di Castro fu occupato nel mese di ottobre 1641; successivamente Odoardo Farnese fu scomunicato e il Pontefice lo dichiarò decaduto da tutti i diritti di proprietà e sovranità, minacciandolo di privarlo anche del ducato di Parma e Piacenza.
Fallito ogni tentativo di giungere a un accordo, il Papa dichiarò che il ducato di Castro era possedimento della Chiesa e la famiglia Farnese ne aveva usurpato il titolo. L'atteggiamento del Papa su questa vicenda, però, indusse gli altri prìncipi italiani a guardare con sospetto la posizione del Pontefice. Costui, infatti, se fosse venuto in possesso anche del ducato di Parma e Piacenza, avrebbe costituito una potenziale minaccia all'integrità territoriale degli Stati dell'Italia del Nord, soprattutto perché Urbano VIII era appoggiato dalle armi francesi.
Odoardo Farnese, presa coscienza di avere l'appoggio di tutte le signorie dell'Italia del Nord e ottenuta l'alleanza di Firenze e Venezia, allestì un piccolo esercito, alla testa del quale marciò verso Roma, dando inizio a una vera e propria guerra che andò avanti, con alterna fortuna, per ben quattro anni. Le operazioni militari ebbero termine soltanto a causa dell'esaurimento delle finanze da parte di tutti i belligeranti. Nel 1644 si raggiunse un accordo di pace, che vide non solo la revoca della scomunica da parte del Papa, ma anche la restituzione del ducato di Castro al Farnese. Si era consumato, in tal modo, un altro fallimento della politica di Urbano VIII.
Sul piano dei rapporti internazionali, il papato di Urbano VIII si svolse contemporaneamente alle vicende legate alla Guerra dei trent'anni, di cui il Pontefice non riuscì a vedere la conclusione. Aumentò ulteriormente la divisione tra cattolici e protestanti schierandosi contro l'Impero, così che l'Imperatore Ferdinando II d'Asburgo, dopo aver firmato il ben noto "Editto di restituzione", mediante il quale restituiva alla Chiesa cattolica le sedi ecclesiastiche sottratte ai protestanti, iniziò a nominarne i vescovi, nonostante il netto rifiuto papale ad autorizzarlo in tale pratica, del quale l'Imperatore non tenne alcun conto. L'autorità papale ne uscì umiliata e il Barberini non si oppose a questa decisione.
Anche re Gustavo II Adolfo di Svezia, sebbene alleato del Papa contro l'Imperatore, si ribellò alle richieste papali, rifiutandosi di consegnare al Pontefice i vescovadi sottratti ai protestanti nella Germania del Nord durante la guerra.
Papa Urbano VIII si oppose blandamente al giansenismo, proibendo ogni disquisizione sul tema della grazia e su quello del libero arbitrio, rinviando a quanto aveva stabilito al riguardo al Concilio di Trento, ma non applicò mai condanne.
Durante il suo pontificato, il Barberini attinse a piene mani dalle casse dello Stato, sia per favorire i suoi familiari, cui concesse cospicue donazioni consentendo arricchimenti scandalosi e illeciti, sia per realizzare i numerosi interventi edilizi, civili e militari che caratterizzarono il suo ventennio sulla cattedra di Pietro. Ciò comportò un dissanguamento delle finanze dello Stato, che impose il ricorso a numerose ed elevate tassazioni a scapito del popolo, facendo salvi i privilegi della classe nobiliare e del clero.
Il malcontento popolare crebbe a tal punto che il Papa dovette far ricorso a interventi alternativi per accontentare i suoi sudditi, riesumando vecchie abitudini festaiole cadute in disuso da anni per effetto della Controriforma e dell'Inquisizione. Ripresero le pubbliche feste, la caccia e le rappresentazioni teatrali, con l'effetto di peggiorare la finanza dello Stato. Concesse persino al clero, al livello delle più alte cariche ecclesiastiche, di abbandonarsi ad atteggiamenti prodighi, pur di accattivarsene le simpatie.
Durante il suo pontificato convocò otto concistori, nel corso dei quali procedette alla nomina di ben 74 cardinali. Tra essi figuravano Francesco Barberini e Antonio Marcello Barberini, rispettivamente nipote e fratello del Papa; Giovanni Battista Pamphili, Patriarca titolare di Antiochia, che venne poi eletto Papa il 15 settembre 1644 col nome di Innocenzo X; Antonio Barberini, altro nipote del Papa; Lorenzo Magalotti, cognato del Papa; Ascanio Filomarino, Arcivescovo di Napoli; Marco Antonio Bragadin, Vescovo di Vicenza. Canonizzò molti santi, tra i quali ricordiamo San Francesco Saverio, San Filippo Neri, San Luigi Gonzaga e Sant'Ignazio di Loyola; beatificò Maria Maddalena de' Pazzi.
Il poeta
Fin da giovane si era dilettato a comporre versi, in latino e in volgare. Anche da papa continuò in questa sua attività, tanto che nel 1637 diede alle stampe una raccolta di sue composizioni firmandosi, però, semplicemente come Maphei Cardinalis Barberini.
Si circondò di poeti con cui era entrato in rapporti di amicizia, come ad esempio Gabriello Chiabrera (uno dei principali lirici del Seicento), Giovanni Ciampoli e Francesco Bracciolini, intelligente sperimentatore di forme poetiche e inventore, assieme ad Alessandro Tassoni, del poema eroicomico. Il Bracciolini celebrò l'ascesa del Pontefice al soglio con il poema "L'Elettione di Urbano Papa VIII" (1628), in 23 canti.
Ebbe rapporti particolarmente stretti con due gesuiti stranieri, Giacomo Balde, alsaziano e Casimiro Sarbiewski, polacco, la cui collaborazione nel rifacimento degli inni del suo Breviario romano, produsse soltanto un perfezionamento formale con un notevole impoverimento dei contenuti.
Urbano VIII non fu l'unico Papa-poeta. Era stato preceduto, anni prima, da Leone X. Come il Medici, anche il Barberini amava circondarsi di poeti e menestrelli, che allietavano le sue giornate soprattutto nel periodo estivo, quando la corte si trasferiva nel palazzo apostolico di Castel Gandolfo.
Chiamò a Roma e diede loro asilo e protezione anche altri artisti, come Athanasius Kircher, erudito di multiforme ingegno, Giovanni Girolamo Kapsberger, musicista e virtuoso della tiorba e i pittori Claude Lorrain, lorenese e Nicolas Poussin, francese.
Roma barocca
Probabilmente il merito maggiore di Urbano VIII è ascrivibile agli interventi edilizi che caratterizzarono tutto il suo pontificato e che furono affidati agli artisti più eccelsi della sua epoca, anche se le opere volute dal Papa furono realizzate a danno di altre monumentali opere che erano pervenute a lui, pressoché intatte, sfidando per secoli l'incuria degli uomini e l'inclemenza del tempo.
Il baldacchino in bronzo sull'altare maggiore, al centro della crociera della Basilica di San Pietro, opera del Bernini, è forse la più alta espressione della scultura barocca. Nei bassorilievi che ornano la scultura (otto stemmi della famiglia Barberini), l'artista volle rappresentare la Mater Ecclesia con un doppio volto, la sofferenza della partoriente e la gioia del bimbo che si affaccia alla vita: in effetti l'ispirazione diretta per le figure fu data a Bernini dal laborioso parto di una nipote del papa, Giulia Barberini, la progressione del quale viene riportata in modo eccezionalmente naturalistico, a partire dalla figura dell'angolo di sud-est, via via fino al felice epilogo della gioiosa figura dell'angioletto nell'angolo di nord-est. Nel 1621, dopo ben 170 anni di lavori, ebbe a consacrare la nuova Basilica di San Pietro, anche se incompleta nei suoi ornamenti interni.
Oltre a Gian Lorenzo Bernini, Urbano VIII affidò la realizzazione di numerose opere anche ad altri prestigiosi artisti, quali Andrea Sacchi, Pietro da Cortona, Gasparo Mola e Carlo Maderno. A quest'ultimo si deve la sistemazione del palazzo apostolico di Castel Gandolfo, come lo vediamo ancora oggi.
Fu costruita la Biblioteca Barberini, nella quale furono raccolti numerosi e preziosissimi manoscritti, il Palazzo Barberini ai piedi del Quirinale, il Palazzo di Propaganda Fide, la fontana del Tritone e numerose Chiese. In campo militare procedette al potenziamento di Castel Sant'Angelo, fece fortificare l'intera città di Castelfranco e trasformò il porto di Civitavecchia in un vero e proprio porto militare.
Come detto, queste opere furono però realizzate attingendo i materiali da altre opere, che erano pervenute al Barberini sfidando i secoli. Tutti i bronzi del Pantheon, ad esempio, sia quelli delle travi dell'atrio che il rivestimento interno della cupola, furono rimossi, nuovamente fusi e riutilizzati per i cannoni di Castel Sant'Angelo e per il Baldacchino in San Pietro. Inoltre tutti i marmi del Colosseo furono riutilizzati per abbellire i palazzi romani e le pietre furono utilizzate addirittura per costruire nuovi palazzi. In altri termini, il Colosseo fu utilizzato come cava di materiali da costruzione. Questo scempio fece esclamare a Pasquino:
(LA) | (IT) | ||||
« | Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini » | « | Ciò che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini » |
La morte
Il pontefice si spense il 29 luglio 1644.
La Basilica di San Pietro raccoglie le spoglie mortali di Urbano VIII, in un monumento funebre realizzato tra il 1629 e il 1647 circa da Gian Lorenzo Bernini, in bronzo e marmo, commissionatogli dallo stesso papa.
Concistori tenuti da Urbano VIII per la creazione di nuovi cardinali
Concistoro del 2 ottobre 1623
- (1) Francesco Barberini, seniore, nipote di Sua Santità, governatore di Fermo (+ 10 dicembre 1679).
Concistoro del 7 ottobre 1624
- (2) Antonio Barberini, seniore, O.F.M. Cap., fratello di Sua Santità (+ 11 settembre 1646);
- (3) Lorenzo Magalotti, cognato di Sua Santità, Segretario di Stato (+ 19 settembre 1637);
- (4) Pietro Maria Borghese, parente di papa Paolo V (+ 15 giugno 1642).
Concistoro del 19 gennaio 1626
- (5) Luigi Caetani, patriarca titolare di Antiochia dei Latini, arcivescovo di Capua (+ 15 aprile 1642);
- (6) Denis Simon de Marquemont, arcivescovo di Lione (+ 16 settembre 1626);
- (7) Ernest Adalbert von Harrach zu Rohrau, arcivescovo di Praga (+ 25 ottobre 1667);
- (8) Bernardino Spada, arcivescovo titolare di Damietta, nunzio apostolico in Francia (+ 10 novembre 1661);
- (9) Laudivio Zacchia, vescovo di Montefiascone e Corneto, Maestro del sacro palazzo apostolico (+ 30 agosto 1637);
- (10) Berlinghiero Gessi, vescovo emerito di Rimini, governatore del Ducato di Urbino (+ 6 aprile 1639);
- (11) Federico Baldissera Bartolomeo Cornaro, vescovo di Bergamo; (+ 5 giugno 1653);
- (12) Giulio Cesare Sacchetti, vescovo di Gravina, nunzio apostolico in Spagna (+ 28 giugno 1663);
- (13) Giandomenico Spinola, uditore generale della Camera Apostolica, amministratore diocesano di Messina (+ 11 agosto 1646);
- (14) Giacomo Cavalieri, datario apostolico, uditore della Sacra Rota Romana (+ 28 gennaio 1629);
- (15) Lelio Biscia, decano della Camera Apostolica (+ 19 novembre 1638);
- (16) Enrique Guzmàn de Haros, canonico capitolare delle Cattedrali di Siviglia e Toledo (+ 21 giugno 1626 senza essersi mai recato a Roma per ricevere il titolo);
Cardinali riservati "in pectore"[2]:
- (17) Nicola II di Lorena, amministratore diocesano di Toul[3] (+ 27 gennaio 1670);
- (18) Girolamo Vidoni, tesoriere generale della Camera Apostolica (+ 30 ottobre 1632);
- (19) Marzio Ginetti, segretario della S.C. della Consulta (+ 1º marzo 1671).
Concistoro del 30 agosto 1627
- (20) Fabrizio Verospi, governatore di Perugia e dell'Umbria (+ 27 gennaio 1639);
- (21) Gil Carrillo de Albornoz, arcidiacono capitolare della Cattedrale di Burgos (Spagna) (+ 19 dicembre 1649);
- (22) Pierre de Bérulle, C.O.I., superiore generale della sua Congregazione in Francia (+ 2 ottobre 1629, senza essersi recato a Roma per ricevere il titolo);
- (23) Alessandro Cesarini juniore, referendario dei Tribunali della Segnatura Apostolica di Giustizia e di Grazia; (+ 25 gennaio 1644);
Cardinali riservati "in pectore":
- (24) Antonio Barberini juniore,O.S.Io.Hieros., (+ 3 agosto 1671)[4];
- (25) Girolamo Colonna (+ 4 settembre 1666)[5];
- (26) Giambattista Pamphilj, patriarca titolare di Antiochia dei Latini, uditore della Sacra Rota Romana, nunzio apostolico in Spagna; eletto papa con il nome di Innocenzo X (+ 7 gennaio 1655)[6];
- (27) Gianfrancesco Guidi di Bagno, arcivescovo titolare di Patrasso, vescovo di Cervia, nunzio apostolico in Francia (+ 24 luglio 1641)[7].
Concistoro del 28 novembre 1633
- (39) Francesco Maria Brancaccio, vescovo di Capaccio (+ 9 gennaio 1675);
- (40) Alessandro Bichi, vescovo di Carpentras, nunzio apostolico in Francia (+ 25 maggio 1657);
- (41) Ulderico Carpegna, vescovo di Gubbio; (+ 24 gennaio 1679);
- (42) Stefano Durazzo, tesoriere generale della Camera Apostolica (+ 11 luglio 1667);
- (43) Agostino Oreggi, elemosiniere apostolico, canonico della Basilica Vaticana (+ 12 luglio 1635);
- (44) Benedetto Ubaldi, uditore della Sacra Rota Romana (+18 gennaio 1644);
Cardinali riservati "in pectore"[8]:
Concistoro del 16 dicembre 1641
- (46) Francesco Maria Macchiavelli, patriarca di Costantinopoli dei Latini, vescovo di Ferrara (+ 22 novembre 1653);
- (47) Ascanio Filomarino, arcivescovo di Napoli (+ 3 novembre 1666);
- (48) Marcantonio Bragadin, vescovo di Vicenza (+ 28 marzo 1658);
- (49) Ottaviano Raggi, uditore della Camera Apostolica (+ 31 dicembre 1643);
- (50) Pierdonato Cesi, juniore, tesoriere generale della Camera Apostolica (+ 30 gennaio 1656);
- (51) Girolamo Verospi, uditore della Sacra Rota Romana) (+ 5 gennaio 1652);
- (52) Vincenzo Maculani, O.P., maestro del Sacro Palazzo Apostolico; (+ 16 febbraio 1667);
- (53) Francesco Peretti di Montalto, pronipote di papa Sisto V, (+ 3 maggio 1653);
- (54) Giulio Gabrielli, chierico della Camera Apostolica; (+ 31 agosto 1677);
- (55) Giulio Mazzarino, canonico della Basilica Vaticana, referendario dei Tribunali della Segnatura Apostolica; (+ 9 marzo 1661, senza aver mai ricevuto la diaconia);
- (56) Virginio Orsini, O.S.Io.Hieros., (+ 21 agosto 1676);
- (57) Rinaldo d'Este (1618-1672), (+ 30 settembre 1672).
Concistoro del 13 luglio 1643
- (58) Giovanni Giacomo Panciroli, patriarca titolare di Costantinopoli dei Latini (+ 3 settembre 1651);
- (59) Fausto Poli, arcivescovo titolare di Amasea, prefetto della Casa Pontificia (+ 7 ottobre 1653);
- (60) Lelio Falconieri, arcivescovo titolare di Tebe, segretario della S.C. dei Vescovi e dei Regolari (+ 14 dicembre 1648);
- (61) Gaspare Mattei, parente di papa Paolo V, arcivescovo titolare di Atene, nunzio apostolico in Austria (+ 9 aprile 1650);
- (62) Cesare Facchinetti, pronipote di papa Innocenzo IX, arcivescovo titolare di Damietta, arcivescovo di Senigallia (+ 31 gennaio 1683);
- (63) Girolamo Grimaldi-Cavalleroni, arcivescovo titolare di Seleucia di Isauria, nunzio apostolico in Francia (+ 4 novembre 1685);
- (64) Carlo Rossetti, arcivescovo titolare di Tarso, arcivescovo-vescovo di Faenza (+ 23 novembre 1681);
- (65) Giambattista Altieri seniore, vescovo emerito di Camerino (+ 26 novembre 1654);
- (66) Mario Theodoli, uditore della Camera Apostolica (+ 27 giugno 1650);
- (67) Francesco Angelo Rapaccioli, tesoriere generale della Camera Apostolica (+ 15 maggio 1657);
- (68) Francesco Adriano Ceva, referendario dei Tribunali della Segnatura Apostolica (+ 12 ottobre 1655);
- (69) Vincenzo Costaguti, chierico della Camera Apostolica (+ 6 dicembre 1660);
- (70) Giovanni Stefano Donghi, chierico della Camera Apostolica (+ 26 novembre 1669);
- (71) Paolo Emilio Rondinini, chierico della Camera Apostolica; (+ 16 settembre 1668);
- (72) Angelo Giori, prefetto della Casa Pontificia (+ 8 agosto 1662);
Cardinali riservati "in pectore"[10]:
- (73) Juan de Lugo y de Quiroga, S.J. (+ 20 agosto 1660);
- (74) Achille d'Estampes de Valençay, O.S.Io.Hieros., generale dell'esercito pontificio (+ 27 giugno 1646).
Onorificenze
Gran Maestro dell'Ordine supremo del Cristo | |
Successione degli incarichi
Predecessore: | Arcivescovo titolare di Nazareth (Barletta) | Successore: | |
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Girolamo Bilacqua | 1604-1608 | Michelangelo Tonti |
Predecessore: | Nunzio apostolico per la Francia | Successore: | |
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Innocenzo del Bufalo-Cancellieri | 1604 - 1606 | ? |
Predecessore: | Cardinale presbitero di San Pietro in Montorio | Successore: | |
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Anselmo Marzato | 1607-1610 | Domenico Toschi |
Predecessore: | Arcivescovo di Spoleto | Successore: | |
---|---|---|---|
Alfonso Visconti | 1608-1617 | Lorenzo Castrucci |
Predecessore: | Cardinale presbitero di Sant'Onofrio | Successore: | |
---|---|---|---|
Domenico Toschi | 1610-1623 | Francesco Barberini |
Predecessore: | Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica | Successore: | |
---|---|---|---|
? | 1610 - 1623 | Antonio Barberini |
Predecessore: | Legato apostolico di Bologna | Successore: | |
---|---|---|---|
Benedetto Giustiniani | 31 agosto 1611 - 7 gennaio 1614 | Luigi Capponi |
Predecessore: | Camerlengo del Collegio Cardinalizio | Successore: | |
---|---|---|---|
Scipione Caffarelli-Borghese | 9 gennaio - 6 agosto 1623 | Giovanni Garzia Mellini |
Predecessore: | Papa | Successore: | |
---|---|---|---|
Papa Gregorio XV | 6 agosto 1623 - 29 luglio 1644 | Papa Innocenzo X |
Note | |
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Bibliografia | |
Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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- Vescovi di Nazareth in Barletta, Canne e Monteverde
- Nunzi apostolici per la Francia
- Cardinali presbiteri di San Pietro in Montorio
- Vescovi di Spoleto
- Prefetti del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica
- Cardinali presbiteri di Sant'Onofrio
- Cardinali Camerlenghi
- Presbiteri ordinati nel 1604
- Presbiteri italiani del XVII secolo
- Italiani del XVII secolo
- Presbiteri del XVII secolo
- Presbiteri per nome
- Vescovi consacrati nel 1604
- Vescovi italiani del XVII secolo
- Vescovi del XVII secolo
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